Cathy La Torre (Sinistra Italiana) e Claudio Mazzanti (Pd) avevano espresso il loro disaccordo dopo la notizia che il primo cittadino era indagato per aver riallacciato l'acqua negli stabili occupati. Indagine della procura di Ancona
A Bologna i due capigruppo dei partiti di maggioranza in consiglio comunale sono stati querelati per diffamazione da due sostituti procuratori in servizio in città, Antonello Gustapane e Antonella Scandellari. I consiglieri comunali Claudio Mazzanti del Partito democratico e Cathy La Torre, oggi con Sinistra italiana, avevano difeso l’operato del sindaco Pd Virginio Merola quando il 22 luglio 2015 si era sparsa la notizia che era stato indagato per avere allacciato l’acqua in due stabili occupati, violando così l’articolo 5 della legge Piano casa. “È tutto surreale, ridicolo. Che cosa sarebbe accaduto se Merola non avesse riallacciato l’acqua? E se un minore si fosse ammalato o fosse morto, di che cosa sarebbe stato incriminato il sindaco?”, disse Mazzanti. “Follia pura. Merola non poteva lasciare due palazzi senza acqua”, commentò invece La Torre. Parole riportate allora da un articolo del Corriere di Bologna ed è proprio lo stesso quotidiano a dare ora la notizia dell’inchiesta, per competenza in mano alla procura della Repubblica di Ancona (che indaga sulle questioni riguardanti i magistrati bolognesi). I pm marchigiani dovranno stabilire se quelle frasi furono o meno diffamatorie o se invece possano rientrare nella legittima espressione del pensiero e del diritto di critica.
La vicenda era iniziata il 23 aprile 2015 quando il sindaco Merola aveva ordinato il ripristino della fornitura di acqua in uno stabile di via De Maria, quartiere Bolognina, a due passi dalla stazione, occupato da marzo 2014 da circa 60 persone, organizzate dal gruppo Social log. Il riallaccio fu fatto anche per il palazzo ex Telecom di via Fioravanti, la più grande occupazione abitativa in città, iniziata a dicembre 2014 e terminata con lo sgombero a ottobre 2015. Il primo cittadino era stato quindi indagato per abuso d’ufficio in base all’articolo 5 del cosiddetto Piano Casa. La norma, da sempre contestatissima (e votata anche dal Pd), prevede che “chiunque occupi abusivamente un immobile senza titolo non può chiedere la residenza né l’allacciamento a pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo e gli atti emessi in violazione di tale divieto sono nulli a tutti gli effetti di legge”.
In tanti avevano difeso tuttavia la decisionedel sindaco. “Feci una scelta dettata da urgenza e necessità di tutelare diritti costituzionali e di soggetti deboli quali i minori presenti nello stabile occupato” si era difeso il primo cittadino. Mazzanti invece sembrò subito smorzare le sue dichiarazioni: “Siamo sul surreale. La parola ridicola non la dico, perché ho troppo rispetto della magistratura e dell’autorità giudiziaria, ma surreale sì”. Fin da subito la Procura di Bologna, proprio in risposta alle critiche arrivate dalla politica, aveva chiesto rispetto: “Chiediamo, e con forza, a chi ricopre cariche pubbliche – disse il procuratore aggiunto Valter Giovannini – di rispettare il nostro lavoro che in questo momento in generale è particolarmente delicato, difficile e sovraesposto”.