Finalmente una grande mobilitazione nazionale di tutti i cittadini e le cittadine per sostenere l’uguaglianza: il 23 gennaio, in tante piazze italiane (dettagli qui), ognuno di noi avrà la possibilità di esprimere la propria solidarietà a chi è attualmente discriminato. Non solo persone omosessuali, transessuali, intersessuali, bisessuali e transgender, ma anche i bambini senza diritti, quelli nati in famiglie omogenitoriali.
Un’occasione emozionante per diventare protagonisti del cambiamento, della trasformazione della storia del nostro paese, pronto a evolvere ed entrare a pieno titolo nella sua contemporaneità. Proprio come, uniti insieme, i nostri predecessori hanno sostenuto il suffragio universale, l’aborto, il divorzio, l’uguaglianza delle donne, dei neri, degli ebrei (allora battaglie considerate eversive, oggi felice punto di non ritorno), adesso è il momento per sostenere una nuova uguaglianza, quella delle persone Lgbt, e dei loro figli.
Siamo pronti, sì. Noi, società civile, siamo pronti a spendere una mattina della nostra vita per scendere in piazza accanto a quelle persone che, pur assumendo gli stessi doveri dei loro concittadini, non godono degli stessi diritti per via del loro orientamento sessuale: delitto contro la nostra Costituzione e contro l’umanità, come recentemente ha ricordato la Corte di Strasburgo, ammonendo l’Italia.
Vibrante, il messaggio della neo-presidente di famiglie Arcobaleno, Marilena Grassadonia, alla Leopolda di Firenze (qui), e chiaro lo schieramento di molti artisti e intellettuali italiani, come Pamela Villoresi (guarda qui il suo commovente coming-out come omo-nonna), Tiziano Ferro, Heater Parisi, Ambra Angiolini, Ornella Muti, Franca Valeri, Loredana Bertè, Patty Pravo, Luciana Littizzetto, Anna Oxa, Giusy Ferreri, Irene Grandi, Marina Rei, Carmen Consoli, Paola Turci, Federico Zampaglione, Lina Wertmuller, Mina, Roberto Benigni, Roberto Saviano, Serena Dandini, Simona Ventura, Daria Bignardi, Claudio Bisio, Fiorella Mannoia, Roberto Vecchioni, Paola Cortellesi, Piero Pelù, Cristina Comencini, Margherita Hack, etc. Anche io e Melania Mazzucco abbiamo detto la nostra, con due romanzi (qui).
L’occasione, dicevo, è irripetibile, perché la mobilitazione, voluta a sostegno della legge Cirinnà in discussione dal 26 gennaio in Senato, per la prima volta nella storia del nostro paese, non vede impegnate solo le associazioni Lgbt, ma la società civile nel suo complesso, compatta nel promuovere il seguente appello:
“L’Italia è uno dei pochi paesi europei che non prevede nessun riconoscimento giuridico per le coppie dello stesso sesso. Le persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali non godono delle stesse opportunità degli altri cittadini italiani pur pagando le tasse come tutti. Una discriminazione insopportabile, priva di giustificazioni. Il desiderio di ogni genitore è che i propri figli possano crescere in un Paese in cui tutti abbiano gli stessi diritti e i medesimi doveri. Chiediamo al Governo e al Parlamento di guardare in faccia la realtà, di legiferare al più presto per fare in modo che non ci siano più discriminazioni e di approvare leggi che riconoscano la piena dignità e i pieni diritti alle persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali, cittadini e cittadine di questo Paese. La reciproca assistenza in caso di malattia, la possibilità di decidere per il partner in caso di ricovero o di intervento sanitario urgente, il diritto di ereditare i beni del partner, la possibilità di subentrare nei contratti, la reversibilità della pensione, la condivisione degli obblighi e dei diritti del nucleo familiare, il pieno riconoscimento dei diritti per i bambini figli di due mamme o di due papà, sono solo alcuni dei diritti attualmente negati. Questioni semplici e pratiche che incidono sulla vita di milioni di persone. Noi siamo sicuri di una cosa: gli italiani e le italiane vogliono l’uguaglianza di tutte e di tutti“.
Ci tengo a condividere un mio pensiero, di cui ho già parlato in varie conferenze, sperando che sia spunto di riflessione per coloro che ancora sono in dubbio se liberare l’agenda del 23 mattina: il salto epocale che stiamo vivendo non riguarda la formazione di coppie e famiglie composte da persone dello stesso sesso, no. In questo, l’oggi non riserva alcuna sorpresa, dato che in ogni epoca storica, in ogni cultura, in ogni continente e perfino in natura, esiste sia l’accoppiamento omosessuale sia l’accudimento dei figli da parte di due o più persone dello stesso sesso (di solito femminile, ma la natura è piena di eccezioni: qui). Il salto epocale è dato da un altro (doppio) cambiamento, e questo binomio, davvero, ci catapulta nel nostro futuro:
1. Con le tecniche di riproduzione artificiale, si svincola la procreazione dalla coppia, dalla famiglia e dalla sessualità. L’orientamento sessuale dei genitori non c’entra davvero un tubo, non è il punto. I figli diventano un progetto a tavolino, vengono generati dalla mente, proprio come Zeus generava sua figlia Atena. Grazie all’ingegneria genetica possono diventare genitori donne single, uomini single, donne in menopausa, coppie sterili (omo o eterosessuali), perfino coppie fertili, se la donna non vuole rovinare il suo corpo (come nel caso di Nicole Kidman, che è ricorsa alla gestazione per altri, ossia a una madre surrogata). Così come la donna che presta il suo utero può non diventare madre, non esercitare la maternità, nonostante partorisca una vita.
2. L’arrivo dei papà. Fino a qualche decennio fa, i padri non facevano i padri. Si limitavano a trasmettere il cognome, l’eredità, e a mantenere la prole. I figli crescevano tra le donne (madri, zie, nonne, etc), proprio come oggi accade nelle coppie omogenitoriali femminili. Dagli anni 70 in poi, i padri hanno smesso di essere semplici donatori, e hanno cominciato a coinvolgersi e a partecipare all’allevamento ed all’educazione dei loro figli, insieme alle madri. Ciò che fa di questa epoca una nuova epoca, dunque, è l’esistenza del secondo genitore, oltre alla madre. Un’assunzione di ruolo talmente piena, che oggi si vedono padri single o coppie di padri, tutti felici di fare i care-givers.
Infine, due parole sul fantasma del Dna: trattasi semplicemente di M-I-T-O: è la storia dell’umanità (e non la moderna ingegneria genetica) ad insegnarci che genitore è colui, colei, o coloro che cura, cresce ed educa i figli con amore, rispetto e dignità. A cominciare dal nostro Giuseppe, compagno di Maria, genitore non biologico. Basta studiarsi un po’ di storia della famiglia per sapere che erano vere bizzeffe i figli geneticamente dello stalliere ma socialmente del signore.
Ordunque, l’omosessualità e l’omogenitorialità femminile sono roba vecchia. Concentriamoci sulla comprensione degli altri due fenomeni di cui sopra, veri simboli di una rivoluzione culturale, sociale e antropologica che necessita di comprensione, conoscenza e analisi libere da pregiudizi, militanze e ideologie. Ma soprattutto, che necessita di essere normata dal diritto, ad oggi in Italia assente o balbettante, e certamente fuori tempo massimo.