Il copione è lo stesso: il governo si muove in una direzione e poi, scavando un po’, va in un’altra. Stavolta tocca alle trivellazioni in mare per la ricerca di idrocarburi, prima previste con il decreto Sblocca Italia, poi vietate entro le 12 miglia dalla costa con la legge di Stabilità entrata in vigore il 1° gennaio. Una notizia, quest’ultima, che sarebbe positiva se i comitati No Triv non si fossero accorti, nei giorni scorsi, di due incongruenze che sollevano dubbi sulle reali intenzioni del governo e del ministero dello Sviluppo economico.

È il 31 dicembre quando sul sito del Mise è pubblicato il “Bollettino Idrocarburi 2015” in cui, oltre a essere annunciata la sospensione dei permessi di ricerca nel Mare Adriatico, appare la seguente frase: “La sospensione del decorso temporale del permesso di ricerca di cui è titolare la società Rockhopper Italia S.p.a. è prorogata a decorrere dal 1 gennaio 2016 e fino alla data dell’eventuale conferimento della concessione di coltivazione di idrocarburi a mare di cui all’istanza e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2016”. Tradotto: l’esaurimento del permesso di ricerca di idrocarburi per il progetto petrolifero di Ombrina Mare (entro le 12 miglia dalle coste abbruzzesi), che scadeva il 31 dicembre, è sospeso per un anno. Anno durante il quale la piattaforma, nonostante non possa fare per legge più nulla, continuerà a esistere. Anche “in attesa di una eventuale concessione di coltivazione”. Contattato dal Fatto, il Mise ha risposto che, “non si è fatto in tempo a chiudere l’istruttoria e che la proroga era un atto comunque dovuto entro dicembre 2015 perché finalizzato a mantenere in sicurezza gli impianti esistenti”. Una sospensione da tempo richiesta dalla società “per continuare a garantire le operazioni di manutenzione della piccola piattaforma temporanea in mare”.

Dinamiche che, secondo il coordinamento No Triv, servirebbero ad aggirare il referendum contro le trivelle, voluto da dieci consigli regionali e su cui si esprimerà la Corte Costituzionale la prossima settimana. Non a caso ieri i deputati Marco Baldassarre (Alternativa Libera) e Pippo Civati (Possibile) hanno sollecitato i presidenti delle Regioni a impugnare la legge di stabilità. “Questa sospensione non ha senso – spiega Enzo Di Salvatore, coordinatore nazionale No Triv e costituzionalista che ha elaborato i quesiti referendari – Sarebbe bastato un mese, il tempo di far entrare in vigore la legge di Stabilità, e poi rigettare la domanda. Invece aspettano che passino elezioni, referendum, riforma costituzionale e che al governo torni il potere di decidere in materia energetica per riprendere tutto dal punto in cui era stato lasciato”.

Ricorso storico: nel 2010 (era ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo), era stato esteso da 5 a 12 il limite di miglia dalla costa e le concessioni in atto rimasero in sospeso. Fino al 2012, quando il decreto Sviluppo del governo Monti, pur confermando il limite, fece salvi tutti i procedimenti già avviati che ripresero il loro corso dal punto in cui erano rimasti due anni prima. “Oggi, per ottenere la concessione di sfruttamento degli idrocarburi deve essere ancora vigente il titolo di ricerca ecco perché non lo revocano e, anzi, lo prolungano”.

La questione non riguarda solo Ombrina. Il sito Staffettaonline.it ha pubblicato l’elenco di 19 piattaforme che ricadrebbero, totalmente o in parte, nel limite delle 12 miglia: 7 nel Canale di Sicilia (Eni, Edison, Audax Energy, Northern Petroleum Ltd – Petroceltic Italia, Transunion Petroleum Italia), 6 nel Golfo di Taranto (Eni, Shell Italia EP, Transunion Petroleum Italia, Apennine Energy, Petroceltic ), 2 nel Mar Jonio calabro (Eni, Northern Petroleum Ltd) e 4 nel Mar Adriatico tra Veneto, Abruzzo ed Emilia Romagna (Eni, Rockhopper Exploration Italia). Per il Mise, queste istanze saranno tutte “chiuse”, ma non si sa come. “Dovrebbero semplicemente rigettarle”, dicono i No Triv. Anche perché la legge di Stabilità accoglie molte delle richieste referendarie: restano i poteri delle Regioni, l’eliminazione del valore strategico delle opere e dell’esproprio in fase di ricerca. Sulla durata dei titoli, del blocco dei procedimenti in corso e sull’annullamento del piano delle aree (che di fatto rende più facili le trivellazioni), invece, dovrà pronunciarsi la Consulta.

da Il Fatto Quotidiano del 6 gennaio 2015

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