Sono apparsi dal nulla ieri mattina. Jonathan e Diarra sono stati liberati il giorno prima dalla prigione. Jonathan, nato in Liberia, era incarcerato dal 2012 con l’accusa di falso e di associazione a delinquere. Diarra, nato nel Mali, era partito per la Libia e mal consigliato, ha sbagliato direzione. Alla frontiera con l’Algeria è stato arrestato dalla polizia per possesso di 10 grammi di cannabis in un sacchetto di plastica. Trasferito alla prigione di Niamey è liberato dopo un anno di detenzione. Alla frontiera gli portano via i 350mila franchi che si portava appresso per il viaggio. Era un prestito di sua madre e dei fratelli rimasti a casa. Il padre era morto da un pezzo. Jonathan e Diarra sono liberi per l’anno nuovo da scrivere sulla polvere del Sahel.

Da liberati cercano un posto per dormire e con urgenza qualcosa da mangiare. Un compagno con cui parlare e un amico al quale raccontare. Un passato da dimenticare e un futuro da inventare. Un vestito da indossare e una stagione da passare. Un corpo da curare e una vita da scoprire. Un tempo da imparare e una notte per sognare. Liberi como solo sanno esserlo poco dopo i carcerati. Il Sahel è per gente così. Come loro nel corso del 2016 saranno liberati altri ‘irregolari’ che trapassano le frontiere. Liberalizzano i mercati e le piazze finanziarie. E allora perché mai non dovrebbero liberalizzare i transiti umani. Diarra dice di voler tornare nel Mali e Jonathan ancora non sa bene. Solo desidera un tempo e uno spazio di libertà. Dice che ritrovarsi liberi non ha prezzo.

Invece nel Sahel i commerci un prezzo ce l’hanno. Droga, armi, tabacco e migranti sono merce di scambio e di profitto. Almeno 3,5 miliardi di dollari tra il 2013 e il 2014. Un commercio parallelo che, secondo l’agenzia onusiana sul traffico della droga, fa rifiorire il deserto come mai. In provenienza dall’America Latina la cocaina transitava via mare dal Golfo di Guinea verso il deserto. Per accresciuti controlli ora viaggia per auto e piccoli aerei. Sono 21 le tonnellate di cocaina stimate che hanno attraversato il Sahel nei due anni citati. La droga finanzia i gruppi armati ma non è l’unica risorsa. Anche il bestiame rappresenta una ricchezza. Le mandrie sono sequestrate, portate altrove e poi rivendute. Lo stesso accade con le politiche dei popoli.

L’altra mercanzia del Sahel è nella mano dei politici e dei militari loro alleati. Non pensano affatto di rinunciare al potere. Per loro c’è solo una democrazia da ‘transumanza’. Proprio come nel calcio globale. Nel mezzo del campionato si può cambiare di squadra e di partito. Il conto in banca è la variabile, assieme alle promesse elettorali non mantenute. Le liste elettorali sono un gioco di prestigio. Appaiono, si moltiplicano, scompaiono e soprattutto si comprano. Denaro libero per qualcuno, un miraggio per altri e migrante verso le banche del Nord per alcuni. Le scadenze elettorali sono parte essenziale nel mercato del voto. Mai come in una campagna elettorale i poveri sono contati e ricompensati. Le Ong e le agenzie umanitarie fanno parte del gioco.

Come nella favola delle api di Bernard de Mandeville. La libertà di fare ciò che si vuole nei vizi si armonizza col bene pubblico. Provare per credere. Dagli anni 70 l’economia ci sta provando e le Ong pure. Umanitarie o meno sono molte quelle che dalla favola di Mandeville traggono ispirazione. I loro crimini cospiravano alla loro grandezza. La virtù, alla quale la politica aveva insegnato mille tranelli, collaboravano col vizio. E sempre, da allora, le più grandi canaglie del popolo hanno contribuito al bene comune. (Mandeville, La favola delle api,1714). La politica umanitaria e l’umanitario della politica. Il prodotto finale con cambia: il sistema è salvo e vegeto.

Jonathan e Diarra ne sono persuasi. Nel Sahel hanno contato almeno 2016 libertà. Promesse, utopie, rotte migranti, tentativi di assalto, passeurs, commercianti, spacciatori, radio private, attivisti arrestati, liste elettorali, consiglieri presidenziali, faccendieri umanitari, traduzioni della bibbia, accordi di pace, scambio di ostaggi, nuovi partiti politici, resistenze disarmate e portavoce del governo. Diarra vuole tornare al paese e Jonathan ancora non sa bene cosa fare della libertà ritrovata. E’ sicuro che la sua non ha prezzo.

Niamey, gennaio 016

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