Il Fatto Quotidiano ha già riportato i dati relativi al rapporto 2015 pubblicato da Reporter sans frontiers. Negli ultimi 10 anni sono oltre 700 i cronisti ammazzati nel mondo, 110 solo quest’anno. Si tratta di dati per difetto che non tengono conto di altre decine di vittime, cronisti senza contratto, giovani blogger, militanti dei diritti civili ammazzati per aver tentato di “illuminare” quello che doveva restare oscurato. Secondo altre fonti sarebbero oltre 150 le persone ammazzate perché volevano conoscere e far conoscere alla pubblica opinione.
In testa agli elenchi la Siria, l’Iraq, la Francia di Charlie Hebdo, la Somalia, lo Yemen, ma anche Messico e Colombia, dove le mafie e i narcos non gradiscono ficcanaso e maniaci della legalità. Ai dati delle vittime vanno aggiunti quelli dei giornalisti incarcerati; qui spiccano le cifre della Cina, dell’Egitto e soprattutto della Turchia, dove Erdogan sta procedendo, con la complice indifferenza delle istituzioni internazionali, alla cancellazione della libertà d’informazione. Per non parlare dei tanti giornalisti musulmani nel mirino di Assad o dell’Isis, alcuni dei quali sono ancora sotto sequestro, e forse sarebbe il caso di far sentire la nostra voce anche se viene colpito un giornalista di altro colore, altra fede, altro continente…
In Italia, stando al rapporto preparato meritoriamente dall’associazione Ossigeno e dal suo appassionato coordinatore Alberto Spampinato, sarebbero stati oltre 500 i cronisti minacciati. Sono almeno 50 quelli costretti a vivere sotto scorta o sotto vigilanza, molti di loro hanno dedicato la loro attenzione alle mafie, al malaffare, alle illegalità che minano l’ordinamento democratico e la convivenza civile; senza di loro nulla avremmo saputo di molti degli scandali che hanno deturpato e deturpano, in senso letterale e simbolico, l’Italia.
Il presidente del consiglio Renzi, nella conferenza stampa di fine anno, ha annunciato che il 2016 sarà l’anno della libertà di informazione. Dal momento che il 2015 doveva essere quello buono per “Restituire la Rai ai cittadini” ci sarà consentito un pizzico di sano scetticismo. Se davvero Renzi vuole provarci ci permettiamo di chiedere di porre fine o quanto meno arginare il fenomeno delle cosiddette “querele temerarie”, divenute un vero e proprio strumento di intimidazione nei confronti di chiunque voglia disturbare mafie e malaffare. Al solo annuncio di un’inchiesta su discariche, concorsi truccati, terre di mezzo, illeciti amministrativi, conflitti di interesse, intrecci tra politica e mafie, fioccano le richieste di danni per milioni e milioni di euro. Nessuno chiede la libertà di diffamare, ma qui siamo in presenza di un fenomeno che non riguarda la tutela della dignità, al contrario si vuole ostacolare il diritto di cronaca, impedire l’accertamento della verità, oscurate il diritto della pubblica opinione a essere informata.
Per questo occorre una norma che costringa il “temerario”, in caso di sconfitta processuale, a lasciare la metà della somma richiesta, in una sorta di moderna pena del contrappasso. Se davvero Renzi vuole fare qualcosa di utile, nel 2016 per la libertà di informazione, introduca il reato di molestie contro il diritto di cronaca e tuteli i valori racchiusi nell’articolo 21 della Costituzione, nulla di più, nulla di meno.