Cinema

Quo Vado? Checco Zalone torna al cinema. Gag irresistibili e citazioni de La Grande Bellezza

di Anna Maria Pasetti

Checco delle meraviglie. Al suo quarto film, Quo vado?, Zalone decide di attraversare il globo, letteralmente dal Polo Nord all’Africa nera. Non perché la “pur bellissima” Puglia non gli bastasse “ma cercavamo delle novità visive potenti, e il budget non ci mancava” spiega Luca Medici, in arte appunto Checco Zalone. Al timone sia registico che di co-sceneggiatore il fedelissimo Gennaro Nunziante così come alla produzione patron Pietro Valsecchi, che di Checco è stato l’inequivocabile talent scout. “Questo è un film complicato, 17 settimane di riprese senza badare a spese. D’altra parte l’ultima pellicola ha incassato talmente tanto portando in sala ben 8 milioni di persone, che non potevamo esimerci dal sorprenderci e sorprendervi ancor di più” annuncia Valsecchi. Così è che Quo vado? uscirà il 1° gennaio in un numero record di sale, 1.300, con il distributore Medusa e tutto il team assai ottimisti. Molti cinema hanno già aperto le prenotazioni per le proiezioni di Capodanno.

Il salto di qualità dai precedenti tre lavori di Medici/Zalone è notevole, specie nella scrittura di una storia non più totalmente piegata sul carisma dell’indiscusso protagonista ma ben equilibrata sulle svolte narrative e su personaggi piccoli ma definiti, specie sull’outsider Sonia Bergamasco in uno dei suoi rari ruoli in un film comico. Vi sono citazioni perfino da La Grande Bellezza. Il focus di Quo Vado? è un’elaborazione in chiave ironica del “posto fisso”, ossessione di Checco, quarantenne qualunque del sud Italia.

“Fino a 10 anni fa il posto fisso era veramente la mia massima aspirazione – esclama Medici/Zalone – ho anche fatto il concorso da vice dirigente in polizia, chiaramente fui scartato e per fortuna!”. Tra gag irresistibili costruite tra il paradosso e il politicamente scorretto, Quo vado? si prende parecchi rischi, soprattutto nella sfida a territori lontani facilmente stereotipabili. E dunque se lo stereotipo resta un must comico, questo riesce nel film a svincolarsi dalla banalizzazione . “Noi ci ispiriamo alla grande commedia senza volerci paragonare ai grandi registi e sceneggiatori che erano certamente di altro livello rispetto al nostro. Comunque è lì che guardiamo, esattamente come osserviamo la realtà che ci circonda, tentando di fotografare quel che ci passa davanti” dicono in coro Nunziante e Medici/Zalone.

Nelle loro mani l’impiegato statale è pensato più come un patriota che non un parassita, anche quando arriva a percepire indennità ovviamente inesistenti nel nostro Paese. “Ma la commedia è una metafora” esclama Medici/Checco maschera e cantore di una Prima Repubblica che nel suo ciclo eterno non cambia mai, anche nell’era 2.0.

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