La privatizzazione delle Ferrovie dello Stato sarà realizzata “valorizzando la holding”. Cioè quotando in Borsa il 40% della capogruppo ora in mano al ministero dell’Economia. Nonostante in questo modo, secondo l’ex presidente Marcello Messori, ci sia il rischio di una svendita. A chiarirlo, durante un’audizione nelle commissioni Trasporti della Camera e Lavori pubblici del Senato, è stato il titolare del Tesoro Pier Carlo Padoan. La proprietà della rete, cioè i binari, rimarrà comunque “pubblica”, fermo restando “che esiste una separazione tra proprietà della rete e gestione della rete”, ha detto il ministro, intervenuto nel giorno in cui è arrivato all’esame del Parlamento il decreto che ha dato il via libera alla procedura di cessione. “Il modello di valorizzazione della holding è quello più efficiente, come dimostrato anche da altre realtà consolidate come Enel, Eni e le stesse Poste“, ha sostenuto Padoan. E anche “la mia valutazione personale”, ha aggiunto, “è che è meglio la privatizzazione della holding e non di segmenti perché temo altrimenti si possa verificare un fatto paradossale. Se si privatizza solo l’Alta velocità ci sarebbe l’elevato rischio di fermarsi lì e di perdere una parte dei gioielli di famiglia e perdere l’occasione di portare ai livelli decisamente più alti di quelli attuali gli altri segmenti del trasporto che invece sono parte dell’obiettivo strategico”.
L’inquilino di via XX Settembre non si è però sbilanciato sugli introiti che conta di ricavare dalla quotazione: “Non so quanto si pensa di incassare“, ha affermato. “L’obiettivo è arrivare al momento in cui, ritenuta soddisfacente l’evoluzione del piano industriale e ottenuti i primi risultati, si decide di entrare nel mercato con regole finanziarie”. I ricavi andranno al “fondo di ammortamento dei titoli di Stato” e saranno destinati alla “riduzione del debito pubblico“. Ma l’obiettivo, stando a quanto detto Padoan, “non è solo fare cassa”. La privatizzazione ha un duplice obiettivo: “Con una quotazione sul mercato un’impresa si espone a un sistema di incentivi all’efficienza che altrimenti non avrebbe” e ha “la possibilità di accedere a forme di finanziamento che in questo momento sono negate”.
Se sulle cifre, così come sui tempi, è rimasto sul vago, Padoan è stato invece incisivo nel criticare Messori e l’ex amministratore delegato di Fs Michele Mario Elia: ha detto infatti che il cambio al vertice del gruppo (“il vecchio cda è stato azzerato e ha lasciato il posto a uno nuovo”) “riflette anche la valutazione di una gestione da parte del management non efficiente non solo ai fini della privatizzazione, ma anche della gestione ordinaria“. L’economista Messori, che ha presieduto il gruppo dal maggio 2014 allo scorso novembre, in un documento inviato proprio al ministro aveva rilevato che privatizzare Fs senza togliere dal perimetro la rete, che nel bilancio del gruppo vale 30 miliardi, permetterebbe di incassare non più di 3,5-4 miliardi contro gli 11 potenziali.
Infine gli auspici sui servizi offerti ai cittadini: “Quando penso all’efficientamento dell’impresa – ha spiegato – penso a un processo che può migliorare l’Alta velocità ma che si dedica anche a migliorare altri segmenti meno efficienti, ottenendo risultati tangibili”. Investire “nei segmenti poveri” come il trasporto locale “è utile in sé perché migliora il servizio ed è funzionale alla privatizzazione perché valorizza l’intero sistema”. Insomma, “bisogna migliorare e di molto la qualità servizio che viene data a cittadini e pendolari” ma l’Alta velocità “italiana è la migliore d’Europa, speriamo di vederne di più”.