Perché non ne ho scritto subito, ma ho volutamente aspettato qualche giorno? Perché quello che scrivo ritengo non abbia valore in seguito ai fatti di Colonia, questi gli danno risalto certamente, ma i problemi che la vicenda pone hanno una pregnanza che prescinde dal singolo episodio, per quanto deprecabile. E mettetevelo bene in testa: Colonia evidenzia il problema, non lo crea.
Cosa accade, nell’immaginario comune, quando avvengono casi in cui delle donne vengono ad essere oggetto di pesanti molestie e soprusi da parte di uomini? Non scriverò della vicenda prendendo in esame alcuni aspetti sicuramente degni di approfondimento come i suoi collegamenti con il fenomeno migratorio e le possibili mistificazioni riportate dai media. C’è chi ha molta più competenza di me per farlo, lo ha fatto e lo farà. Quello che a me interessa è invece il vissuto della gente al riguardo.
Il coro unanime è di condanna, non è possibile trovare chi da questa posizione si discosti, e questo ovviamente è un bene. Le vicende di Colonia non trovano giustificazione, a mio avviso, sotto due aspetti: il fatto che ci sia chi li ha compiuti tranquillamente e il fatto che, se sono accaduti, c’è chi non è stato in grado di prevenirli e contrastarli, nonostante le risorse a disposizione. Un terzo aspetto in ombra e che lascia perplessi è l’invisibilità del resto degli uomini presenti in quella piazza. Quelle donne, saranno state accompagnate da padri, fratelli, fidanzati, mariti, amici. Dov’erano? Non che voglia dire che sarebbe stata auspicabile una sorta di lotta di strada, ma non trovo spiegazione del “silenzio” di quegli uomini quella notte. E’ vero che un migliaio di maschi sprezzanti, ubriachi e solidali tra loro possono spaventarne altrettanti usciti con il solo intento di passare una serata di divertimento, ma che non ci sia stato, che mi risulti, qualche uomo tedesco che si sia opposto in modo forte (tanto da farne notizia quantomeno) certamente spiazza. Ma io non c’ero, è facile parlare da qui, il mio non vuole essere un puntare il dito, ma solo prendere atto di un qualcosa che comunque sorprende e fa riflettere.
Torniamo alla legittima condanna di un’azione così riprovevole. Una donna è stata violentata durante quella notte, una donna che non potrà più passare un Capodanno senza ricordarlo come l’anniversario del suo stupro. La collettività accoglie la notizia quindi offesa, indignata, quasi pronta a prendere la forca in mano se necessario. La gravità di quanto accaduto a Colonia e la rabbia che ne è conseguita però non cancella quanto, indipendentemente da quella notte, rimane ancora da fare per la parità di genere. Colonia o meno, oggi nel 2016 una donna non ha la stessa libertà di un uomo di girare per strada la notte, per dirne una, e di questo siamo responsabili tutti, non di certo solo gli aggressori della città tedesca. Questo non è meno vero, per una donna, questa sera stessa, nonostante le rinnovate condanne di ogni forma di aggressività maschile, se si decidesse ad uscire da sola. Deve stare attenta!
Allora la speranza è quella che la drammaticità di certi eventi, oltre la condanna, porti anche il pensiero del cambiamento, che non si esprime attraverso l’indignazione in rete o al bar o pensando di dover “proteggere” le donne come se fossero esseri deboli e indifesi e quindi avere pronta una bella scusa per aumentarne il controllo, non è col possesso che si acquista sicurezza.
Il cambiamento passa proprio attraverso il pensiero perché esso apre alla possibilità. Pensare il possibile è già cambiamento perché solo una volta pensato si trasforma in azione.
Non abbiamo bisogno di proteggere le “nostre” donne, dobbiamo lavorare quotidianamente per arrivare ad avere la certezza che non ci sia più alcun bisogno di proteggere nessuno.