Ventiquattro ore dopo il tentato attacco che gli è costato la vita, la sua identità non è ancora certa. Di sicuro, il 20enne che giovedì 7 gennaio ha cercato di entrare nel commissariato parigino di Montmartre con un coltellaccio in mano e una finta cintura esplosiva in vita al grido di ‘Allah Akbar‘ non avrebbe dovuto trovarsi in Francia. Era stato arrestato nel 2013 insieme a una banda per un furto di occhiali a Saint-Maxime, in Costa Azzurra e per questo era stato espulso.

Alla polizia disse di essere un senzatetto, nato nel ’95 a Casablanca, in Marocco, e di chiamarsi Sallah Alì. Ed è questo il nome che le autorità francesi hanno diffuso dopo che i poliziotti di guardia al commissariato hanno ucciso quello che con ogni probabilità era un “lupo solitario“.

Ma il testo di rivendicazione scritto a mano a nome di Daesh, trovatogli in tasca, comincia con la frase “Je suis Abou…” (Io sono Abou…),e poi si legge un nome diverso, Tarek B., e alla terza riga si parla della città di “Tunisi”. Anche se le impronte digitali del cadavere corrispondono a quelle prese al momento dell’arresto, la polizia non ha ancora confermato l’identità. Il procuratore di Parigi, Francois Molins, ha espresso seri dubbi sul nome diffuso dopo la sua morte: “Non sono affatto sicuro che l’identità sia vera”, ha fatto sapere il procuratore. Il nome dato “contraddice quello scritto nel testo di rivendicazione sotto l’egida dello Stato islamico trovato ieri in tasca dell’uomo”.

Il sindaco di Saint-Maxime, Vincent Morisse, dice a BFM-TV: “Lo ricordo bene, fu fermato per furto insieme ad altre persone. A un certo punto fu identificato come un senzatetto residente nel vicino comune di Cogolin. Si sa per certo che era un tipo che andava di città in città vagabondando. Non l’abbiamo mai più rivisto dopo”.

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