È atterrato un alieno sul basket italiano e sta controllando tutti dall’alto verso il basso. Ma è inutile stupirsi, perché il viaggio della Pallacanestro Reggiana parte da lontano ed era chiaro da tempo che prima o poi sarebbe arrivata a imporsi. Almeno da quando – correva l’anno 2011 – la squadra, a un passo dalla retrocessione in B, venne affidata al coach delle giovanili e vice allenatore, Max Menetti. Reggio rimase in Legadue, la stagione successiva conquistò la promozione e, piantate le tende in A, ha iniziato a stupire rimanendo fedele al proprio progetto. “Noi siamo da sempre molto ambiziosi. La nostra è però un’ambizione contadina: come da tradizione emiliana, non si fanno i passi più lunghi della gamba ma bisogna comunque curare la propria terra abbastanza da garantirsi un raccolto migliore di stagione in stagione”, spiega a ilfattoquotidiano.it l’amministratore delegato Alessandro Dalla Salda, in sella da diciotto anni, un’era geologica nella pallacanestro italiana.
Quanto possa essere corposa la raccolta lo raccontano i risultati dell’ultimo anno e mezzo: vittoria dell’Eurochallenge, finale scudetto persa a gara-7 davanti al proprio pubblico, ora il primo posto al termine del girone d’andata e qualificazione al secondo turno dell’Eurocup. Non era mai accaduto che al giro di boa del campionato fosse Reggio a guidare il gruppo. Precede anche l’EA7 Olimpia Milano, stesso numero di vittorie ma andata k.o. nello scatolone emiliano. Soprattutto, ad accrescere il valore dei risultati, ci sono caratteristiche atipiche, a tratti diametralmente opposte, alla squadra di Giorgio Armani e alle altre quattordici della massima serie della pallacanestro italiana.
Nel roster biancorosso non esistono americani né giocatori di colore, per storia e struttura fisica “padri” e attuali dominatori del gioco. Tra le cinque scelte iniziali di Menetti, oltre al bielorusso Vladimir Veremeenko, si contano quattro giocatori italiani: Andrea De Nicolao, Amedeo Della Valle, Pietro Aradori e Achille Polonara. Che tradotto vuol dire un pezzo della nazionale azzurra e tre atleti nati negli Anni Novanta. Ma anche in panchina – si fa per dire in un gioco come il basket e in una squadra poco gerarchica come Reggio – non mancano le storie da sottolineare. Da Stefano Gentile, fratello di Alessandro, prossimo italiano a finire in Nba, fino a Ojars Silins, lettone classe ’93 accolto in Emilia quando aveva appena 18 anni e svezzato sul parquet e fuori. Perché spesso a casa della Pallacanestro Reggiana funziona così: arrivi nel settore giovanile, cresci e ti guadagni la pagnotta in prima squadra. Dallo scorso anno il ruolo di chiocce tocca a Rimantas Kaukenas e Darjus Lavrinovic, guardia e pivot lituani di 38 e 36 anni. Primavere che non si sentono, mitigate dalla classe e dalla professionalità, e peso specifico importante in termini di fatturato in campo e di leadership in uno spogliatoio che ha preso per mano anche Artur Strautins, 18 anni ancora da compiere, e Adam Pechacek, classe ’95.
“Per tradizione Reggio ha sempre dato molta importanza al settore giovanile, anche prima della nostra gestione – spiega Dalla Salda – Siamo un’azienda e avendo speso circa 400mila euro a stagione negli ultimi anni abbiamo deciso di dare un senso alla spesa trasformandola a tutti gli effetti un investimento”. Ecco quindi la grande spinta sui giocatori cresciuti in casa: uno dei gioielli, Federico Mussini, è ora in Ncaa, mentre il primo a sbocciare, Nicolò Melli, gioca con il Bamberg campione di Germania. “Paradossalmente la svolta è arrivata con la promozione in A, dove al nostro coraggio nel fare determinate scelte – continua Dalla Salda – si è aggiunta la non urgenza del grande risultato”. Fino al (quasi) capolavoro dello scorso anno e alla grande cavalcata di questa stagione iniziata con la vittoria della Supercoppa. Un frammento di quel successo spiega al meglio questa ormai solida realtà di provincia: la squadra aveva aggiunto un trofeo in bacheca e anche guadagnato 50mila euro di premio garantiti dalla società, girati però dai giocatori alla onlus del compagno Kaukenas che si prende cura dei bambini lituani affetti da leucemia.
E “fanno squadra” anche gli sponsor. Oltre al patron Stefano Landi, la Pallacanestro Reggiana può contare su un trust di aziende del territorio capace di sostenere il club assicurandogli un futuro sereno. “Abbiamo creato un Basket Pool al quale partecipano venticinque aziende: ogni sponsor versa 25mila euro, un taglio perfetto per le piccole-medie industrie del reggiano. Non possiamo chiedere grandi sforzi ma a quelle cifre, se hanno una squadra in cui identificarsi e noi siamo bravi a curare il rapporto, ci resteranno vicini anche nei momenti difficili. Questo è stato il vero segreto degli ultimi anni – racconta Dalla Salda – Mi piace chiamarlo il nostro ‘settore giovanile’ delle sponsorizzazioni. Non a caso tutti gli ultimi marchi main sponsor sono aziende ‘cresciute’ nel basket pool. Abbiamo un solo rammarico”. Quale? “La società non è in equilibrio economico a causa di un impianto ormai vecchio. Con una struttura moderna, le scorse tre stagioni sarebbero state ottime anche sotto il profilo dei bilanci”. Sarà pure un alieno, Reggio Emilia, ma è atterrato in Italia.