L’accusa contestava l'omessa dichiarazione dei redditi dal 2008 al 2013: l'azienda imputava i ricavi registrati nella Penisola a una società irlandese. Secondo i magistrati in questo modo è riuscita in cinque anni a non versare 880 milioni di Ires. Asso-consum presenta esposto in procura: "Non è giusto che i grandi evasori se la cavino pagando un terzo del debito"
Apple Italia ha raggiunto un accordo con il fisco italiano per sanare l’evasione da quasi un miliardo di euro contestata ai vertici dalla procura di Milano. L’azienda di Cupertino ha chiuso la partita pagando all’erario 318 milioni di euro, cioè la cifra richiesta nei verbali di accertamento. Secondo l’accusa, dal 2008 al 2013 il gruppo ha “omesso” di presentare la dichiarazione dei redditi nella Penisola, risparmiando così circa 880 milioni di Ires. Le indagini hanno permesso di accertare che in Italia Apple distribuisce i prodotti attraverso la società Tech Data Italia, controllata dalla statunitense Td Corp, che si rifornisce dalle irlandesi Apple Sales International e Apple Distribution International. In questo modo per anni ha versato le imposte in Irlanda, dove il fisco è molto più favorevole, e non nel Paese dove effettivamente registra i ricavi e gli utili.
L’Asso-consum, associazione per la difesa dei consumatori, degli utenti e dei cittadini, ha presentato un esposto alla procura della Repubblica di Roma contro la società perché “ha pagato solo 318 milioni di euro a fronte di un’evasione da quasi un miliardo”: “Non è giusto che i grandi evasori se la cavino con un accordo pari a un terzo circa del debito mentre i cittadini sono perseguitati a vita”, lamenta il presidente Aldo Perrotta.
L’accordo con il fisco non sana comunque la posizione processuale dei manager che lo scorso marzo hanno ricevuto un avviso di garanzia emesso dal procuratore aggiunto Francesco Greco e dal pm Adriano Scudieri. Si tratta dell’ad di Apple Italia, Enzo Biagini, del direttore finanziario Mauro Cardaio e del numero uno di Apple Sales International Michael O’Sullivan. Secondo gli inquirenti, Apple Italia è “una struttura svincolata rispetto alle attività ausiliare svolte dalla società residente, che svolge una vera e propria attività di vendita sul territorio per conto di Apple Sales International“. Di conseguenza deve appunto pagare le tasse in Italia.
Le controversie fiscali di Cupertino non riguardano peraltro soltanto l’Europa. Anche gli Stati Uniti l’accusano di evadere le imposte americane con i miliardi di liquidità parcheggiati offshore. Accuse respinte nei giorni scorsi l’amministratore delegato Tim Cook. “Siamo l’azienda che paga di più in questo paese di chiunque altro”, ha detto nel corso di un episodio di “60 minutes” della Cbs. Cook nega anche che l’azienda abbia evitato di pagare 9 miliardi di dollari di tasse negli Usa nel 2012. Secondo il manager il problema è il fisco americano, che è “obsoleto”: “E’ stato creato per l’era industriale, non per quella digitale. E questo è un male per l’America. Doveva essere rivisto molti anni fa”, afferma Cook, sottolineando che le critiche mosse sui 180 miliardi di dollari all’estero di Apple sono solo “politiche”. “Mi piacerebbe rimpatriarli – ha precisato, ma con l’attuale imposizione fiscale non ha senso – Costerebbe il 40% in tasse rimpatriarli. E non è una cosa ragionevole da fare”.