Checco Zalone

Piove fino fino sulla mia panchina di Testaccio. Quella pioggia fastidiosa ma in fondo sopportabile, tanto da farmi rimanere seduto a guardare la piazza che mi gira intorno. Gente con l’ombrello e gente a capo scoperto. Punti di vista. Intanto la piazza va avanti, continua la sua corsa.

Il giornalaio vende i giornali, il pizzettiere sforna la pizza, la rammendatrice mette toppe ad abiti strappati, il forno è pieno di persone che comprano pane e piatti cucinati, il fioraio rallegra di colore il suo angolo di piazza. Non fa per niente freddo. Sotto il piumino leggero col cappuccio ho solo una maglietta a maniche corte. Può bastare. Sto bene qui. In fondo questa è casa mia.

Alcuni giorni fa ho raccontato la mia inadeguatezza, o meglio la mia consapevolezza di essere inadeguato. Da allora mi sento più forte, perché la consapevolezza di qualcosa è sempre l’arma migliore. Ho fame. Vado a comprarmi un pezzo di pizza.

Dal fornaio c’è la fila. E’ un posto amico, si può aspettare. No, anche qui si parla di Zalone! Sono cinque giorni che quasi non si parla d’altro. Me ne vado? Rimango? Vabbe’ aspetto, sperando che nessuno mi chieda niente sul film, che chiaramente ho visto, ma di cui non credo ci sia molto da dire. E’ un film che sta andando benissimo. E’ così e basta.

Qualche risata me la sono fatta, come in tutti i film di Zalone. Senza scomodare alti concetti ma soprattutto fregandomene del perché un italiano su dieci vedrà questo film. Non è da produttore illuminato questa analisi? Lo so. Ho raggiunto la consapevolezza di essere inadeguato. L’ho detto. Pertanto mi posso permettere il lusso di non esprimere analisi, per lo più ridicole. Spesso più divertenti di alcuni passaggi del film. Arrivo indenne al mio turno, nessuno mi ha chiesto niente.

Pizza con fiori di zucca e alici, un arancino e una lattina di coca cola. Il mio pranzo. Sulla panchina di Testaccio, sotto la pioggia fina fina. Che quando finisco di mangiare mi metto con le mani dietro la testa a guardare chi passa. Certo Franceschini poteva stare zitto, su Zalone. Certo i critici seri potevano sparare meno fesserie, su Zalone. Certo Matteo Renzi non aveva motivo di offendere i radical chic, su Zalone e su tutto il resto.

Ma chi sono i radical chic? I miei jeans strappati, le mie clarks bagnate sono radical? O sono chic? Non lo so. Ma io per Renzi non sono radical chic, perché i film di Zalone li ho visti tutti e il primo è quello che mi è piaciuto di più. Ma va tutto bene uguale. Ho solo il viso tutto bagnato. In fondo pur sempre piove. O meglio pioviccica. Fa due gocce. C’è solo tanta umidità.

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