Quando ci dicono addio personaggi del calibro di Gianni Rondolino, l’83enne professore torinese che era come diventato un unicum materico e letterario, visivo e storico, con la tanto decantata settima arte, cioè il cinema, sembra davvero che una fase, un’epoca, un’idea organica del sapere se ne sia andata lontana, ondeggiante nel mare come un messaggio tappato nella bottiglia. Rondolino saluta questo mondo straordinario dove Melies e Lumiere diedero vita senza che nessuno ci puntasse una lira, o un franco, al cinematografo. Quella possibilità di intrattenimento che si fece industria, che divenne arte, che si fece polemica, confronto, trauma e infine meraviglia, che il professore studiò, sistematizzò, raccontò e infine rese pure usufruibile materialmente a Torino creando le basi di quello che sarebbe presto diventato il Torino Film Festival.
Si sa, un libro non fa primavera, ma quel saggio intitolato Storia del cinema (Utet), ristampato e riaggiornato decine di volte con copertine differenti, adottato in ogni aula universitaria del Dams (qualcuno lo chiamava il Rondolone, 866 pagine!), sarà un volume datato quanto volete (la prima edizione è del ’77), ma l’intuizione di mostrare e descrivere radici, umori, tendenze di 70 anni di cinema, quando ancora la dottrina del “cinema” doveva paradossalmente ingranare a livello universitario, fu davvero un colpo da maestro più che urgente, terribilmente necessario. Basterebbe sapere a memoria soltanto l’indice dei capitoli e da molti distratti e affannati dei del digitale facile odierno avremmo in dono anche un solo un film in più che rispetta l’essenza e il battito cardiaco di questa vituperata e strattonata disciplina. Rondolino fu principalmente docente universitario, ordinario di Storia del Cinema a Torino per parecchi anni, ma riuscì anche a comprendere che la necessità della visione collettiva passava per quelle manifestazioni, i festival, che oggi ci sembrano diventate tanto inutili e convenzionali.
Il Festival Internazionale del Cinema Giovani, nato nell’81 (prima edizione nell’82), fondato da Rondolino assieme ad Ansano Giannarelli, e con il supporto delle istituzioni comunali dell’epoca, fu uno dei rari tentativi in Italia di avventurarsi nel mondo delle nuove produzioni, delle realtà inesplorate giovanili, nei linguaggi poco conosciuti, che divenne presto un marchio di fabbrica, e di notevole successo di pubblico, quando ancora la parola cinefilia faceva rima con condivisione. Nel 1997 la rassegna diventa Torino Film Festival e Rondolino la fa accudire e dirigere prima da un allievo come Steve della Casa, poi dal 2003 da altri suoi due allievi come Roberto Turigliatto e Giulia D’Agnolo Vallan. Troppi, evidentemente gli allievi di Rondolino sotto la Mole, perché nel 2006 si consuma uno dei più incredibili colpi di scena per il TFF. Nel giro di poche ore la corrente rondoliniana storica, e in primis Rondolino con la sua Associazione Cinema Giovani dall’organizzazione del TFF, vennero come ‘allontanati’ dai luoghi di comando con il supporto delle istituzioni comunali e regionali, e di nuovi sponsor che appoggiarono un progetto più pop del TFF ideato da Alberto Barbera (allora direttore Museo Nazionale del Cinema – oggi direttore del festival di Venezia ndr -) e Steve Della Casa. Fu una sorta di notte dei lunghi coltelli con strascichi polemici che durarono anni, e che la cronaca ha registrato nei dettagli, con la dirigenza del TFF passata per due anni nella mani di Nanni Moretti. Il ‘tradimento’ si consumò all’improvviso e a Torino, in quella splendida fucina di talenti della settima arte, qualcosa s’incrinò.
Avrà avuto una concezione vecchia della materia cinema finchè si vuole, ma Rondolino, assieme al professor Dario Tomasi nel 1995 diede alle stampe un altro volumetto, Manuale del film (Utet) che dovrebbe essere studiato ancora oggi da chiunque prende in mano una macchina da presa, anche digitale. Solo a pagina 169 suggeriamo di leggersi e studiare perbene cos’è lo “scavalcamento di campo” fonte di numerosi errori di girato soprattutto tra improvvisati filmmaker della domenica. Gianni Rondolino lascia la moglie Lia, e il figlio Fabrizio Rondolino – per anni nello staff di Massimo D’Alema e recentemente tra gli spin doctor dell’immagine di Daniela Santanché -, dopo che nel 2013 aveva perso l’altro figlio, Nicola, di professione regista, morto per un infarto. Che quella bottiglia lasciata in mare aperto prima o poi venga di nuovo riaperta da qualcuno.