La calza della Befana quest’anno si è fatta ampia, rettangolare e piuttosto schiacciata. Ben più solida d’un pezzo di carbone, di quelli zuccherati, ma apparentemente liscia a giudicare dalla linea che trapela attraverso le maglie della lana. Nascondeva Decamerino. Novelle dietro le quinte di Gigi Proietti. Un libro che raccoglie i “pensieri arruffati” dell’attore romano, come reca puntualmente la quarta di copertina. Al primo sguardo non sembrava una biografia né un diario cronologico, ma il flusso di pensieri e racconti di un artista. Così l’ho centellinato durante quei giorni di graduali ritorni dalle Festività.
Si è rivelata una lettura leggera e vivace, su questo di dubbi non ce n’erano molti. Ma anche piena di sonetti. Ce ne sono su Marino, i papi, il Giubileo, Mafia Capitale, la monnezza. Si parla di nouvelle cousine come di buche per le strade di Roma. Di leggendari senzatetto come del lontano incontro con Ennio Flaiano. Tutto con la limpidezza e l’umiltà di un ragazzo classe ’40 che nel frattempo è diventato attore, regista, doppiatore, direttore artistico, eccetera, eccetera. Ma in fondo, come dice lui da un sorriso magico che ti convinci abbia sfoderato mentre scriveva queste definizioni, resta sempre un “rimarolo”, un “rifugiato poetico”.
L’humus delle storie che i teatranti suoi colleghi ascoltano come discepoli viene dalla città di Roma. Specialmente la “Città Invisibile”, la chiama lui, quella degli anonimi e nullatenenti. Un ventre rintorcinato dal quale Proietti tira fuori sempre e comunque qualcosa di poetico anche nella prosa. La nobiltà dell’intento risiede nel fatto che la sua penna non si abbandona mai a moralismi pietisti o a perbenismi di circostanza. Il suo eroe principale è Giubbileo, un istrionico barbone di cui racconta le gesta, o meglio i racconti di strada. Anche se la sua assistente piomba ogni tanto in camerino a interromperlo con un “A’ Ggì, in scena!”
Il teatro è teatro. E intorno ad esso l’autore costruisce una doppia dimensione: quella del Decamerino/Decamerone, poiché narratore e astanti sono chiusi tra le mura più segrete e intime del teatro, i camerini, e quella più vicina ai Racconti di Canterbury, dove però il pellegrinare passa sui sampietrini, sotto un portico, in una piazzetta riparata, e gli ascoltatori sono abitanti invisibili: clochard. Personaggi che raccontano altri personaggi. La prosa poi prende moltissime pause che forse sorprenderanno i lettori in qualità e quantità con il poetar di esilaranti quartine a endecasillabi. Spesso con temi talmente attuali rispetto alle cronache da farti immaginare una scrittura di getto, consumata magari tra Tg spiati dopo prove recenti e impazienza dell’editore.
Eventi sgradevoli come un ladro che gli entrò in casa, o piacevoli come il capodanno sul palcoscenico insieme al suo pubblico rivivono dal camerino-studio di Proietti attraverso le sue parole. Non satira, ma lettura umoristica e risate a denti stretti che ti porti dentro anche quando chiudi il libro. Merce sempre più rara nel mondo a consumo. Ecco, il consumismo è un altro tema che Proietti accarezza con il suo stile: riflessioni, sonetti e saggezze da marciapiede targate Giubbileo, ma anche e soprattutto “Giggi”. Roma è scoperchiata con garbo dal suo modesto Pasquino. Modesto perché non l’autore giudica i governanti, e a dispetto del prestigio che lo precede, della sua arte sembra perennemente fare spallucce. Giubbileo è un vinto a testa alta che racconta ai suoi compagni di strada un passato sconnesso tra vanagloria e fantasie. Proietti invece parla ai suoi attori dell’animo di uomini di strada, rigusta e fa gustare i detti di Petrolini e certe volte si rivolge confidenzialmente al lettore sviscerando alcuni cavalli di battaglia. La celeberrima Ne me quitte pas trasformata in Nun me rompe er ca’ in primis.
Un libro che sembra scritto di getto, si diceva, quasi ascoltato come davanti a un camino che evoca ricordi. Anche perché non reca introduzioni, né prologhi. Te lo ritrovi semplicemente lì, senza convenevoli, come le confessioni di un grande attore che a un certo punto ti prende da parte per snocciolarti piccole confidenze. E sicuramente ne snocciolerà qualcun’altra fuori dalle pagine lui stesso, alla prossima presentazione ai lettori romani di mercoledì 13, Libreria Feltrinelli di via Appia, insieme a Walter Veltroni, un altro signore che su Roma la sa lunga.