Politica

Renzi sui Rolex: “Ne ho solo uno, è un regalo di amici”. Ma resta il mistero sui restanti cronografi

A quattro giorni dal racconto del parapiglia scatenato a Ryad dai delegati italiani per gli orologi da migliaia di euro, Palazzo Chigi comunica la sua versione dei fatti: i doni sono stati consegnati ai diretti destinatari a Roma. Ma i dipendenti pubblici non possono accettare regali di valore superiore ai 150 euro. Sinistra Italiana annuncia un'interrogazione al premier

A quattro giorni dall’inizio del racconto del Fatto sul parapiglia dei delegati italiani a Ryad per i Rolex dei sovrani sauditi e dopo le domande inevase sugli orologi sfoggiati da Matteo Renzi in questi anni al governo, Palazzo Chigi comunica finalmente la sua versione.

CAPOTOLO 1: IL COLLEZIONISTA
Fonti autorizzate del governo ammettono che il fiorentino possiede un Rolex: è un regalo di amici (non precisati), non di colleghi di altri paesi. A un anno e due mesi dall’apparizione alla Leopolda del 2014 attorno al polso di Renzi, Palazzo Chigi non rivela la provenienza del lussuoso Audemars Piguet Royal Oak, valutato sui 15mila euro da un esperto che dirige una rivista di settore. Fa soltanto notare che non arriva da Mosca. Il premier aveva incontrato Vladimir Putin una settimana prima a Milano e già allora ci furono dei sospetti. Il presidente russo è celebre per doni di quel tipo. Il terzo orologio, indossato a una presentazione del libro di Massimo D’Alema (marzo 2014), è un cronografo con cassa in acciaio: le fonti di Palazzo Chigi assicurano che non è un Rolex Daytona, ma non ne specificano il modello e l’origine. Come per gli altri esemplari immortalati.

CAPITOLO 2: ARABIA SAUDITA
Le stesse fonti non smentiscono la ricostruzione del Fatto Quotidiano, cioè la baruffa a Ryad nella delegazione italiana al palazzo reale di re Salman (novembre 2015) per strappare il prezioso congegno svizzero. Ma sottolineano che la scorta di Renzi ha raccolto e requisito i doni. Poi, a Roma, è avvenuta la distribuzione ai destinatari. Già, ma è lì che qualcuno ha violato le regole. Non è petulanza ricordare che la procedura applicata dalla sicurezza del premier non è prevista da alcuna normativa: il compito spetta al Cerimoniale e, soprattutto, i dipendenti pubblici non possono accettare omaggi di valore superiore ai 150 euro (direttive Monti 2012 e legge Patroni Griffi 2013), che diventano 300 per premier, ministri e familiari (decreto Prodi 2007). Il governo ripete che i regali degli arabi sono “nella disponibilità di Palazzo Chigi”. Ma da quando? In due mesi, le cose s’aggiustano. Il 10 novembre, al rientro a Roma da Ryad, il capo del Cerimoniale rammentò ai dirigenti e ai funzionari i limiti fissati dalla legge senza menzionare i Rolex con un’apposita circolare (ne abbiamo una copia, ndr). Da quel momento iniziò la restituzione. Almeno fra il personale di Chigi. Il guaio è che i doni non devono proprio essere assegnati, ma custoditi fin da subito in uno stanzone per andare in beneficenza. La figuraccia internazionale è indelebile. Agli errori si può rimediare.

CAPITOLO 3: LA POLITICA
Le fonti fanno anche sapere che il pacco ricevuto da Renzi a Ryad si trova a Palazzo Chigi (e nessuno l’ha messo in dubbio). E nulla eccepiscono sulla bicicletta Shimano del governo giapponese: il premier l’ha utilizzata in vacanza, anche se sfonda il tetto di 300 euro stabilito da Prodi. Ora, però, i fatti di Ryad entrano in Parlamento. Sinistra Italiana annuncia un’interrogazione al premier. E Renzi promette che a fine mandato ci sarà un elenco con i regali di Stato: quelli che restano al governo (arredi, tappeti) e quelli che vanno all’asta. Ha ancora un po’ di tempo per rimettere in ordine lo stanzone del palazzo. Sul futuro si può intervenire. Sul passato no.

Da Il Fatto Quotidiano dell’11/01/2016