In politica possono prosperare solo organismi specializzati. Occorrono doti specifiche, la più importante delle quali è la doppiezza e l’assenza di scrupoli. Le Commissioni di inchiesta parlamentari ne sono la prova.
L’art 82 Cost. le prevede e ne stabilisce la composizione: i componenti devono “rispecchiare la proporzione dei vari gruppi”. Dal che già si capisce che la funzione di una Commissione non è accertare il reale svolgimento dei fatti ma quella di fornire informazioni alle Camere per consentirne la valutazione politica: un giudice composto da rappresentanti dei partiti in misura proporzionale alla loro presenza in Parlamento non può essere né autonomo né imparziale; dunque non può essere un giudice. Questa interpretazione dell’art. 82 Cost. è del resto avvalorata dallo stesso Parlamento. Nella scheda relativa all’istituzione di una Commissione di inchiesta sul trattamento dei migranti, redatta dal Servizio Studi della Camera, si legge infatti che “il compito delle Commissioni non è di giudicare ma solo di raccogliere notizie e dati necessari per l’esercizio delle funzioni delle Camere”. Siccome questa argomentazione è stata imposta con sentenza della Corte costituzionale 26/2008 (Ilaria Alpi), resta il dubbio di quale sarebbe stato il parere del suddetto Servizio Studi in mancanza di detta sentenza; ma tant’è, per fortuna la sentenza c’è stata.
Tornando all’evoluzione della specie, Costituzione, Corte costituzionale e Servizio Studi della Camera dei deputati non hanno impedito, per esempio, alla Commissione Telekom Serbia di partorire uno schizofrenico provvedimento nel quale, nella premessa – attribuibile al suo Presidente on. Trantino – si dice espressamente che è stata raggiunta la prova che Prodi, Dini e Fassino hanno percepito tangenti; e nella parte motiva – redatta da un magistrato consulente della Commissione – che non è stata raggiunta alcuna prova che questi avessero percepito tangenti. Al di là di un’incoerenza che bene dimostra l’intento politico di quella Commissione, sta di fatto che questa se ne infischiò sovranamente del suo specifico compito, fornire notizie al Parlamento per l’esercizio dell’attività politica.
È ovvio che tutto ciò sarà puntualmente confermato dall’ultimo trucchetto sulle banche decotte, la Commissione di inchiesta per la tutela dei risparmiatori, la vigilanza sul sistema bancario e l’attività di gestione delle banche. I componenti della Commissione sono portatori di interessi specifici e tra loro opposti. Li ha illustrati benissimo Huffington Post: “Una parte dei commissari andrà alla caccia della famiglia Boschi e cercherà di coinvolgere in qualche modo il padre di Renzi, Renzi stesso, suoi parenti sparsi per la Toscana. Dall’altra parte si cercherà di radere al suolo Banca d’Italia e Consob. Altri punteranno contro il governo, dal presidente del Consiglio al ministro del Tesoro”. Aggiungo io, il Pd spiegherà perché quello che è successo era inevitabile, che è colpa dei precedenti governi e che tutto sarà messo a posto nel prossimo futuro. La mozione di sfiducia contro Maria Elena Boschi sta lì a dimostrare come finirà.
Perché lo fanno? Perché si sono evoluti così. Come le iguane delle Galapagos pensano che l’universo sia uguale all’ambiente in cui vivono, così i politici – tutti – pensano che i cittadini siano come loro. Un “verdetto” (mah, troppo onore, almeno negli Usa c’è una giuria, non un plotone di esecuzione) di una Commissione di Inchiesta, spacciata per organo autonomo e indipendente (ma i cittadini sanno leggere la Costituzione), sarà sufficiente, secondo loro, a legittimare la maskirovka (camuffamento, l’ho imparato dai romanzi di Le Carré) sulla vera storia delle banche decotte. Che sarà rivelata dalla magistratura imparziale, purtroppo con tempi lunghi, ma che si capisce fin da ora: intreccio (e conflitto) di interessi tra gli animali delle Galapagos e i loro simili, emigrati nel mondo degli umani.
Il Fatto Quotidiano, 29 dicembre 2015