Oltre due milioni e settecentomila euro dal 1° gennaio al 31 dicembre 2015. E’ quanto costa al mercato degli operatori commerciali la gestione, tramite la Fondazione Ugo Bordoni, del cosiddetto Registro delle opposizioni, il registro – istituito con un decreto legge del 2009 – che avrebbe dovuto servire a liberare gli italiani dalla piaga delle telefonate indesiderate, quelle cioè attraverso le quali gli stessi operatori provano a vendere ogni genere di prodotto o servizio.
Il sistema – suggerito al governo dell’epoca proprio dalla lobby del telemarketing per garantirsi il diritto di continuare a disturbare milioni di italiani al riparo dal rischio di vedersi irrogare sanzioni milionarie dal Garante per la privacy – è tanto semplice quanto poco efficace: chi non vuole essere disturbato da proposte commerciali via telefono può inserire il proprio numero telefonico nel Registro delle opposizioni e gli operatori commerciali, prima di avviare una campagna di telemarketing, sono tenuti a verificare che i numeri che intendono utilizzare non siano ricompresi nel Registro.
Ma il punto è che questa regola vale solo per i numeri telefonici provenienti dal database unico abbonati di rete fissa mentre gli operatori commerciali, a condizione di aver ottenuto – non importa come e non importa quando – un consenso dai consumatori, restano liberi di continuare ad utilizzare il numero telefonico [di rete fissa o mobile, ndr] loro fornito per ogni genere di telefonata promozionale.
E non servono indagini di mercato né esperti di statistica per prendere atto che dal 2011 – anno nel quale il Registro delle opposizioni ha iniziato a funzionare – a oggi, le telefonate di disturbo non sono certamente diminuite.
E’ sufficiente l’esperienza empirica e quotidiana di ciascuno per dire che il fenomeno del telemakerting selvaggio (guai a prendersela con chiunque) negli ultimi cinque anni non ha davvero conosciuto alcuna flessione. Il telefono – fisso e mobile – squilla come prima se non più di prima. Eppure lo Stato continua a pagare ogni anno milioni e milioni di euro per finanziare la gestione del Registro delle opposizioni. Questo nonostante i numeri stiano lì a confermare che il Registro – senza, peraltro, alcuna colpa da parte della Fondazione Ugo Bordoni che lo gestisce – non funziona perché gli abbonati che vi inseriscono il proprio numero telefonico sono sempre di meno e rappresentano una percentuale quasi insignificante rispetto alle utenze di rete fissa e mobile in circolazione.
Basti dire che al 1° dicembre 2015 non sono neppure 1,5 milioni i numeri di telefono presenti nel Registro delle opposizioni mentre sono oltre venti milioni le utenze telefoniche di rete fissa e, ancora di più, quelle di rete mobile.
Ma non basta. C’è un altro dato che la dice lunga su quanto poco – ed a ragione – la gente creda nell’efficacia del Registro. Il 1° febbraio del 2013, al secondo anno di attività, nel Registro erano iscritti quasi 1,2 milioni di numeri telefonici. Il fatto che al 1° dicembre 2015 – due anni dopo – i numeri non abbiano neppure superato la soglia del milione e mezzo, significa che il numero delle iscrizioni, dal 2013 ad oggi, è stata pari, più o meno a 150mila numeri all’anno.
Ha senso continuare a finanziare ogni anno, a suon di milioni di euro – di denaro pubblico, naturalmente – un sistema che, evidentemente, non funziona? Che il Registro delle opposizioni non avrebbe mai garantito per davvero i cittadini ed i consumatori ma, al contrario, aiutato i “disturbatori”, peraltro, era facile da intuire già prima che fosse istituito ma, ormai, il passato è passato. Non ha senso continuare a perseverare in un errore inutile e costoso. Serve un pizzico di coraggio, la presa d’atto di un fallimento senza colpe per nessun altro se non per chi ne ha, a suo tempo, con forza, imposto l’istituzione e un provvedimento del governo che lo cancelli, liberando utenti e consumatori da un sistema di tutela ipocrita, costoso ed inefficace.
E se proprio – per ragioni che per la verità sembrano sfuggire alla comprensione dei comuni mortali – l’esperienza del Registro delle opposizioni non può essere chiusa per fallimento, almeno, nel 2016, sarebbe opportuno che il Ministero dello Sviluppo economico prendesse atto che il Registro funziona sempre meno e rivedesse il piano relativi ai suoi costi di gestione di oltre 2,5 milioni di euro. E’ una cifra ormai diventata sproporzionata all’attività di un Registro che ha raccolto nei primi due anni 1,2 milioni di numeri di telefono e negli ultimi due, poco meno di 300mila. Eppure, nel 2015, il Ministero verserà alla Fondazione Ugo Bordoni, un importo inferiore di appena 150euro rispetto a quello che gli versava all’inizio dell’avventura quando il lavoro da fare era certamente tanto di più.
Ammettere il fallimento di un sistema di tutela dei cittadini che non funziona, a volte è il modo migliore di tutelarli per davvero.
Aggiornato da redazione web alle 18,30 del 29/12/2015
Riceviamo e pubblichiamo la seguente precisazione di Federica Chiappetta per la Fondazione Ugo Bordoni
Senza entrare nel merito delle insindacabili considerazioni personali sull’efficacia del regime di opt out, per le numerazioni presenti nell’elenco telefonico, (che, peraltro, prevale nella maggior parte dei Paesi Europei) l’articolo, sia nel suo contenuto, sia nel titolo, si basa, su un’assunzione priva di ogni fondamento, ovvero, che il sistema sia finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico.
Il Registro Pubblico delle Opposizioni, infatti, non ha oneri e costi per lo Stato, essendo finanziato, interamente, dagli operatori di telemarketing tramite il pagamento di tariffe di accesso, per la verifica delle liste di contatti estratte dall’elenco telefonico pubblico, definite dal Ministero dello Sviluppo Economico (secondo criteri di orientamento al costo).
Per mero tuziorismo, inoltre, si ricorda che il servizio di iscrizione, aggiornamento, revoca entro un giorno lavorativo e assistenza al cittadino, sono del tutto gratuite per quest’ultimo, mentre, a nostro avviso, basare l’impegno per la gestione e manutenzione del Registro Pubblico delle Opposizioni, solamente sulle iscrizioni da parte degli abbonati è piuttosto riduttivo, in quanto, a fronte degli attuali 1,5 milioni di utenti iscritti, la Fondazione Bordoni ha gestito oltre 6 milioni di richieste di abbonati entro un giorno lavorativo.
Infine, si riscontra la non veridicità dell’affermazione secondo cui l’istituzione del Registro Pubblico delle Opposizioni sia stata suggerita “al governo dell’epoca dalla lobby del telemarketing per garantirsi il diritto di continuare a disturbare milioni di italiani al riparo dal rischio di vedersi irrogare sanzioni milionarie dal Garante per la privacy”, essendosi basata, invece, sulla volontà di risolvere l’annoso problema delle chiamate pubblicitarie ricevute da quanti presenti nell’elenco telefonico pubblico.
Proprio grazie all’istituzione del Registro Pubblico delle Opposizioni, infatti, la Commissione Europea ha chiuso il procedimento d’infrazione (IP/10/64) contro l’Italia avviato nel gennaio 2010, a seguito del fatto che le banche dati istituite in passato, per creare elenchi telefonici, erano accessibili a società esterne che praticavano telemarketing, senza che gli abbonati interessati ne fossero al corrente.