Ma dove vai bellezza in bicicletta? Silvana Pampanini – morta dopo un lungo ricovero in ospedale all’età di 90 anni – non era un’attrice da mezze misure. Basta guardare uno dei suoi film più noti, Bellezze in bicicletta (1951), dove l’allora ragazza di origine veneta, divenuta celebre nel 1946 per la querelle sulla vittoria a Miss Italia (lei era stata più votata dal pubblico) viene incoronata star popolare del cinema italiano. Di base il plot è quello della fuga da Roma alla ricerca di un impiego nella compagnia di rivista di Totò. La Pampanini e Delia Scala attraversano l’Italia travestite da soldatesse, in scosciato costume da ballerine del varietà, infine con completino da cicliste da corsa. Un vero tour de force performativo, con tanto d’incisione della hit omonima del film (Bellezza in bicicletta), motivetto popolare ancora oggi ad echeggiare tra il web e gli spot tv, che oggi molte colleghe a livello di prestazione nemmeno si sognano di fare.
Forse è per questo che la bella Silvana è rimasta un’icona sempre viva nell’immaginario degli spettatori italiani, anzi del popolo italiano. Una di quelle attrici popolari del primissimo dopoguerra (forse solo Silvana Mangano con Riso Amaro poteva gareggiare con lei, e un filo più indietro c’era Lucia Bosè) che esplodono come star nel momento in cui il cinema rinasce nel dopoguerra e moltiplica a migliaia le proprie sale mostrando una vastissima gamma di titoli che suscitano piacere, e mietono incassi, senza limiti per almeno vent’anni. Ma soprattutto con quel viso ammaliante, le labbra carnose, i fianchi stretti e i seni prosperosi ma non da maggiorata, la Pampanini è, in quel breve lasso di tempo, dal 1948 al 1954, apice di carriera rapido ma intenso, un sogno erotico inafferrabile per gli italiani, e non solo.
“Aveva l’acchiappo, l’appeal di quella che non si concedeva a nessuno”, spiega al fattoquotidiano.it, la più importante memoria storica del cinema italiano, Tatti Sanguineti. “Silvana girava col papà, sempre. Andava al ristorante e sui set e a fianco il padre non mancava mai. Credo sia l’unica donna che abbia detto di no a Gianni Agnelli”. Degli amori lasciati per strada, rifiutati con sistematicità, lasciati sciogliere al sole ce ne sono a centinaia. Potenti industriali, principi e re, attori, registi e sceneggiatori, tra cui il povero Totò. “Tutto vero. Il Principe però era fuori serie: non rappresentava il maschio italiano soprattutto anagraficamente. Perse comunque la testa, le morì dietro, ma lei niente, non cedette di un millimetro”. L’anti Pampanini, ben prima della Lollobrigida e della Loren, dive sì, ‘maggiorate’ vere, ma che arrivano almeno un decennio dopo, fu Isa Barzizza: diafana, bionda quasi anoressica, sul set della commedia I Pompieri di Viggiù proprio con Silvana nel 1949. “Aveva le curve giuste al posto giusto – continua Sanguineti – Ricordiamoci che la Pampanini è la prima donna di successo che non sta con un produttore, era mito irraggiungibile anche perché figlia di sé stessa, cioè i suoi successi li ottenne da sé”.
Il titolo più popolare interpretato dalla Pampanini risulta infine quel O.K. Nerone (1951), parodia di Quo vadis, diretto da Mario Soldati, soggetto di Mario Monicelli e con in scena Walter Chiari: “Appariva in vestaglia e in deshabillé e forse sempre con Walter diventa una bomba sexy assoluta nella parte che ha in L’inafferrabile 12. Passa comunque indenne, intatta ed intoccabile anche da Chiari, da Buster Keaton, e da Marcello Marchesi che per lei scrisse Bellezze in bicicletta. Sapete com’è Silvana era nata con le gambe ideali per indossare quei pantaloncini, quei boxer da ciclista”. In otto anni (1947-1956) oltre 40 film sono un record difficilmente eguagliabile, perché poi Pampanini si scosta qualche passo di lato dalle scene. Una particina nel Gaucho di Risi nel ’64 e poi solo comparsate tv, qualche lite con la Lollo sempre a proposito di accompagnatori e mariti (più giovani) nel ricordo dei tempi che furono, ma sempre intramontabile icona sexy del cinema popolare italiano.