In cinque giorni di negoziazioni in Borsa a Milano il titolo ha lasciato sul terreno il 6%, mentre il listino ha ceduto il 7% in scia alle perdite dei mercati asiatici. Nel frattempo si è concluso lo scorporo dalla casa madre i cui soci hanno ottenuto un titolo del Cavallino ogni dieci di Fiat, e il bilancio è negativo. Intanto emerge il valore di Fca senza il gioiello Ferrari: 9,8 miliardi contro i 16,6 di fine 2015
Un investitore che a fine dicembre aveva in portafoglio mille azioni di Fiat Chrysler per un valore di 12.920 euro ne ha persi virtualmente 1.500. A una settimana dall’approdo di Ferrari a Piazza Affari, si è concluso definitivamente lo scorporo della casa di Maranello dalla capogruppo con l’assegnazione ai soci Fca di un titolo del Cavallino ogni dieci di Fiat. Si può quindi fare un primo bilancio, influenzato come è inevitabile dal fatto che per le borse europee compresa quella di Milano le prime sedute dell’anno sono state pessime. Borsa Italiana, affossata come le altre dal crollo dei mercati asiatici, ha lasciato sul terreno nel complesso il 7%. I titoli delle Rosse, che hanno chiuso la seduta di venerdì a 40,5 euro, sono invece in calo del 6% rispetto ai 43 euro del debutto. Ma sono andati male anche a New York: sul Nyse hanno ceduto tra lunedì e venerdì il 6,5%.
Ne fanno le spese i piccoli azionisti Fiat. Alla chiusura del 30 dicembre 2015 i titoli del gruppo guidato da Sergio Marchionne valevano 12,92 euro. L’investitore che aveva 1.000 titoli Fca ne ha ricevuti, con la scissione, anche 100 di Ferrari, più un centesimo di euro per ogni azione Fiat Chrysler. Queste ultime hanno archiviato la seduta di venerdì in calo del 3,98%, a 7,36 euro, per cui il risparmiatore se ne ritrova in tasca 7.360. A cui va aggiunto il valore delle 100 azioni Ferrari: 4.050 euro. La somma fa 11.410 euro, a cui ne vanno sommati 10 (un centesimo per ogni azione Fiat Chrysler, come previsto nelle comunicazione dell’ex Lingotto). Risultato: 11.420 euro. La perdita virtuale rispetto a fine 2015 è appunto di 500 euro. Nel caso di Marchionne, che con lo scorporo è entrato in possesso di 1,462 milioni di azioni della casa di Maranello avendone in portafoglio 14,62 milioni di Fca, la minusvalenza virtuale è di 21,7 milioni di euro.
Festeggia comunque, invece, la holding di casa Agnelli Exor, che a valle della separazione si trova a detenere oltre al 29,1% di Fca anche il 23,5% del capitale ordinario della casa di Maranello, ma grazie ai diritti di voto doppio ne controlla di fatto il 33,4%. E nei giorni scorsi la finanziaria presieduta da John Elkann ha comunicato alla Securities and Exchange Commission statunitense che “potrebbe acquisire altre azioni in Ferrari coerentemente con la sua filosofia generale di investimento in base alla quale cerca di avere posizioni di controllo nelle società in cui investe”.
Ora che Fiat Chrysler e il Cavallino sono definitivamente separati, poi, c’è anche un’indicazione del valore attribuito dal mercato a Fiat Chrysler spogliata del prezioso apporto delle Rosse: venerdì sera la capitalizzazione di Fca ammontava a 9,82 miliardi, contro i 16,6 dell’ultima seduta del 2015. La “piccola” Ferrari – 2,7 miliardi di ricavi 2014 contro i 96 di Fca – vale invece ben 8,38 miliardi.