Società

“Cercavo il senso della vita, e in ufficio non l’avrei mai trovato. Così sono partito per il giro del mondo in bici”

Davide Mantovani a 30 anni devide di lasciare il lavoro: parte il 30 gennaio 2015 e si dà quattro anni di tempo per viaggiare. Va dalla Grecia alla Cambogia, passando fra gli altri, da Turchia, Cina, Tajikistan e Kyrgyzstan. "Diamo troppo valore a cose insignificanti, come i regali di Natale o i vestiti". Quello che conta? "Il cibo, il riposo, una doccia, un cesso comodo"

“Devo confessarti una cosa: in quell’ufficio mi annoiavo a morte”. Alla soglia dei 30 anni, dopo essersi licenziato dalla multinazionale per cui lavorava, Davide Mantovani si è messo in sella alla sua bici per fare il giro del mondo. Quattro anni di tempo e 25mila euro di budget a disposizione, derivanti dalla buonuscita. E una voglia matta di “cambiare mentalità, mettersi in gioco, vedere tutto da vicino”.

Milanese doc, con una maturità classica alle spalle e una laurea con lode in Matematica, Davide è riuscito ad entrare presto nel mondo del lavoro, con un posto in una compagnia d’assicurazione. “La mia prima esperienza nel settore della finanza mi ha fatto capire che è un mondo in cui non voglio più mettere piede. Lì la ricchezza non si crea: semplicemente si sposta dalle tasche di qualcuno a quelle di qualcun altro”, racconta a ilfattoquotidiano.it in collegamento dalla Cambogia. Poi, il lavoro come sales analyst in una grossa multinazionale dell’intimo: “I nomi in inglese fanno molto figo, ma in sostanza ero un impiegato”. Insomma, la vita d’ufficio non è proprio quella sognata. Stare dietro un computer per 40 ore a settimana può essere stressante. Per tutti. “Cercavo il senso della vita, ma in quel modo non l’avrei mai trovato. Lavorare per poi viaggiare durante le vacanze è davvero stupido”.

“Lavoravo in una multinazionale. I nomi in inglese fanno molto figo, ma in sostanza ero un impiegato”

È il 30 gennaio 2015 quando Davide si mette in viaggio per il suo pazzo itinerario, rigorosamente in sella alla bici. Da Milano attraversa l’Italia fino a Brindisi, dove si imbarca per la Grecia. Poi, nell’ordine, attraversa Turchia, Iran, Turkmenistan, Uzbekistan, Tajikistan, Kyrgyzstan e Cina. Ogni nazione significa un diverso stile di vita: cambia come si mangia, dove si mangia, dove si reperisce l’acqua, come ci si lava, come si comunica. La sensazione, comunque, è che la principale differenza tra i Paesi occidentali e quelli in via di sviluppo sia proprio il rapporto con il prossimo. “Da noi è un pericolo o, a volte, una noia. Qua è un amico o, nel peggiore dei casi, una curiosità – spiega Davide –. In Iran ho visto preparare da mangiare per la vicina di casa che stava facendo tardi al lavoro ‘perché sarà stanca quando torna e magari non avrà voglia di cucinare’. Proprio un altro mondo”.

Sulla strada gli imprevisti non mancano. Come quando, al risveglio, non ha trovato più la bici. “Ero nel sud della Cina, e sono stato costretto a prendere un volo per Bangkok per procurarmene una nuova”. O, ancora, per i problemi legati al visto. “Sono stato costretto ad attraversare i 500 chilometri del deserto turkmeno con solo 5 giorni a disposizione, causa visto di transito, e con una temperatura di 45°”, ricorda. Ma per Davide sono tante anche le sorprese. “Posso assicurare che i livelli di criminalità sono infinitamente più alti in Europa rispetto a tutte le nazioni che ho attraversato”.

“Posso assicurare che i livelli di criminalità sono infinitamente più alti in Europa rispetto a tutte le nazioni che ho attraversato”

I soldi? Davide ha un fornello che gli permette di cucinarsi in qualsiasi posto si trovi. Le sistemazioni notturne, poi, sono tra le più svariate: dai cimiteri alle cappelle, dalle moschee alle scuole. “Finora ho speso in media 12 euro al giorno, tutto compreso – aggiunge – anche se cambia da Paese a Paese”. La buonuscita dal lavoro in assicurazione è stata cospicua. “Ma per chiunque voglia viaggiare come ho fatto io i soldi non devono essere un problema: basta non comprarsi la macchina, ed il grosso è già fatto”.

A quasi un anno dalla partenza, Davide non sente la mancanza dell’Italia. E nel suo viaggio intorno al mondo non si è mai sentito solo, nonostante i timori iniziali. “Mi è capitato spesso di pedalare in compagnia di altri ciclisti, o di conoscere persone lungo il mio tragitto. Poi, bastano 5 euro per comprarti una sim in ogni Paese, con tanto di pacchetto dati per la connessione. Il 3G lo si trova in molti più posti di quanto si possa credere”, sorride.

“C’è una cosa, però, di cui sono profondamente convinto – conclude – Il mondo è comunque un posto molto più sicuro e ospitale di quello che pensiamo”

Alla fine, con i soldi messi da parte, Davide potrebbe permettersi “2, ma anche 3 giri del mondo”. Ma sarà bello anche ritornare, un giorno. “Sarò atipico, ma a me, dopo un’esperienza del genere, non dispiacerebbe tornare ad una vita normale”. Di sicuro, però, con una mentalità diversa: “Nella società in cui viviamo diamo troppo valore a cose insignificanti. Tipo i regali di Natale o i vestiti. Quando fai un’esperienza così ti rendi conto che le cose davvero importanti sono altre: il cibo, il riposo, una doccia, un cesso comodo. C’è una cosa, però, di cui sono profondamente convinto – conclude – Il mondo è comunque un posto molto più sicuro e ospitale di quello che pensiamo”.