Un conto corrente con la disponibilità di 200 milioni di euro. I carabinieri del comando provinciale di Crotone hanno trovato la cassaforte del boss Nicolino Grande Aracri. La notizia è apparsa sul Quotidiano del Sud che fa riferimento ad alcuni stralci dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Domenico Commodaro. L’inchiesta “Kyterion 2” rischia di seppellire la cosca Grande Aracri. Almeno dal punto di vista economico. Su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, infatti, nei giorni scorsi sono finiti in manette anche professionisti al soldo del clan di Cutro.
Tra questi l’avvocato Rocco Corda, accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Il gip lo descrive come “un soggetto capace di veicolare informazioni ed ‘imbasciate’ illecite”. Ma non solo. Per i pm è l’uomo dalla “faccia pulita” che si occupava delle operazioni finanziarie della cosca: “Si tratta – scrive sempre il gip Commodaro – per lo più della realizzazione di cambio valute estere, operazioni di investimento con la formula ‘blocca fondi’, acquisizione di fidejussioni per partecipare ad investimenti edilizi all’estero. Alla base delle operazioni si pone la disponibilità di 200 milioni di euro, come riportato da un estratto conto fornito agli operatori finanziari da Antonio Giuseppe Mancuso”.
I tentacoli di don Nicolino Grande Aracri andavano oltre i confini nazionali: tra le carte sequestrate dai carabinieri c’è una “fideiussione finalizzata (almeno in un caso) all’aggiudicazione di un appalto milionario, per la costruzione di appartamenti in Algeria“. Il boss voleva partecipare all’affare della costruzione di più di mille alloggi e per farlo era necessaria una “fidejussione bancaria di 5 milioni di euro, a garanzia del contratto”. Ma per ottenere la fidejussione, a sua volta, servivano garanzie. Ed è a questo punto che nell’affare dell’Algeria sarebbe entrato in gioco il conto corrente intestato a Pino Mancuso per il quale però, secondo gli inquirenti, non sono stati accertati contatti diretti con Nicolino Grande Aracri.
Invece, ci sono “una serie di contatti telefonici tra Mancuso e l’avvocato Corda, dal quale si ricava il suo ruolo di portavoce del ‘capo’”. E che la parola dell’avvocato sia, di fatto, la volontà di don Nicolino si percepisce anche leggendo le intercettazioni telefoniche da cui emerge la consapevolezza che Corda ha del suo compito e la reverenza di Pino Mancuso. “Glielo faccio firmare alle 8 e mezza. Oggi dovremmo avere tutto”. “Dovremmo o abbiamo?”. “Io dico dovremmo, ma abbiamo abbiamo”.