Le api sono indicatori biologici della qualità dell’ambiente e, attraverso l’impollinazione delle piante coltivate, assicurano il raccolto del 70% delle colture. Ciò che non tutti sanno, tuttavia, è che grazie al loro incredibile olfatto potrebbero essere addestrate a diventare agenti anti-terrorismo. A dirlo è uno studio effettuato dal Crea di Bologna, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, secondo cui le api, se istruite, sono in grado di individuare e riconoscere le più comuni sostanze esplosive, dal Tnt, al plastico, all’Rdx, e attraverso un dispositivo capace di tradurre l’estroflessione della loro proboscide, o ligula, in un impulso, potrebbero essere utilizzate in stazioni e aeroporti per contribuire alla sicurezza nazionale. “L’abilità dell’ape nel riconoscimento degli odori, unita alla sua caratteristica di esplorare il territorio, infatti – spiega Bettina Maccagnani, del Centro agricoltura e ambiente Giorgio Nicoli di Crevalcore (BO) – la rende una candidata ideale per i compiti più svariati, quali il controllo di qualità degli alimenti, la ricerca medica e la difesa militare e antiterroristica”.
I primi a studiare un sistema per convertire uno sciame di api da miele in api ‘da esplosivi’ sono stati gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, “ma le notizie in merito – spiega Claudio Porrini, del dipartimento di Scienze e tecnologie agroambientali dell’Università di Bologna – sono poche e frammentarie perché sono coperte da segreto militare”. Qualche anno fa, tuttavia, anche l’Italia aveva avviato il proprio progetto di ricerca, denominato Apiboom. A finanziarlo fu il ministero delle Politiche agricole, allo scopo di valutare l’utilizzo delle api nel rilevamento degli esplosivi, per una possibile applicazione nei controlli di sicurezza in ambienti chiusi.
“Per addestrare un’ape a individuare un esplosivo bastano poche ore – racconta Maccagnani – e il processo è basato sul metodo ‘pavloviano’ di associazione a una ricompensa: all’ape viene presentato l’odore da riconoscere e, simultaneamente, una goccia di liquido zuccherino, che essa lambisce con la ligula. Successivamente, la semplice presentazione dell’odore induce l’ape a estroflettere la ligula, anche in assenza di ricompensa”. Per essere utilizzate come agenti anti-esplosivo, quindi, le api vengono collocate all’interno di un dispositivo delle dimensioni di una valigetta, con sensori in grado di captare la loro reazione all’odore. A quel punto, un segnale notifica all’uomo la presenza della sostanza ricercata, con un’attendibilità del 99%.
“Le api mostrano una sensibilità superiore ai mezzi elettronici di rilevamento, paragonabile a quella dei cani – continua Maccagnani – il loro addestramento, però, è molto più rapido, semplice ed economico: sono sufficienti 2 ore per far apprendere a un’ape l’odore da seguire per ottenere la ricompensa. Inoltre, mentre i cani si stancano presto, perché per loro si tratta di un gioco, le api sono instancabili, perché per loro è un lavoro”.
L’utilizzo delle api per scopi diversi dall’impollinazione in passato è già stato tentato. Gli Stati Uniti, ad esempio, le hanno impiegate per il ritrovamento di mine antiuomo inesplose nei territori di guerra, e dopo il disastro di Chernobyl sono servite, anche in Italia, a esplorare la contaminazione del suolo da eventuali radiazioni. La ditta inglese Inscentinel Ltd, poi, ha già brevettato un apparecchio portatile che utilizza le api per il riconoscimento di diverse categorie di odori, utile per effettuare controlli di sicurezza, sulla qualità e la contraffazione degli alimenti, e la diagnosi precoce delle malattie. “In questo apparecchio, però, tre api vengono mantenute bloccate e perfettamente allineate all’interno di una speciale cassetta, in cui vengono convogliati gli odori da riconoscere – spiega il Crea – il che presenta diversi limiti legati alla loro sopravvivenza, isolate e costrette in una piccola provetta, alla necessità di nutrirle manualmente a intervalli di poche ore, e al rischio che, non ricompensate, le api perdano la capacità di rispondere in presenza dello stimolo”.
Così anche il Crea di Bologna ha ipotizzato un proprio dispositivo, più semplice da utilizzare rispetto al modello inglese, e in grado di consentire alle api di muoversi più liberamente, “tutelando il loro benessere”. Ma prima che potesse essere ultimato, il progetto Apiboom è stato sospeso per mancanza di fondi. “Nel 2009 abbiamo presentato i risultati della nostra ricerca – spiegano i ricercatori – ma dal ministero non abbiamo saputo più niente, la cosa non è andata avanti. Un peccato, perché le api potrebbero essere utili nell’antiterrorismo, integrando gli strumenti già in uso con un investimento economico contenuto. Basti pensare che una famiglia da 20.000 insetti costa appena 80 euro”.