Nonostante la tardiva smentita, le parole del presidente Erdogan su Hitler sono sembrate eccessive persino ai tanti che, in Europa, lo hanno eletto a “defensor” dai pericoli delle migrazioni siriane. L’ultima esternazione, nella quale, ha espresso il suo apprezzamento per il “presidenzialismo forte” della Germania nazista, rappresenta il segno di un degrado che non ha più confini. Il leader degli islamici moderati non c’è più e da tempo, ormai, ha imboccata la strada di un presidenzialismo autoritario, senza controlli, con le opposizioni, e non solo il Pkk, relegate al ruolo di ombre, con decrescente diritto di parola e di manifestazione.
Il paragone con Hitler va oltre il presidenzialismo forte, e, anche se non dichiarato, comprende le modalità di ascesa al potere dell’imbianchino, passato prima dal voto popolare, poi per la distruzione della Costituzione, l’incendio del Parlamento e la cancellazione della libertà di informazione e della autonomia della giustizia.
La sua ascesa fu favorita non solo dalla divisione tra le opposizioni, ma anche dalla compiacenza e dalla simpatia di tanta parte delle classi dirigenti dell’epoca, convinte di poterlo utilizzare a piacimento, magari come muraglia contro il “pericolo rosso”.
Le cose andarono diversamente e qualche milione di persone ne pagarono le conseguenze.
Per fortuna Erdogan, nonostante il paragone, non è Hitler, e la situazione internazionale non è quella degli anni trenta del secolo scorso, ma la situazione turca resta grave, anzi gravissima.
Da quando Erdogan ha vinto le elezioni e ha ricevuto il plauso della Merkel e dell’Europa è iniziato un ciclo di repressioni, di caccia al giornalista, di chiusura delle emittenti sgradite, di caccia all’uomo nelle zone abitate dai Curdi.
L’ultimo rapporto stilato da Reporteres sans frontiers indica nella Turchia uno dei “Paesi predatori” in materia di libertà di informazione e di mancato rispetto dei diritti civili.
Non sappiamo se Erdogan si senta il nuovo Hitler, ma sicuramente sta utilizzando a piene mani il via libera che ha ricevuto dall’Unione europea, in cambio della sua collaborazione nel contenimento delle migrazioni.
Comprendiamo le opportunità, ma il confine tra queste e l’opportunismo rischia di essere sottile e di produrre mostri, e non solo metaforici.
Questa volta la “gaffe” di Erdogan ha riguardato il Presidenzialismo alla Hitler”, non vorremmo che, la prossima volta, potesse riguardare la “soluzione finale”.
Per restare alla sola Turchia, gli Armeni ieri, e i Curdi oggi potrebbero fornire qualche utile informazione alla Unione Europea.