Ho visto un passaggio del dibattito tra Micaela Campana e Mario Adinolfi sulla questione “unioni civili”, a Omnibus. Un comizio omofobo, in verità, visto che il direttore de La Croce ha per lo più urlato, riportando le solite inesattezze contro le persone Lgbt, le loro unioni e la loro capacità genitoriale. Un profluvio di affermazioni malevole che contribuiscono a quella che Federico Batini – docente di Metodologia della ricerca educativa all’Università di Perugia – chiama “fabbricazione del nemico”.
L’intervento di Adinolfi si snoda su tre temi: il ddl Cirinnà istituzionalizzerebbe l’“utero in affitto”, la reversibilità della pensione prevista porterebbe al caos previdenziale e la società non sarebbe d’accordo con il provvedimento. Partiamo da qui: il nostro Paese è tra i più disinformati in Europa, si legge pochissimo e abbiamo un’agenzia culturale come la chiesa cattolica che spaventa i suoi fedeli raccontando le stesse identiche inesattezze. Ad Adinolfi piace vincere facile, insomma, su questi presupposti. Sappiamo benissimo che la voce del popolo non è di per sé garanzia di bontà politica, o saremmo costretti ad ammettere la giustezza intrinseca delle folle oceaniche inneggianti a Hitler e Mussolini, per fare un esempio. O la condanna a morte di Gesù Cristo, per farne un altro.
Un altro livello di analisi dovrebbe inoltre vagliare la differenza che c’è tra l’esprimersi su un programma politico e sobillare le masse per togliere diritti alle minoranze. Insomma, la questione è molto complessa ed è molto conveniente, al discorso omofobo, operare semplificazioni di questo tipo. Una democrazia, ricordiamolo, è tale quando garantisce protezione e diritti a tutte le sue componenti, non certo quando permette alla maggioranza di decidere su diritti che non la riguardano e su cui è quindi semplice dichiararsi contro.
Al di là di questi aspetti di cultura democratica che, evidentemente, Adinolfi non conosce – e basterebbe già solo questo per renderlo poco credibile – ci sono le falsità a cui si è già accennato. La prima è quella sulla stepchild adoption. Va ricordato che l’omogenitorialità è resa possibile da diversi fattori: le donne lesbiche posso accedere a un donatore, altre coppie possono adottare all’estero, c’è prole (non riconosciuta) da relazioni precedenti e alcuni genitori gay ricorrono alla maternità assistita. Ciò avviene già adesso, senza il ddl Cirinnà. Questi bambini esistono già e in Italia non hanno la garanzia di poter vivere nella famiglia di accoglienza in caso uno dei due partner venisse meno. La legge Cirinnà li tutela in tal senso. Se le stepchild adoption non dovessero passare, noi persone Lgbt continueremo ad avere figli e figlie. Per le persone come Adinolfi è prioritario che, in caso di disgrazia, finiscano in orfanotrofio piuttosto che crescere con l’altro genitore. Poi però, magari, vanno in giro a dire “giù le mani dai bambini”.
Questione pensioni: ad un certo punto si paventa la possibilità che maschi giovani e poveri sposino maschi ricchi e vecchi per avere la reversibilità. Vi do due notizie. La prima: le coppie di gay e lesbiche si formano, nella stragrande maggioranza, per questioni affettive, esattamente come per gli eterosessuali. La seconda: esattamente come per le coppie di sesso opposto, potrebbero verificarsi casi di unioni per interesse. Essendo molte di più le persone eterosessuali, tuttavia, il rischio sarebbe maggiore per queste ultime. Togliamo loro la pensione allora? Seguendo tale logica… Resta infine il discorso, aberrante, per cui due gay in quanto tali si metterebbero insieme per depredare la finanza pubblica. Retorica già usata dai regimi fascisti, in passato, contro altre minoranze descritte come pericolose per la tenuta sociale. Sempre a proposito di “fabbricazione del nemico”…
Ricordo infine che Adinolfi è quel giornalista che portò, come argomento principe della sua contrarietà contro le unioni tra gay, il caso di Bill e Norman: padre e figlio adottivo, una volta riconosciuto il matrimonio egualitario, decisero di sposarsi. E vai di abominio. Un lettore gli fece però notare al rappresentante antigay che i due erano pensionati omosessuali che stavano insieme da moltissimi anni. Avevano ricorso all’adozione, allo scopo di salvaguardare i loro diritti patrimoniali, proprio perché gli Usa non riconoscevano la loro unione. Approvata la legge, avevano quindi deciso di sposarsi regolarmente. La sua malafede sull’argomento, insomma, ha solidi presupposti. Tutti sbagliati, per altro. Rimane un mistero la ragion per cui un personaggio così poco trasparente su tale questione sia considerato un interlocutore in un dibattito che riguarda la vita e la felicità di migliaia di persone e delle loro famiglie.