Spedizioni punitive contro cittadini del Bangladesh. Violenze, vessazioni. Un “rigoroso indottrinamento”. Tour che facevano parte delle “iniziative” della sezione di Forza Nuova di via Lidia, a Roma. E’ il centro dell’inchiesta della Procura di Roma e del Ros dei carabinieri che da due anni ha messo sotto indagine 13 persone accusate ora a vario titolo di associazione finalizzata all’incitamento alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, oltre che di minacce, lesioni, detenzione di armi da fuoco e altro. I carabinieri hanno effettuato una serie di perquisizioni tra Roma, Ferrara e Chieti. E ora emergono alcuni dettagli dell’operazione chiamata “Banglatour”. I 13, secondo i magistrati, sono tutti “accomunati da una vocazione ideologica di estrema destra nazionalsocialista“. E per questo sostenevano le tesi negazioniste dell’Olocausto e quelle sulla superiorità della cosiddetta “razza bianca“. Un brodaglia culturale nella quale si inseriscono le aggressioni agli stranieri: “Almeno una cinquantina” tra novembre 2012 e novembre 2013.
Quattro dei 13 sono, ritenuti “capi”, accusati di aver promosso e diretto “un gruppo avente lo scopo di incitare alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali e religiosi”. Si servivano soprattutto di profili facebook, diffondevano “idee fondate sulla superiorità della razza bianca e sull’odio razziale ed etnico”. E’ in questo contesto e con queste finalità che sono stati compiuti, secondo investigatori e magistratura, le violenze nei confronti dei bengalesi. E proprio sulla Rete venivano avvicinati i minorenni, per “insegnare” le ideologie estremiste, xenofobe, razziste e reclutarli come picchiatori del “Banglatour”.
I quattro presunti capi del gruppo, sempre secondo l’accusa, hanno istigato i frequentatori della sede di Forza Nuova di via Lidia a commettere vari atti razzisti: cori inneggianti alla presunta superiorità della razza bianca, striscioni negazionisti e, appunto, le aggressioni “collocate all’interno di un più ampio fenomeno di raid squadristi ad opera di centinaia di giovanissimi militanti dell’ultradestra capitolina”. Nel decreto di perquisizione si cita anche un articolo di Repubblica, del novembre 2013, in cui si parla proprio dei raid che partivano dalle sedi di Forza Nuova e si riferiscono i racconti dei protagonisti – molti dei quali minori – secondo cui l’immigrato del Bangladesh è un obiettivo perfetto “perché non reagisce e non denuncia“. Le aggressioni vengono descritte come “un pestaggio ‘terapeutico’ e ‘ideologico’. Un massacro che ‘ti scarica i nervi e la tensione’ e che racchiude un credo, quello di combattere l’immigrazione”.
Ma non c’erano solo spedizioni punitive nei confronti di cittadini del Bangladesh. Negli atti dell’indagine vengono ricostruiti anche i sistemi di “indottrinamento violento” per “assicurare il rispetto delle regole interne al gruppo e consolidarne le gerarchie”. A questo è servito, secondo i pm, un “rito punitivo” avvenuto nell’ottobre del 2014 contro alcuni militanti ritenuti responsabili di una violenza sessuale e dell’uso di droga. La violenza sarebbe avvenuta nel settembre di quell’anno, nei confronti di una ragazza, ex appartenente di Casapound e poi militante di Forza Nuova, da parte di un “camerata”, durante una festa nella quale sarebbero stati anche consumati stupefacenti. Per punire i responsabili – sia quello dello stupro, sia altri tre rei di “condotte non conformi alle regole del gruppo”, accusati di “mancanze caratteriali e comportamentali” – il primo ottobre 2014 si tiene il rito punitivo. I militanti si danno appuntamento in un casale e lì si dispongono a semicerchio, “con i soggetti responsabili di violazioni in ginocchio, i quali vengono sottoposti a umiliazioni e percosse da parte degli anziani del gruppo”, due persone, che “agivano incappucciate“. Un “trattamento particolare” viene poi riservato all’autore dello stupro poiché, “oltre a percuoterlo, gli veniva esploso un colpo d’arma da fuoco vicino all’orecchio, gesto – scrive la procura – che doveva servire da monito anche a tutti gli altri”.