Nel calderone della tv di fine anno spicca “Imagine” andato in onda su DeeJay Tv e in simulcast su altri canali del gruppo Discovery.
Ieri sera #Imagine ha totalizzato oltre 8 milioni di contatti su tutte le piattaforme su cui è stato trasmesso.8…
Posted by Roberto Saviano on Martedì 29 dicembre 2015
Davide Venturi
“Siamo sommersi dalle immagini. E queste immagini sono un rumore di fondo che non ci narra più”. Ecco la chiave della grandezza di Imagine, il programma di Saviano costruito sulla base di questa esplosione iconografica. Vero è che le fotografie spiegate a parole nascondono molto spesso un inganno, quella falsa pista a volte contenuta in una didascalia scritta da scaltri giornalisti. Ma Saviano non è un furbastro e la realtà è che le immagini sono solo lo strumento della narrazione del suo programma, perché il vero soggetto è il 2015. E raccontare il 2015 con le sue fotografie è sicuramente un’operazione lodevole, soprattutto se non si cade nella facile tentazione di fare, con i ritratti di un anno solare, un contenitore scandito da semplici classifiche o dall’esclusivo andamento cronologico. Al contrario, Saviano passa dal kalashnikov ai gattini, da Kim Kardashian al piccolo Aylan morto sulla spiaggia di Bodrum. Questi alcuni dei soggetti del 2015 scelti per costruire un disordine narrativamente sensato dove i grandi protagonisti sono i dettagli. Dettagli che non siamo più abituati a preservare, soprattutto in tv, ma anche nella moltitudine di fotografie provenienti dai social. Forse Saviano, come anche il sottoscritto, prova un senso di vuoto e di mancanza per i fotografi del secolo scorso, veri narratori del Novecento. E per due ore ha cercato di colmare questa assenza pescando anche da Instagram, Facebook e Twitter al fine di fotografare il 2015 senza nemmeno scattarne una foto.
Riccardo Marra
Difficile immaginare modo migliore per raccontare il 2015 in tv di come lo ha fatto Saviano con Imagine. Tutto bello: l’operazione simulcast, le scenografie, il format, il senso dell’intrattenimento, la forza degli scatti, anzi, la loro evocatività. Perché la fotografia è la vera protagonista del secondo decennio del 2000 e, con la parola, vanta di una forza unitaria pazzesca: sono cellula inscindibile che crea il racconto (vedi gli hashtag di Gramellini in Che fuori tempo che fa). Tutto bello, dunque in Imagine. Ma… c’è sempre un ma, no? E il ma riguarda due elementi del programma: il tono e l’assenza di immagini in movimento. Parto dal primo: il tono. Sì, lo so, Saviano ha sempre avuto un taglio di racconto illuminato, ma forse a commento di un album fotografico dell’anno, avrei preferito un po’ meno seriosità colta e più istinto (cosa che, ad esempio, è mancata, nel suo blocco, pure a un animal instinct come Jovanotti). Secondo punto: le immagini in movimento. Certo, Imagine è un programma sulle fotografie, ma la tv si nutre di immagini in movimento, ne ha bisogno come acqua nel deserto. E, a tratti ieri, lo spettatore assetato s’è trovato ad annaspare dentro a un “Dogville”: un mondo reale, con sentimenti reali, ma solo da immaginare perché conficcati in un set cinematografico.