La Turchia reagisce sul fronte interno dopo l’attentato che a Istanbul che ha ucciso 10 turisti tedeschi (la conferma è arrivata da Berlino) e ferito 15 persone. Le autorità di Ankara hanno arrestato altri 4 sospetti per presunti legami con l’attentatore kamikaze dell’Isis. Un altro sospetto era stato fermato il giorno della strage. Una delle persone fermate è una donna, che sarebbe legata all’Isis. Secondo altre fonti, poi, il kamikaze che si è fatto esplodere aveva chiesto asilo in Turchia il 5 gennaio, una settimana prima dell’attacco. Il terrorista è stato identificato come Nabil Fadli, nato nel 1988: si sarebbe presentato accompagnato da quattro persone in un centro per richiedenti asilo di Istanbul. Martedì un portavoce del governo aveva indicato che l’attentatore suicida era di origine siriana, mentre l’agenzia Dogan, citando fonti di polizia, lo ha identificato come Fadli, saudita entrato dalla Siria. Secondo il premier Ahmet Davutoglu lo Stato islamico potrebbe essere solo “una pedina” nell’attentato a Sultanahmet: e si indaga su presunti “attori segreti dietro l’attacco” che avrebbero usato l’Isis come “subappaltatore”. Il riferimento, tra gli altri, sarebbe al presidente siriano Bashar al Assad. Davutoglu ha poi confermato che “è stato rilevato un legame con Daesh” del kamikaze entrato in azione.
Intanto almeno 65 persone sono state fermate nelle ultime 24 ore in diverse località della Turchia con l’accusa di avere legami con lo Stato Islamico. Fra loro, anche tre cittadini russi, arrestati ad Antalya: sarebbero accusati di aver fornito supporto logistico ai jihadisti. Non è chiaro se per gli investigatori possano anche aver avuto un ruolo nella preparazione dell’attacco. La polizia ha anche sequestrato documenti e altro materiale nelle perquisizioni nei luoghi legati ai sospetti.
Altre sei persone sono state arrestate nella zona di Izmir, con l’accusa di essere impegnate nel reclutamento di jihadisti, ha reso noto l’agenzia Dogan. Nell’operazione delle forze di sicurezza turche sono stati sequestrati documenti e armi. Sempre la Dogan aveva reso noto ieri il fermo di 22 presunti militanti dell’Is, tutti di nazionalità siriana, in operazioni nella provincia meridionale di Sanliurfa e altri nove sospetti, compresi tre siriani, nella provincia di Mersin, sempre nel sud del Paese. Inoltre, stando all’agenzia ufficiale Anadolu, altri 16 militanti dell’Is – 15 siriani e un turco – erano stati arrestati nella capitale Ankara.
Nell’ultimo mese l’intelligence turca aveva lanciato due allarmi a tutte le forze di sicurezza del Paese su possibili attacchi dell’Isis su vasta scala a turisti e stranieri. Lo riportano stamani i media locali, indicando che gli avvisi – datati 17 dicembre e 4 gennaio – allertavano sull’intenzione di diversi jihadisti entrati dalla Siria di condurre attacchi contro obiettivi turistici e contro le rappresentanze diplomatiche in Turchia dei Paesi Nato coinvolti nella guerra al Califfato. Lo ha fatto sapere il quotidiano Hurriyet: “L’organizzazione terrorista Daesh (acronimo arabo per Stato islamico, ndr) sta pianificando azioni con attentatori suicidi contro non musulmani che vivono in Turchia, cittadini stranieri, regioni turistiche, luoghi fortemente visitati da stranieri, ambasciate, consolati o centri Nato“, si legge nella nota datata 17 dicembre redatta dall’Organizzazione d’informazione nazionale Mit e diffusa dal quotidiano.
La nota era stata distribuita ai corpi di sicurezza e alle unità antiterrorismo delle due città ritenute bersaglio e ai posti di polizia di frontiera. Un nuovo avvisto, diffuso il 4 gennaio, aveva poi avvisato i Paesi stranieri tra cui Germania, Olanda e Francia del rischio di attacchi, fornendo i nomi di 13 potenziali attentatori suicidi.