Politica

Quarto, la lezione di Luciano Gallino in soccorso dei Cinque Stelle

In questo momento i Cinquestelle vivono il loro più difficile passaggio critico. Come si coglie palpabilmente dalle titubanze dei loro portavoce/leader nell’affrontare in maniera coraggiosamente risolutiva la vicenda del comune di Quarto. Trappola che determina reazioni euforiche negli avversari, i quali possono ricamare alla grande sul ritornello “chi lo dice lo è”, a fronte di stati depressivi e rifiuti paranoici della realtà nei fedeli perinde ac cadaver.

Uno come il sottoscritto – che non è né credente né odiatore, bensì dal 2013, ha scommesso (in sintonia con il proprio gruppo) che il M5S può diventare in prospettiva il perno di una svolta politica alternativa al regime paleo-neo-Dc – spera che la situazione risulti una crisi di crescita per il soggetto attualmente sulla graticola. Sempre che vengano operate alcune importanti rettifiche del suo background politico-organizzativo, talvolta bizzarro e oggi sotto accusa. Da qui tre considerazioni, in qualche misura ispirate dalla lettura dell’ultimo saggio (“Il denaro, il debito e la doppia crisi”, Einaudi) di un pensatore che se ne è andato da poco, e che ho sempre molto ammirato. Un severo signore torinese, che di certo non apprezzava le “sbulinature” grillesche: il professor Luciano Gallino. Lettura che consiglio vivamente ai militanti del Movimento che intendano potenziare il proprio spirito critico come chiave per capire la realtà e operarvi efficacemente. Per crescere.

Primo punto: i criteri di selezione dei propri rappresentanti (o proseguiamo nella finzione di chiamarli “portavoce”?). L’ipocrisia dell’uno vale uno sta arrivando al suo punto morto. Del resto, un’affermazione neppure originale: già Lenin affermava che nella società nata dalla rivoluzione sovietica anche una cuoca avrebbe potuto governare. Balle! Ci sono attitudini e competenze che non tutti hanno, ma da cui dipende il successo o meno di un ruolo amministrativo. Vogliamo dirlo? La sindaco Rosa Capuozzo si è rivelata non all’altezza della situazione. Dunque, conferma che i criteri di selezione in essere (sebbene talvolta aggiustati già ora da “manine” dello Staff) devono essere rivisti. Pena ulteriori imbarazzi e delusioni. Come potrebbe succedere presto a Roma e Milano. Sempre che ciò non sia l’aspettativa di qualcuno.

Punto secondo: le categorie. La lezione postuma di Gallino aiuta a inquadrare in un più vasto scenario le ragioni costitutive del Movimento. Gli ultimi decenni sono il tempo di un colpo di Stato planetario: la presa del potere dell’1% di privilegiati, che si accaparra le risorse del restante 99% attraverso lo smantellamento del blocco storico di New Deal e il prosciugamento dello Stato sociale attraverso la precarizzazione. Operazione in due fasi, la prima svoltasi in Usa, la seconda in atto nell’Ue. Operazione intrinsecamente folle (creare un capitalismo basato sul consumo pauperizzando i consumatori), ma che ha prodotto enormi trasferimenti di ricchezza ai piani alti della società. Attorno al 2011 la pubblica opinione mondiale si è parzialmente ridestata dal sonno ipnotico indotto dagli incantesimi del Potere, in larga misura bancario-finanziario, adottando la parola d’ordine dell’indignazione. E in Italia quell’insorgenza si è incontrata con il M5S in stato ascendente.

Il senso del movimento mondale (il G-90, dal numero dei Paesi coinvolti) è quello di contrapporre all’esclusione oligarchico-plutocratica il valore dell’inclusione democratica. Ebbene, anche se non vogliamo usare questi termini screditati dai mestieranti che ne hanno abusato, l’eterna contrapposizione fra Destra e Sinistra. Questo per dire che una visione più attrezzata della politica deve liberarsi delle furbate da marketing politico, l’ecumenismo è un vecchio trucco democristiano e le posizioni sono due: o di qua o di là. Del resto, chi lo nega o è uno sprovveduto oppure risulta fortemente sospetto di destrismo mimetico.

Terzo punto, la politica industriale. Tema a oggi assente nelle carte pentastellari che inseguono la mitica micro-impresa (un richiamo biografico della famiglia Grillo?), ma che si impone nella de-industrializzazione imposta dall’ordine finanziario. In una visione progettuale. E qui scatta la lezione di Gallino: la riscoperta del ruolo critico. Con le parole del saggio, “la critica interrompe il predominante automatismo delle circostanze… promuove la capacità di giudizio, di immaginazione, di resistenza”.

Mentre l’onestà è un prerequisito indispensabile, non un progetto politico.