Conosciamo bene le polemiche che sempre accompagnano l’ottimismo di Matteo Renzi: da un lato c’è la sua visione positiva dell’Italia (l’economia è in ripresa, la disoccupazione in calo, gli italiani sono pieni di potenzialità da sviluppare, eccetera), dall’altro lato stanno i “gufi”, che lo accusano di edulcorare la realtà con il cosiddetto storytelling, no, peggio, di nascondere la dura verità, di mentire: non è vero che l’economia sia in ripresa, – sostengono i gufi – non è vero che la disoccupazione stia calando, e gli italiani, delle loro potenzialità, non sanno che farsene se le cose vanno di male in peggio. Propongo qui di seguito una lista delle ragioni per cui credo non solo che Renzi faccia bene a insistere con l’ottimismo, ma sia di fatto l’unica scelta che ha.
1) Selezionare gli aspetti positivi di una situazione – qualunque situazione – tende ad attirare simpatie e attenzioni. Preferisci trascorrere un paio d’ore con qualcuno che, dato un problema, lo rappresenta come pesantissimo, gravissimo, impossibile da risolvere, o preferisci passare due ore con chi, dato lo stesso problema, non solo ti rappresenta come capace (capacissimo!) di risolverlo, ma propone lui stesso (nel caso tu non ci avessi pensato) due o tre soluzioni possibili? Salvo patologie depressive più o meno gravi, si tende a preferire il secondo personaggio. Ed è con il secondo personaggio che Renzi vuole identificarsi.
2) Selezionare gli aspetti positivi di una situazione – qualsiasi situazione – tende a farci dimenticare se in passato le cose sono andate male e i problemi non sono stati risolti. Dirò di più: se una persona si autorappresenta tutta carica di ottimismo e ben capace di risolvere un problema attuale, tendiamo a dimenticare se per caso in passato quella stessa persona non era stata capace di farlo. Dirò di peggio: tendiamo persino a dimenticare se per caso in passato quella persona aveva esplicitamente e ripetutamente promesso una soluzione che poi non era riuscita a realizzare. Gli psicologi chiamano questa tendenza ottimismo mnestico: si cancellano i brutti ricordi, si tengono solo quelli positivi.
3) La cancellazione degli aspetti negativi di una situazione è tanto più forte, radicale e facile quanto più intensa e insistente è la carica di energia positiva e di ottimismo che una persona esprime. Se qualcuno si presenta sempre carico, sempre positivo, sempre sorridente ed energico, la sua insistenza renderà ancora più credibile la sua visione positiva del mondo. Sembra talmente convinto, che sarà come dice, ci viene da pensare. Ottimismo chiama ottimismo, insomma. Sia nella persona che lo incarna, sia in coloro che la circondano.
4) L’ottimismo, l’energia positiva, l’appello alla speranza hanno sempre accompagnato la comunicazione di Renzi. Era così prima di diventare capo del governo, non può che continuare a esserlo ora che governa. Perché ottimismo chiama ottimismo, come ho detto. Ma anche per coerenza con se stesso. E perché se manifestava ottimismo e speranza prima di andare al governo, come potrebbe smettere ora che governa? Equivarrebbe ad ammettere che non sa governare. Non può farlo. Non ha altra scelta.
Sto dicendo che l’ottimismo a tutti i costi vince a tutti i costi? Sto dicendo che in comunicazione non c’è modo di contrastare la strategia dell’ottimismo? Niente affatto. Sto dicendo che il pessimismo non vince sull’ottimismo. La selezione degli aspetti negativi della realtà non vince sulla selezione degli aspetti positivi. Non a caso Renzi rappresenta i suoi detrattori come “gufi”: i gufi (i pessimisti) contro gli ottimisti possono solo perdere. Come quando il centrosinistra perdeva contro Berlusconi. Come quando Bersani perse contro Renzi.
Come si contrasta, allora, l’inguaribile ottimista? Con i fatti. Se i fatti sono molto, troppo distanti da ciò che l’ottimista racconta, vincono i fatti. Se i fatti sono ripetutamente, insistentemente, fortemente distanti da ciò che l’ottimista racconta, vincono i fatti e l’ottimista perde credibilità. Anche in questo caso, conta il dosaggio: ci vuole una grande distanza, ci vogliono molti fatti, molto distanti e molto ripetutamente distanti da ciò che l’ottimista dice. E ci vogliono persone che non solo notino queste macroscopiche e ripetute differenze, ma le sappiano presentare in modo semplice e coinvolgente, tanto semplice e coinvolgente quanto l’ottimista riesce a essere (mica facile trovare queste persone, fra l’altro).
Ecco perché Renzi insiste, insiste e insiste con l’ottimismo. Perché più insiste, più i numeri della distanza e della ripetizione dei fatti che non corrispondono a quel che dice devono aumentare. Ma lo sappiamo: in questa fase dell’economia nazionale e internazionale, i numeri, le statistiche (Pil, disoccupazione, lavoro, e così via) spesso mostrano solo piccole differenze, oscillazioni minime, differenze discutibili, spesso impercettibili e ai più incomprensibili. Dunque insiste, insiste e insiste. Non può che fare così, per ora.