Sta facendo discutere – e a ragione – la decisione di Genus Bononiae, una delle più prestigiose istituzioni culturali bolognesi di esporre in un museo alcuni murales realizzati su pareti e facciate di edifici, pubblici e privati, del capoluogo emiliano.
Ma non è solo la scelta di fare della c.d. street art il tema di un’esposizione museale, “normalizzando” così un genere artistico “ribelle” a far discutere, quanto quella di realizzare l’esposizione rimuovendo fisicamente dagli edifici sui quali gli artisti le hanno realizzate le opere d’arte in questione senza chiedere nessun permesso o autorizzazione ai loro autori.
La questione è complicata ma meno di quanto non appaia. Lascio ad altri la questione artistico-culturale dell’opportunità di sradicare dalla strada ciò che è nato in strada e mi concentro qui sul solo profilo giuridico della questione.
E’ ovvio – o quasi – che dipingere la facciata di un palazzo altrui con bombolette spray e colori per realizzare un’opera bella o brutta che sia costituisce un’attività che senza il permesso del proprietario dell’edificio è illecita. Ciò non toglie, tuttavia, che ciò che nasce da quello che per molti è solo un atto vandalico bello e buono, è un’opera d’arte.
E che si tratti di un’opera d’arte, almeno nella vicenda bolognese, non sembra esserci dubbio alcuno considerato che il caso nasce proprio dalla decisione di un’istituzione culturale di esporre le opere in questione in una galleria d’arte.
E allora ecco la questione giuridica e culturale al tempo stesso. Se il murales è un’opera d’arte non dovrebbe toccare solo ed esclusivamente al suo autore decidere se ed in che termini altri possano disporne? Non dovrebbero essere gli artisti autori dei murales in questione a decidere se reputino opportuno o meno, vantaggioso – non tanto economicamente ma culturalmente – o meno che le loro opere, nate sulla strada e per la strada, finiscano in una galleria d’arte?
Ed è questo l’aspetto della vicenda bolognese che lascia più perplessi: la circostanza che un’istituzione culturale, indiscutibilmente mossa da nobili propositi, sembri – almeno a quanto sin qui è dato sapere – preoccuparsi così poco di quelli che in “legalese”, si chiamano i diritti morali d’autore, primo tra tutti proprio quello “di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione”.
E per convincersi che un murales riprodotto in galleria sia destinato a diventare qualcosa di diverso da ciò che era all’origine è sufficiente sfogliare qualche immagine di alcune delle opere di street art che popolano le strade delle città del mondo intero.
Insomma il sospetto è che, ancora nel 2016, l’arte di strada sia considerata figlia di un dio minore e che gli artisti che la animano e producono, solo perché spesso la realizzano violando questa o quella legge ( osa di per sé, ovviamente, deplorevole) debbano considerarsi artisti minori o autori con meno diritti di quelli che spettano all’autore della tela meno originale e creativa del mondo.
Passi – come è accaduto nei mesi scorsi negli USA – che Moschino si appropri dell’immagine di un murales di un artista di strada per riprodurlo sui suoi abiti senza preoccuparsi della circostanza che farlo fosse o non fosse in linea con la percezione artistica dell’autore dell’opera in questione ma che un’istituzione culturale scivoli nello stesso errore di sottovalutare i diritti degli artisti di strada nell’ambito di un’iniziativa attraverso la quale si propone l’obiettivo di promuoverne le opere è circostanza che lascia davvero perplessi.
L’arte è arte che sia riprodotta su una tela in cornice o sulla facciata di un palazzo e gli artisti sono artisti che impugnino un pennello o una bomboletta spray.
Che i secondi, talvolta, violino la legge e debbano – come peraltro avviene di frequente in Italia e nel resto del mondo – risponderne, non ha nulla a che vedere con il fatto che meritino, comunque, di vedersi riconoscere tutte le loro prerogative di autori.
Guido Scorza
Componente del collegio del garante per la protezione dei dati
Emilia Romagna - 6 Gennaio 2016
Bologna, i murales finiscono al museo senza il permesso degli artisti
Sta facendo discutere – e a ragione – la decisione di Genus Bononiae, una delle più prestigiose istituzioni culturali bolognesi di esporre in un museo alcuni murales realizzati su pareti e facciate di edifici, pubblici e privati, del capoluogo emiliano.
Ma non è solo la scelta di fare della c.d. street art il tema di un’esposizione museale, “normalizzando” così un genere artistico “ribelle” a far discutere, quanto quella di realizzare l’esposizione rimuovendo fisicamente dagli edifici sui quali gli artisti le hanno realizzate le opere d’arte in questione senza chiedere nessun permesso o autorizzazione ai loro autori.
La questione è complicata ma meno di quanto non appaia. Lascio ad altri la questione artistico-culturale dell’opportunità di sradicare dalla strada ciò che è nato in strada e mi concentro qui sul solo profilo giuridico della questione.
E’ ovvio – o quasi – che dipingere la facciata di un palazzo altrui con bombolette spray e colori per realizzare un’opera bella o brutta che sia costituisce un’attività che senza il permesso del proprietario dell’edificio è illecita. Ciò non toglie, tuttavia, che ciò che nasce da quello che per molti è solo un atto vandalico bello e buono, è un’opera d’arte.
E che si tratti di un’opera d’arte, almeno nella vicenda bolognese, non sembra esserci dubbio alcuno considerato che il caso nasce proprio dalla decisione di un’istituzione culturale di esporre le opere in questione in una galleria d’arte.
E allora ecco la questione giuridica e culturale al tempo stesso. Se il murales è un’opera d’arte non dovrebbe toccare solo ed esclusivamente al suo autore decidere se ed in che termini altri possano disporne? Non dovrebbero essere gli artisti autori dei murales in questione a decidere se reputino opportuno o meno, vantaggioso – non tanto economicamente ma culturalmente – o meno che le loro opere, nate sulla strada e per la strada, finiscano in una galleria d’arte?
Ed è questo l’aspetto della vicenda bolognese che lascia più perplessi: la circostanza che un’istituzione culturale, indiscutibilmente mossa da nobili propositi, sembri – almeno a quanto sin qui è dato sapere – preoccuparsi così poco di quelli che in “legalese”, si chiamano i diritti morali d’autore, primo tra tutti proprio quello “di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione”.
E per convincersi che un murales riprodotto in galleria sia destinato a diventare qualcosa di diverso da ciò che era all’origine è sufficiente sfogliare qualche immagine di alcune delle opere di street art che popolano le strade delle città del mondo intero.
Insomma il sospetto è che, ancora nel 2016, l’arte di strada sia considerata figlia di un dio minore e che gli artisti che la animano e producono, solo perché spesso la realizzano violando questa o quella legge ( osa di per sé, ovviamente, deplorevole) debbano considerarsi artisti minori o autori con meno diritti di quelli che spettano all’autore della tela meno originale e creativa del mondo.
Passi – come è accaduto nei mesi scorsi negli USA – che Moschino si appropri dell’immagine di un murales di un artista di strada per riprodurlo sui suoi abiti senza preoccuparsi della circostanza che farlo fosse o non fosse in linea con la percezione artistica dell’autore dell’opera in questione ma che un’istituzione culturale scivoli nello stesso errore di sottovalutare i diritti degli artisti di strada nell’ambito di un’iniziativa attraverso la quale si propone l’obiettivo di promuoverne le opere è circostanza che lascia davvero perplessi.
L’arte è arte che sia riprodotta su una tela in cornice o sulla facciata di un palazzo e gli artisti sono artisti che impugnino un pennello o una bomboletta spray.
Che i secondi, talvolta, violino la legge e debbano – come peraltro avviene di frequente in Italia e nel resto del mondo – risponderne, non ha nulla a che vedere con il fatto che meritino, comunque, di vedersi riconoscere tutte le loro prerogative di autori.
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Mosca, 19 feb. (Adnkronos) - "E' necessario ripulire l'eredità dell'amministrazione Biden, che ha fatto di tutto per distruggere anche i primi accenni alle fondamenta stesse di una partnership a lungo termine tra i nostri Paesi". Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov parlando alla Duma all'indomani dei colloqui di Riad, commentando la possibilità di una cooperazione strategica tra Russia e Stati Uniti e aggiungendo che potrebbero essere create le condizioni per colloqui sulla sicurezza e sulla stabilità strategica tra i Paesi.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "Il partito di Giorgia Meloni é nei guai fino al collo e la maggioranza spaccata platealmente come dimostra la dissociazione di Forza Italia dalla conferenza stampa dei suoi alleati. Dagli assetti europei alla guerra in Ucraina allo spionaggio con Paragon, dalle parti di Fratelli d’Italia non sanno dove girarsi e allora attaccano l’ex presidente Conte. Era evidente fin dall’inizio l’intento da parte della destra di usare a fini politici la commissione parlamentare sul Covid, ora il re è nudo”. Così Luana Zanella, capogruppo di Avs alla Camera.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - “Stamane alcuni ragazzi sulle scale di Montecitorio hanno gettato dei sacchetti con del cibo che la Gdo cestina ogni giorno per richiamare la nostra attenzione sul Giusto Prezzo e sul fatto che il cibo di qualità sia un privilegio per pochi, al contrario di quello che il Ministro dell’agricoltura Lollobrigida sostiene". Così il capogruppo Pd in commissione Agricoltura e segretario di Presidenza della Camera
"Mentre solo pochi giorni fa dichiaravano sullo spreco alimentare e sull’importanza di evitarlo, oggi che fanno i Presidenti di Camera e Senato? Fontana li accusa di atti vandalici e La Russa lo ha definito un atto vile. Ma ci rendiamo conto? Questi sarebbero atti vili e vandalici? E cosa facciamo noi per alleviare le sofferenze di quei produttori che nonostante l’inflazione e il caro prezzi non ricevono soldi in più? Cosa facciamo per quei consumatori costretti a rinunciare a proteine e carboidrati, al cibo sano e sostenibile perché troppo costoso? E soprattutto cosa diciamo a dei ragazzi che ci richiamano con parole pulite e striscioni corretti a dare delle risposte concrete senza offendere nessuno?".
"La maggioranza e il governo, il ministro Lollobrigida che oggi attendiamo in Aula dovrebbero rispondere su questo non offendere dei giovani innocenti che si preoccupano giustamente del nostro e loro futuro!”.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "Picierno è una signora che ogni mattina si sveglia pensando a una sciocchezza da dire sul Movimento 5 Stelle. Picierno è un'infiltrata dei fascisti nella sinistra. Chiede più guerra, più armi, più povertà, più morti: non ha nulla a che vedere con la sinistra. E' un'infiltrata dei fascisti. Cosa ha in comune con la sinistra chi chiede più armi e più povertà? Picierno lo chiede in ogni situazione". Lo ha detto l'eurodeputato M5S, Gaetano Pedullà, a L'Aria che Tira su La7.
Palermo, 19 feb. (Adnkronos) - E' stato solo momentaneo lo stop della colata lavica di ieri pomeriggio sull'Etna. Come conferma all'Adnkronos Giuseppe Salerno, dell'Osservatorio etneo dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, "la colata lavica è attiva" e prosegue, "e attualmente c'è una eruzione in corso". La colata lavica continua così ad avanzare lentamente lungo il fianco occidentale dell'Etna in direzione Sud-Ovest, attestandosi intorno a 1.800 metri di quota.
Intanto, sui paesini intorno al vulcano continua a 'piovere' cenere lavica. È l'effetto dell'eruzione sommitale in corso sul vulcano attivo più alto d'Europa con una bocca effusiva che si è aperta, l'8 febbraio scorso, a quota 3.050 metri, alla base del cratere Bocca Nuova.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "Non so se è chiara la gravità di quello che sta accadendo, ma temo proprio di no. Provo a mettere brevemente in fila i fatti per spiegarlo". Lo scrive Matteo Orfini del Pd sui social.
"Come noto, un software spia (Graphite, prodotto dalla azienda Paragon) è stato utilizzato per spiare attivisti politici e giornalisti come il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato. Quando è emersa la notizia il governo ha negato ogni responsabilità. Ul Guardian ha scritto che a causa dell'uso improprio l'azienda Paragon aveva sospeso il contratto col nostro paese. Il ministro Ciriani ha detto in parlamento che non era vero, e che il software era ancora pienamente operativo. Due giorni dopo le dichiarazioni di Ciriani una nota del governo comunicava la sospensione dell'uso del software stabilita d'intesa con la società che lo produce per consentire approfondimenti sulle violazioni. In realtà a quanto pare la sospensione è stata voluta dalla società produttrice a fronte di un uso improprio del software (quindi Ciriani aveva mentito al Parlamento)".
"Ma chi è in possesso del software? I servizi segreti e le varie polizie giudiziarie che operano per conto delle procure. I servizi hanno smentito risolutamente di aver utilizzato illegalmente il software per spiare giornalisti. Le procure possono utilizzarlo solo per reati gravissimi e onestamente pare assai poco realistico che il direttore di Fanpage sia sotto indagine per terrorismo internazionale. Resta dunque una sola ipotesi, ovvero che sia stato utilizzato illegalmente e autonomamente da un corpo di polizia giudiziaria. Ma quale? Praticamente tutti i corpi di polizia hanno smentito di aver utilizzato lo spyware per intercettare giornalisti e attivisti. A parte uno: la polizia penitenziaria".
"Le opposizioni hanno chiesto chiarimenti al governo che non ha risposto. Oggi alla Camera era previsto il question time, ovvero la sessione in cui i gruppi parlamentari interrogano il governo e i ministri hanno l'obbligo di rispondere. Pd e Iv avevano previsto di chiedere se la polizia penitenziaria avesse accesso o meno allo spyware in questione. Il quesito era stato ritenuto ammissibile dalla presidenza della Camera. Ieri il governo ha fatto sapere che non intende rispondere perché le informazioni sono "classificate", ovvero non divulgabili".
"E' falso -prosegue Orfini-, perché non c'è nulla di classificato nel rispondere si o no a una domanda semplice e trasparente come quella che abbiamo fatto. Sapere se la penitenziaria ha in dotazione il software è una domanda lecita a cui basta rispondere si o no. La polizia penitenziaria dipende dal ministero di giustizia di Nordio. E la delega specifica la ha Delmastro. Voi capite che visti i precedenti dei due la vicenda diventa ancora più inquietante. Un software in dotazione al governo è stato utilizzato illegalmente per spiare giornalisti e attivisti".
"Il governo invece di fare chiarezza e difendere chi è stato spiato illegalmente, sta utilizzando tutti gli strumenti possibili per insabbiare questa vicenda gravissima. E per evitare di rispondere. Il che, in tutta onestà, non fa che aumentare i dubbi e i sospetti. Ah, ovviamente la Meloni è sparita anche in questo caso".
Seul, 19 feb. (Adnkronos/Dpa/Europa Press) - Le autorità di Seul si sono dette disponibili ad accogliere i soldati nordcoreani che sono stati catturati sul territorio ucraino mentre combattevano assieme alle truppe russe e che intendono disertare. Lo ha annunciato il ministero degli Esteri della Corea del Sud in un comunicato in cui precisa che "i soldati nordcoreani sono cittadini sudcoreani secondo la Costituzione. Rispettare la volontà di questi individui è conforme al diritto internazionale".
Secondo le ultime informazioni, numerosi soldati nordcoreani sono rimasti feriti durante il conflitto, dopo essere stati schierati a sostegno della Russia nel quadro dell’accordo di difesa strategica raggiunto l’anno scorso tra il presidente russo Vladimir Putin e il leader nordcoreano Kim Jong Un. Le autorità ucraine hanno annunciato la cattura di due soldati nordcoreani che combattevano a fianco delle truppe russe nella provincia russa di Kursk, dove Kiev ha lanciato un'operazione militare l'estate scorsa. Il governo di Kiev ha proposto di restituirli alla Corea del Nord nel caso Pyongyang fosse disposta a facilitare uno scambio con i soldati ucraini attualmente detenuti in Russia.
Da parte sua, il presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky, ha stimato che circa 4.000 soldati nordcoreani siano stati uccisi o feriti a Kursk, anche se il numero non è stato verificato. L'annuncio del governo sudcoreano arriva dopo che un soldato ha dichiarato in un'intervista al quotidiano 'Chosun Ilbo' l'intenzione di chiedere asilo alla Corea del Sud. Il ministero sostiene adesso che "non dovrebbero essere rimandati in un luogo dove potrebbero essere perseguitati".