Si tratta di un vantaggioso trattamento. Che consente ai militari di sommare all'assegno previdenziale una indennità aggiuntiva. Proporzionata al grado raggiunto. E che il governo sembra voler tagliare dal 2016. Un rischio che l'alto ufficiale al centro delle polemiche per le intercettazioni con il premier ha scongiurato ufficializzando la messa a riposo
Tutta colpa dell’ausiliaria. Almeno secondo le ipotesi che circolano nei corridoi del comando generale della Guardia di finanza (Gdf). E che sarebbe tra le motivazioni che hanno spinto il generale Michele Adinolfi, fino ad oggi vice comandante del corpo, a concludere prima della fine dell’anno la sua ragguardevole carriera militare. Ma che cos’è l’ausiliaria? Una forma influenzale? Una epidemia invernale? Macché. Si tratta di una particolare posizione giuridica che consente, una volta raggiunto il limite di età previsto per il pensionamento, ad ufficiali e sottoufficiali di ogni grado, anche della Gdf, di essere assegnati a incarichi che non siano riservati ai colleghi in servizio permanente. Cumulando all’assegno pensionistico un’indennità annua pari all’80% della differenza tra il trattamento previdenziale e la retribuzione relativa al grado e all’anzianità posseduti al momento del collocamento a riposo.
Un istituto prezioso e remunerativo per gli anziani con le stellette, sul quale rischia però di abbattersi, con l’arrivo del nuovo anno, la mannaia del governo. Almeno secondo le voci che circolano da settimane. Così, per non correre il rischio di perdere il vantaggioso trattamento, meglio affrettarsi se si hanno i requisiti. Un ragionamento, che potrebbe avere fatto anche lo stesso Adinolfi.
Una decisione con la quale, dopo 43 anni di servizio, l’uomo che negli anni d’oro della carriera ambiva alla guida del corpo, già ex comandante interregionale di Toscana, Emilia, Marche, ha rinunciato definitivamente alla corsa per il comando generale della Gdf. Adinolfi era finito, nei mesi scorsi, al centro delle polemiche dopo la pubblicazione di alcune intercettazioni di sue conversazioni con il presidente del Consiglio. Tra le quali, ormai celebre quella rivelata da “Il Fatto Quotidiano”, in cui il premier definì il suo predecessore Enrico Letta un “incapace”. Gli subentra, nel ruolo di comandante in seconda, il generale di Corpo d’Armata Giorgio Toschi, già capo dell’Ispettorato istituti istruzione. Che, insieme ai colleghi e pari grado Luciano Carta, alla guida dei reparti speciali delle Fiamme Gialle, e Giuseppe Mango, attualmente a capo del comando interregionale Italia Nord-Orientale, entra a pieno titolo nella lista dei papabili per la successione a Saverio Capolupo, comandante in carica del corpo, che lascerà l’incarico a fine maggio.
Approfittando della norma che “fino al 31 dicembre 2015” consente il collocamento in ausiliaria per un massimo di cinque anni (“a domanda dell’interessato che abbia prestato non meno di 40 anni di servizio effettivo”), Adinolfi ha di fatto rinunciato alla corsa per il comando generale del corpo. Ruolo che prevede uno stipendio annuo di circa 229 mila euro lordi (intorno ai 130 mila netti) contro i circa 133 mila euro lordi l’anno (quasi 79 mila netti) del vice. Ma mettendo al sicuro il diritto all’ausiliaria. Sulla quale, secondo indiscrezioni, di fronte ai piani di tagli ipotizzati dal governo, sarebbe fortissima la pressione dei vertici militari della Difesa per ottenerne la proroga.
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