Il regno saudita ha deciso di condannare a morte 47 detenuti. Nella lista dei condannati vi era anche un clerico sciita, tale Nimr Al-Nimr, persona nota in tutto il mondo sciita. A Teheran la folla ha preso d’assalto l’ambasciata saudita, solo l’azione della polizia ha evitato che la popolazione inveisse ulteriormente aggravando il caso diplomatico. Questa crisi, che sembra una cosa “tutta medio-orientale”, può essere la famosa goccia che fa traboccare il vaso.
L’Arabia Saudita e la repubblica iraniana sono già in guerra. I campi di battaglia sono noti: in Yemen dove la fazione Al Houti sciita è opposta al governo filo saudita. In Siria il governo di Assad deve la sua resistenza e la sua forza sul campo alle truppe iraniane (e recente al supporto russo). Sul fronte Sunnita le differenti milizie ribelli, finanziate dall’Arabia Saudita, hanno dimostrato come la loro azione si riduca a un continua guerriglia sanguinaria.
Come si schiera il mondo? La Russia si è offerta di mediare la crisi. Il gioco del mediatore in medioriente è in mano agli americani, di solito. Con questa “gentile offerta” la Russia tenta di proiettarsi in tutta la penisola arabica. Una posizione di per sé, quella russa, non proprio neutrale. I russi sostengono l’Iran: in Siria al loro fianco e in generale hanno sempre fatto scudo a ogni tentativo, in sede Onu, di attaccare la repubblica sciita. Gli iraniani han appena ricevuto anche i missili S300 dai russi (forse non il modello nuovo, piuttosto “ la versione dell’anno scorso” del tipo “in Russia stiamo svuotando i magazzini dell’invenduto”).
La Cina è pratica: i cinesi vogliono energia a basso prezzo. Durante l’assedio commerciale che l’occidente ha mosso contro l’Iran (che sta per finire) la Cina è stato il maggiore partner commerciale della repubblica comprando ogni prodotto energetico. La Cina è anche un valido cliente del regno saudita. È quindi plausibile che il dragone resterà un compratore neutrale, beneficiando del prezzo del petrolio in crollo.
Gli Usa in tutto questo son titubanti. Obama ha aperto alla repubblica iraniana, e questo ovviamente ha terrorizzato i Saud. L’alleato storico (e in ultima istanza il protettore) americano sembra in procinto di cambiare il gioco. Un esempio per tutti: alcuni mesi fa un piccolo incidente tra Iran e Usa (qualche missile iraniano sparato in prossimità di una nave da guerra Usa) è passato inosservato. Solo in seguito il ministero della difesa Usa ha emesso un flebile comunicato che suonava molto stile “ma so’ ragazzi, stavano a giocà”. In passato sarebbe stato motivo di urla e strepiti su ogni media occidentale, sintomo che gli interessi economici americani hanno fatto digerire ai “falchi” della politica estera Usa che “ogni tanto qualche malinteso è accettabile, basta che facciamo soldi”.
In verità i problemi dell’Arabia Saudita sono prima di tutto economici. Il prezzo del petrolio è crollato. I Saud, un po’ per anticipare la guerra economica con l’Iran, un po’ per spalleggiare gli Usa e colpire gli interessi energetici russi, hanno tenuto la testa alta scegliendo una strategia che avrebbe fatto crollare il prezzo dell’oro nero.
Il supporto che il regno ha scelto di dare a tutte le frange, ribelli o governative, che sostenevano la filosofia wahabita ha imposto una politica regionale di ambasciatore del sunnismo rigido. L’essersi immischiato durante l’epoca delle primavere arabe negli affari interni di differenti “vicini di casa” dallo Yemen, Oman fino al Bahrain (dove vennero inviate truppe saudite per sopprimere nella violenza le istanze democratiche della popolazione) ha esposto il fianco del regno alle critiche da parte di molte nazioni occidentali.
La percezione che i regnanti sauditi sembrano voler dare è che sono forti, intoccabili e sicuri della loro posizione di potere. La scelta quindi di queste esecuzioni, in particolare del clerico sciita, appare come un segnale chiaro che i Saud non temono confronti.
Va detto che con questa mossa la famiglia regnante sembra voler mettere gli stessi Usa di fronte a una sorta di scelta: o con noi (e quindi ci supporti) o contro di noi (e quindi non ci supporti e dai ragione agli iraniani).
Ultimo ma non meno importante l’Iran.
La posizione religiosa dell’ayatollah Khamenei sciita è chiara e rappresenta la visione mondiale sciita: Khamenei non può permettersi esitazioni e la sua condanna morale è senza dubbio una posizione forte. Più morbida la posizioni politiche: Rohani è cosciente che non può concedersi il lusso di apparire troppo forte contro il suo vicino. In un momento delicato come questo, dove nel 2016 negli Usa ci saranno le elezioni, gli interessi economici americani e iraniani sono molto vicini, una posizione oltranzista e violenta (dal punto di vista politico) iraniana potrebbe offrire lo spunto ai falchi americani per vincere le elezioni (potenzialmente i repubblicani) usando ancora il vetusto “bomb bomb iran” del tipo “guardate quanto son aggressivi gli iraniani”. La prossima mossa ora spetta a Obama: fare da mediatore, tentando di rubare la scena a Putin, o restare a guardare.
@enricoverga