Una puttana, due puttane, tre puttane, quattro puttane, perché nella zona di Salerno cadono come birilli, con qualcuno che si diverte ad ammazzarle, farle sparire, e non è faccenda di oggi, di questo preciso periodo, perché anni fa è successa pressappoco la stessa cosa. Lo chiamavano il killer seriale delle prostitute e oggi ne riparlano e non ho capito se si tratta dello stesso killer o semplicemente della bastarda abitudine di alcune persone, diverse tra loro, che sono accomunate dallo stesso interesse: ammazzare le prostitute.
La loro voce non è così ascoltata, è silenziata perfino da chi dice di volerle difendere, quelle abolizioniste della prostituzione che si rifiutano di far partecipare le sex workers alla discussione che riguarda la lotta contro la violenza sulle donne e che anzi si sostituiscono a loro stabilendo che le puttane vanno abolite, assieme al mestiere che fanno, perché chi lo fa in qualche modo se la cerca. Non la dicono certo così – per rispetto del politically ipocrita correct – ma il senso è quello.
Quando le sex workers dicono che per prevenire le violenze, che arrivano da persone, clienti, sfruttatori e istituzioni, amministratori cittadini e polizie compresi, serve decriminalizzare, porre fine alle ordinanze dei sindaci sceriffi che in nome della buona morale e del decoro confinano le prostitute ai margini delle città, così facilmente ridotte a dover affidarsi a sfruttatori o a dover fare il mestiere senza paracadute, in maniera isolata, senza che nessun@ le aiuti quando qualcuno infligge loro violenza, assassinio incluso, serve che sia possibile farle lavorare insieme, in situazioni protette, dove l’una può esercitare solidarietà sull’altra e dove possano gestire quella professione liberamente, se hanno voglia di farlo, e senza dover correre il rischio di essere perseguitate dalle polizie o dagli assassini.
Quando affermano che hanno le idee chiarissime su quel che serve affinché possano aver salva la vita, vengono semplicemente ignorate, perché è un gruppo di signore caritatevoli, neocolonialiste, quando parlano di prostitute straniere, e benestanti, o finte compagn@ che usano l’anticapitalismo come lo usano certi che escludono la questione di genere per ricondurre tutto alla lotta contro il capitale, un po’ come dire che l’anticapitalista oggi deve supportare le sentinelle in piedi, con l’assurda storia della teoria del gender, o le omofobe che parlano di surrogacy e prostituzione come di atto contro la morale e il volere di Dio, per proporre da sinistra quel che altr* affermano da destra, è questo gruppo qui che vuole avere l’ultima parola sulla questione.
E dunque chissenefrega del fatto che le donne muoiono perché costrette a vendere servizi sessuali in strade buie e periferiche, invece che in luoghi illuminati, condivisi, non marginalizzati. Chissenefrega se le donne straniere sono costrette a esercitare la professione al buio perché se arrestate saranno condotte in un Cie in attesa di identificazione ed espulsione? Chissenefrega del fatto che si dovrà discutere della questione economica, prima di tutto, affinché si realizzino diverse opportunità per loro che non siano il badantaggio, la schiavitù legalizzata, la tratta delle straniere da destinare al babysitteraggio, il mestiere di colf o di badante, retribuiti poco e male al punto da obbligare queste donne a lasciare le loro famiglie, i figli, altrove.
Chissenefrega se sono loro le prime a dover spiegare a tutt* quali sistemi vanno proposti per evitare di essere uccise. E invece noi, le femministe, quelle che dovrebbero comunque evitare di parlare in nome di tutte le donne, con supponenza e delirio di onnipotenza, con quel senso di superiorità morale che pensiamo ci distingua, in modo stronzo, dal resto del mondo, possiamo solo ascoltare, farci spiegare di cosa soffrono, patiscono, come pensano di salvarsi, da sole, appoggiando la loro lotta allo scopo di ottenere strumenti che servono a dare loro la possibilità di salvarsi, per l’appunto, da sole.
Perché non chiedono soluzioni paternaliste. Non vogliono che le istituzioni le obblighino a compiere percorsi autoritari e di certo non si sentono incoraggiate dalla mancanza di solidarietà che arriva da abolizioniste che amano considerarle solo vittime, infantilizzate, e dunque non in grado di connettere e immaginare una soluzione per se stesse. Non chiedono che ci si sostituisca a loro ma che si elimini lo stigma crudele che le uccide. Lo stesso stigma che viene posto sulle loro teste da chi dice di volerle salvare.
Una puttana, due puttane, tre puttane, quattro puttane, e quante devono morirne ancora prima che ci si renda conto che se queste donne muoiono non è perché se la sono cercata, ma perché si crea la condizione sociale, economica, politica e culturale affinché sia semplice ammazzarle. Da pezzi di merda sessisti, puttanofobi, colmi di disprezzo e di arroganza. E l’obiettivo non è salvarle da se stesse. Serve dirlo? Ma si, precisiamolo: l’obiettivo è aiutarle a salvarsi da questi stronzi assassini, a prescindere dal fatto che loro abbiano o non abbiano scelto di fare le prostitute o meno. A prescindere. Capito come?