L'inchiesta della Dda di Catanzaro ha portato all'arresto di Nicolino e di altre 15 persone. Dalle indagini dei carabinieri emergono i tentativi della famiglia mafiosa di Cutro di entrare in rapporti con esponenti del Vaticano e della Cassazione. Un indagato: "Quando sono andato io c'era Massimo Ranieri, Gianni Letta, in questa caserma che abbiamo fatto insieme pure le fotografie". Ai domiciliari anche una giornalista
“Quando siamo andati… quando sono andato io c’era Massimo Ranieri, Gianni Letta… in questa caserma che abbiamo fatto insieme pure le fotografie ho… invece ora, a novembre, mi danno Cavaliere di Lavoro, devo andare da Napolitano, devo andare… perché poi conosci una fascia di ‘cristiani’ (persone, ndr) di un certo livello…. E lì ci sono proprio sia ad alti livelli istituzionali e sia ad alti livelli di ‘ndrangheta pure…”. A parlare di massoneria è Salvatore Scarpino, detto “Turuzzo”, uno degli indagati dell’inchiesta “Kyterion 2” che stamattina ha portato all’arresto di 16 persone affiliati o contigui alla cosca Grandi Aracri. È “Turuzzo” che spiega al suo interlocutore quanto è importante avere i contatti giusti e sedersi al tavolo della massoneria.
Nel 2015 i carabinieri avevano già trovato a casa di don Nicolino una spada simbolo dei cavalieri di Malta. Gli stessi di cui parla Scarpino in diverse intercettazioni. “Turuzzo” è un uomo che “per conto della consorteria cutrese si impegna in operazioni finanziarie e bancarie, e mantiene contatti diretti e frequenti con il capo locale Grande Aracri Nicolino”, ponendosi “da intermediario tra questi e altri soggetti estranei all’associazione al fine di consentire l’avvicinamento a settori istituzionali anche per il tramite di ordini massonici e cavalierati”.
È lo stesso Scaprino che, intercettato, spiega l’importanza del rapporto tra boss e massoni: “Ho un problema, per esempio, lo vedi per esempio ho un problema su Roma, qualsiasi tipo di problema… Gli dico io ho questo problema. Loro hanno il dovere … siccome è una massoneria, siamo. Cioè uno, quando uno di noi ha un problema, si devono mettere a disposizione… E devono risolverlo il problema”. “Le indagini hanno dimostrato gli interessi della cosca di Cutro per la massoneria”. Lo ribadisce con forza il procuratore facente funzioni di Catanzaro Giovanni Bombardieri nel corso della conferenza stampa in cui ha illustrato i dettagli dell’operazione, seguito dell’inchiesta “Aemilia”, il più grande colpo inflitto alla ‘ndrangheta in Emilia Romagna, che ha svelato gli interessi del clan di Crotone a nord.
Nelle indagini dei carabinieri, inoltre, hanno trovato spazio i tentativi della famiglia mafiosa di Cutro di entrare in rapporti con esponenti del Vaticano e della Cassazione. Ma anche il ruolo di alcuni professionisti al servizio della cosca come l’avvocato Rocco Corda, considerato dagli inquirenti la “faccia pulita” del boss Nicolino Grandi Aracri. A quest’ultimo, l’ordinanza di custodia cautelare è stata notificata in carcere perché detenuto.
“Si dimostra soggetto – scrive il gip Domenico Commodaro riferendosi all’avvocato Corda – capace di veicolare informazioni ed ‘imbasciate’ illecite, addirittura venendo inviato dal Grande Aracri Nicola presso cantieri o presso gli amministratori di villaggi turistici al fine di realizzare gli interessi della cosca”. Non solo massoneria e affari. Come era emerso già nel primo troncone dell’inchiesta, gli uomini del boss Nicolino Grande Aracri erano in grado di destreggiarsi pure nei corridoi del Vaticano e tra le stanze della Suprema Corte di Cassazione.
Stando a quanto emerso dalle carte, infatti, la cosca calabrese ha cercato di aggiustare un processo a Roma per far annullare la decisione del Tribunale del Riesame di Catanzaro che aveva confermato l’arresto per Giovanni Abramo, cognato del boss. Quella sentenza è stata annullata con rinvio dalla Cassazione ma la Dda non è riuscita ad accertare il coinvolgimento di un magistrato. “Emergono sicuramente inquietanti conversazioni da parte degli indagati – spiega il procuratore Bombardieri – ma non ci sono elementi che possano farci ritenere che ci sia stato un intervento in Cassazione”.
È finita agli arresti domiciliari, inoltre, una giornalista residente a Pomezia, Grazia Veloce, descritta come un “soggetto asseritamente molto vicino a personalità di rilievo del Vaticano e della politica italiana”. Per far trasferire il cognato da Sulmona a un altro carcere più vicino a casa, Nicolino Grande Aracri si era rivolto a lei perché in stretto contatto con il monsignore Maurizio Costantini che non è indagato.
Nel corso di una perquisizione, a casa di Grazia Veloce i carabinieri hanno trovato alcune fotografie che “la ritraggono – è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare – in compagnia, tra gli altri, di Sebastiano Nirta, esponente dei Nirta-Strangio (cosca di San Luca, ndr) e Giuseppe Caridi, arrestato nel 2011 dalla Dda di Torino per associazione mafiosa”. Si tratta di foto ritenute importanti dagli investigatori perché sono evidenti “le insegne del cavalierato di cui la Veloce sembra essere esponente di significativo rilievo”.
L’inchiesta “Kyterion 2” ha fatto luce, infine, sull’omicidio dell’anziano boss Antonio Dragone, avvenuto a maggio del 2004 per volere di Nicolino Grande Aracri. Secondo gli inquirenti, lo ha ucciso Angelo Greco che, dopo aver speronato l’auto di Dragone, gli ha sparato in faccia con un kalashnikov.