Secondo il Csm provò a interferire in un’inchiesta che non le competeva, telefonando al Gip che avrebbe dovuto decidere sulla posizione del suocero. Per questo la pm Ivana Fulco della Dda di Napoli non può più far parte della magistratura inquirente e va trasferita a Salerno, con funzioni di giudice del Tribunale Civile. Così ha stabilito la sezione disciplinare dell’organo di autogoverno della magistratura con una sentenza depositata alla vigilia di Natale e rivelata stamane dai quotidiani Il Messaggero e Il Mattino.

La Fulco, secondo il Csm, ha compiuto una “impropria commistione di interessi familiari e ruolo istituzionale” perché avrebbe provato ad aiutare Francesco Bottino, ex direttore generale della Asl di Caserta e padre del marito Marco Bottino, un altro pm di Napoli che lavora nella sezione criminalità economica. Francesco Bottino è indagato in un’inchiesta sui condizionamenti del clan dei Casalesi nella gestione dell’ospedale di Caserta che coinvolge una trentina di persone ritenute vicine al clan Zagaria. La Fulco chiamò il Gip Antonella Terzi alla vigilia dell’udienza preliminare raccomandandole di “guardare le carte con attenzione”, perché i pm titolari del fascicolo “non avevano capito niente”, nelle carte, da lei studiate, “non c’era niente” e l’accusa si poggiava su una base “fragile”.

Fu la stessa Terzi a segnalare la telefonata al Csm. Secondo l’atto di incolpazione del pg della Cassazione, sul quale si fonda la sentenza del Csm,  quella non sarebbe stata l’unica circostanza in cui la Fulco sarebbe intervenuta per provare a difendere il suocero. Nell’atto si circostanza una “attiva collaborazione” con l’avvocato di Francesco Bottino che “diede anche luogo a un diverbio col professionista circa la strategia difensiva da seguire”. L’articolo di Silvia Barocci sottolinea che la circostanza sarebbe emersa da una intercettazione del 29 dicembre 2013 di una conversazione tra la Fulco e la suocera, proprio nell’ambito delle indagini sul suocero. La trascrizione della telefonata venne trasmessa alla procura di Roma, che l’ha valutata priva di ipotesi di reato. Ma il Csm paventa comunque “il pericolo di una possibile nuova utilizzazione del ruolo istituzionale… per favorire interessi familiari” e questa storia ha in ogni caso “pregiudicato l’immagine del magistrato”. Di qui la decisione di trasferire d’ufficio il pm a Salerno e alla sezione giudicante. “Pur dandosi doverosamente atto – si legge nell’ordinanza disciplinare – delle ottime capacità tecniche, della dedizione al servizio e della rilevante laboriosità dell’incolpata”.

La vicenda, con le dovute cautele e i doverosi distinguo, ricorda in qualche modo i casi di Silvana Saguto, l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo sospesa dalla magistratura, e di Anna Scognamiglio, il giudice del Tribunale Civile di Napoli sotto inchiesta per la sentenza che ha mantenuto in carica il Governatore della Campania Vincenzo De Luca. Entrambi i magistrati sono accusati di aver favorito i familiari (nel loro caso i mariti). La Fulco ha lavorato nella sezione Dda diretta da Filippo Beatrice, che ha competenza sulla criminalità organizzata di Napoli e del napoletano, mentre è un’altra sezione Dda, diretta da Giuseppe Borrelli, quella titolare delle inchieste sul clan dei Casalesi, compresa quella dove è coinvolto il suocero della pm.

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