Dall'inchiesta "Pesci" appena chiusa emergono anche le relazioni privilegiate dell'imprenditore di origine crotonese Antonio Muto con politici e bancari, in particolare dell'istituro senese, che dal 2012 gli hanno permesso di ottenere linee di credito milionarie, finanziamenti e mutui che restano un miraggio per molti imprenditori. Eccole
Sono passati tre anni e sotto questo profilo non appare alcunché di illecito. Ma quegli incontri rivelano la rete di un costruttore in grado di arrivare, per tutelare i suoi interessi, fino al Senato della Repubblica e al Consiglio di Stato, e a farsi aprire linee di credito milionarie che per molti imprenditori restano un miraggio. Di sicuro aveva rapporti “a livello di vertice” con il mondo bancario l’imprenditore calabrese Antonio Muto, il più importante costruttore della provincia di Mantova, indagato dalla Dda di Brescia per concorso esterno in associazione mafiosa per i suoi legami con la ‘ndrangheta di Cutro. Negli atti dell’inchiesta Pesci, conclusa poche settimane fa dai pm Claudia Moregola e Paolo Savio con la contestazione dell’aggravante mafiosa agli ex parlamentari Luigi Grillo (in foto), Franco Bonferroni e all’ex presidente del Consiglio di Stato Pasquale De Lise, i carabinieri raccontano le relazioni privilegiate di Antonio Muto con gli istituti di credito e in particolare con la Banca Monte Paschi di Siena, che rivelano la sua caratura “non solo strettamente imprenditoriale”.
Muto, l’imprenditore che dopo la prima scossa del terremoto del maggio 2012 nel mantovano sperava nella “botta forte che crea lavoro”, grazie all’intermediazione dell’ex senatore emiliano iscritto alla P2, Franco Bonferroni – scrivono gli investigatori nell’informativa conclusiva dell’indagine – ha incontrato in due distinte occasioni nella sede di Siena un alto dirigente e l’attuale amministratore delegato del Monte dei Paschi, Fabrizio Viola (entrambi non indagati). Il primo incontro avviene il 17 maggio 2012, quando l’imprenditore calabrese e l’ex senatore Bonferroni, accompagnati da un ex dipendente di Mps alla guida dell’auto di Muto, si recano a Siena per incontrare un funzionario con un ruolo direttivo “affinché questi intervenga – si legge nell’informativa – sui livelli a lui sottostanti per sbloccare finanziamenti di loro interesse”.
Il costruttore Muto, che in quelle settimane aspettava l’esito di una sentenza del Consiglio di Stato per sbloccare una lottizzazione edilizia di 200 ville e un albergo sulle rive del Lago Inferiore, avrebbe acceso presso il Monte dei Paschi mutui milionari, su cui il presidente del consiglio comunale di Mantova Giuliano Longfils ha presentato un esposto ai carabinieri chiedendo ragione di un prestito da 27 milioni di euro accordato da Mps alla società edile fallita Forum Mondadori (nulla a che fare con la casa editrice, ndr). Ma in un’intercettazione telefonica dell’inchiesta Pesci del luglio 2012, Muto parla di una cifra ancora più alta e riferisce all’ex senatore Bonferroni di avere acceso “in Monte Paschi un fido complessivo di 70, 80 milioni”.
Pochi mesi dopo, un secondo incontro. Il 19 luglio 2012, di ritorno dal colloquio romano con il sottosegretario ai Beni Culturali Roberto Cecchi (non indagato) sulla lottizzazione del lago di Mantova, Muto e Bonferroni si presentano a Siena presso la sede di Mps per incontrare direttamente l’ad Fabrizio Viola. Ad accompagnarli, anche in questo caso alla guida dell’auto di Muto, è un ex dipendente del Monte dei Paschi. Nel corso dell’incontro con Viola – ricostruiscono i carabinieri – l’imprenditore calabrese Muto si sarebbe adoperato per “raccomandare per un avanzamento professionale il direttore commerciale Corporate Mantova Nord di Banca Mps” e per “sollecitare la definizione di una pratica (di poco conto perché ne ha ben più importanti in ballo) di finanziamento da 600mila euro”. Incontri diretti dunque con i vertici della banca senese per sbloccare prestiti e addirittura avanzare raccomandazioni, grazie all’intercessione del potente ex senatore emiliano della Dc Bonferroni.
Indagato dalla Dda di Brescia, Muto finirà arrestato (poi scarcerato) il 28 gennaio 2015 nell’ambito delle inchieste gemelle sulla ‘ndrangheta al nord Aemilia (Bologna) e Pesci (Brescia), insieme allo stesso Bonferroni. Nel 2012 gli amministratori di Mps potevano non essere al corrente dell’interesse investigativo dell’antimafia bresciana per Antonio Muto, e gli incontri (leciti fino a prova contraria) non sono oggetto di indagine per quanto noto a ilfattoquotidiano.it. E tuttavia rivelano la rete di relazioni di un costruttore in grado di arrivare, per tutelare i suoi interessi, ad altissimi livelli delle istituzioni pubbliche e del credito privato. Contattato da ilfattoquotidiano.it per avere una dichiarazione sull’incontro avvenuto a Siena con l’imprenditore Muto, l’ad di Mps Fabrizio Viola ha fatto rispondere attraverso l’ufficio stampa di “non desiderare rilasciare alcun commento”.