Diritti

Famiglie gay, una risposta a tutti i cattolici

Mi ha scritto un lettore, un cattolico. Mi ha chiesto se non abbia mai dubbi sul mio appoggio alla gestazione per altri (Gpa) e all’omogenitorialità. Mi chiede se ogni tanto “rifletto seriamente sull’argomento”, con “persone che hanno un punto di vista diverso dal mio”. Ho deciso di rispondergli, pubblicamente. Partendo da un’evidenza. Sono circondato da un mondo che vive pensandola in modo diametralmente opposto al mio: conoscenti, vicini, il macellaio dove faccio la spesa, ecc. La società, complice anche una campagna di disinformazione messa in atto da media e chiesa, si dice contraria alle “famiglie arcobaleno” perché le considera qualcosa di malsano rispetto alla salute del bambino.

La differenza tra una verità assoluta (che non esiste) e la realtà delle cose, data dall’esperienza diretta, sta appunto nella conoscenza dei casi di cui parlo: conosco moltissime persone che hanno avuto bambini nei modi tra i più vari, dai cosiddetti “incidenti di percorso” a quelli voluti e programmati, anche con metodi naturali. Adesso, una cosa che mi incuriosisce molto è che il tema del bene del bambino sia agitato solo quando si tratta di genitori omosessuali. Pare che tale bene venga meno solo in tale evenienza. In tutti gli altri casi si è invece disposti ad accettare le varie criticità del caso o comunque non le si problematizza.

Pongo alcune questioni: è un bene per il bambino nascere in famiglie non in grado di allevarlo? È un bene nascere in contesti mafiosi o indigenti? La società, a ben guardare, non affronta nemmeno questi temi. Ho due amici che hanno fatto ricorso alla Gpa in Canada (dove le donne non percepiscono denaro). Sono benestanti, hanno creato per i loro bimbi una situazione familiare ottimale: sono in contatto con la portatrice, hanno nonne, zie e diverse figure femminili di riferimento. Eppure per la chiesa, le sentinelle e il macellaio sotto casa è più urgente fare in modo che questi bambini non vengano nemmeno alla luce piuttosto che pensare come cresce il figlio di un mafioso o la figlia di due disoccupati che l’hanno avuta per “errore”. Il fatto che sia l’orientamento sessuale dei genitori il problema, dà l’indice dell’arretratezza e della mediocrità del dibattito in Italia.

Potrei anche avere delle riserve sulla Gpa (personalmente non vi ricorrerei) e non adotterei nemmeno, anche se potessi, ma semplicemente perché non voglio avere figli (se fossi etero, la penserei allo stesso modo). Questo però non deve indurmi a rendere un inferno la vita a due gay o due lesbiche con prole, magari frutto di scelte ponderate. La società, invece, fa spallucce di fronte ad altre criticità ben più gravi (ammesso e non concesso che avere genitori gay sia una criticità) e questo solo perché un parroco o un fenomeno da baraccone televisivo dice cosa pensare in merito.

Ricordo al mio lettore che so benissimo che per avere un figlio ci vuole una donna che partorisce e un uomo che dà il seme, ma questo non rende genitori quelle due figure: i genitori, come dice un vecchio proverbio, sono quelli che i figli li crescono. Ci sono stati casi molto noti nella cronaca giudiziaria italiana, di madri infanticide e padri-boss di cosche mafiose. Questi esempi dimostrano come l’eterosessualità non sia garanzia di buona genitorialità. Al di fuori dei casi limite, ancora, ci sono moltissimi eterosessuali non capaci di allevare prole (devo ricordare che ad oggi i lanci nei cassonetti di neonati indesiderati è pratica prevalentemente etero?). Eppure di fronte a queste storture, la priorità sembra quella di impedire a due gay o due lesbiche di crescere i loro figli.

Concludo con un’ultima evidenza: se si impedisse ai gay e alle lesbiche di figliare (e bisognerebbe capire come, visto che conosco anche persone che hanno fatto ricorso a metodi più “tradizionali” rispetto alla Gpa), significherebbe impedire a nuove vite di nascere. La mia domanda, a questo punto, è: un credente smette di essere pro-life solo nel momento in cui la genitorialità è affare di gay e lesbiche? È davvero meglio per il parroco di quartiere o il fedele della porta accanto che un bimbo non venga mai al mondo solo per compiacere un dio che non è mai stato, per dirla tutta, il primo garante dei diritti dei minori? Ricordiamoci di Isacco, per fare un solo esempio. Può una chiesa – intesa anche come comunità di fedeli – che ha al suo interno noti cardinali che hanno sottratto centinaia di migliaia di euro ad ospedali per bambini, sentenziare poi sul bene dei minori?

Dopo di che io penso questo: sei in disaccordo con le unioni civili o il matrimonio egualitario? Ne hai diritto e quindi, conseguentemente, non sposerai una persona del tuo stesso sesso. Sei contro la Gpa (chiamata volgarmente utero in affitto)? Ottimo: non vi ricorrerai. Sei contro le adozioni per gay e lesbiche? Perfetto: non “diventare” gay o lesbica e non adottare. Ma chi sei per imporre la tua visione a persone che vogliono fare una scelta diversa alla tua e che non impedirebbero mai, a te, di farti una famiglia in senso tradizionale? Credo che il cuore del problema stia tutto qui. La differenza tra rispetto delle varietà familiari e l’imposizione del modello unico, portato avanti dalle frange confessionali e antigay.