L’«Allegoria ed effetti del Buono e del Cattivo Governo» di Ambrogio Lorenzetti è un ciclo di affreschi che l’artista realizzò, nel Trecento, per il Palazzo Pubblico di Siena. L’intento principale è quello di porre in evidenza il legame tra buona amministrazione della cosa pubblica e benessere per il popolo. Così, l’Allegoria del Cattivo Governo si configura come un uomo nerovestito con le corna in testa. Certo, se fosse così facile riconoscere i cattivi amministratori, forse, le cose sarebbero di gran lunga più facili, per cittadini ed elettori. Ma le corna, si sa, sono invisibili e dobbiamo avvalerci di studi e dati statistici.
Mi è tornata alla memoria quest’opera nell’apprendere i recentissimi risultati presentati da Svimez sulla qualità della pubblica amministrazione in Italia. Lo studio, dal titolo “Measuring Institutional Quality in Italy”, curato dai docenti Annamaria Nifo e Gaetano Vecchione, analizza le performance di regioni e province italiane negli anni 2004-2012 sulla base dell’IQI, Institutional Quality Index, un indice messo a punto dagli autori, che tiene conto di: partecipazione (associazionismo, acquisti in libreria, partecipazione al voto, etc.), efficacia dell’azione di governo (raccolta differenziata, dotazione strutture sociali ed economiche, etc.), qualità della regolamentazione (dipendenti pubblici, mortalità e qualità della vita delle imprese), certezza del diritto (tempi dei processi, evasione fiscale, sommerso etc.), corruzione (reati contro la pubblica amministrazione, commissariamento dei comuni, etc).
L’indice (IQI) che ne scaturisce, variabile tra 0 e 1, pone in risalto, ancora una volta, l’esistenza di un gap di qualità delle istituzioni tra le regioni del Centro-Nord e quelle del Sud. Nel 2004 la migliore qualità si è registrata in Toscana, che, con un valore di 0,9 occupa il primo posto della classifica. La prima regione meridionale si trova solo al 12° posto su 20, ed è l’Abruzzo, con un valore di 0,6. Non vanno bene le altre regioni meridionali, in base all’IQI, visto che la Puglia era a 0.47, la Campania a 0,32, la Calabria a 0,14.
Stando ai dati riportati nello studio, nel 2012 la Toscana si conferma la regione italiana con la qualità delle istituzioni più alta, con un valore di 0,8. L’Abruzzo sale dal dodicesimo al nono posto. La Lombardia scende dal secondo al decimo posto, con IQI pari a 0,71.
Non cambia molto per le regioni meridionali: la Sardegna al 14° posto (0,45), la Puglia al 15° (0,41) con la Basilicata, seguiti dalla Campania (0,36), Molise (0,25), Sicilia (0,22) e Calabria (0,09).
La spaccatura emerge analizzando anche i dati delle province: in questo caso, le prime province del Mezzogiorno compaiono in classifica a partire dalla 52ma posizione.
Secondo Svimez, per rimediare a questo gap occorrerebbe impiegare in maniera virtuosa e mirata i fondi politiche di coesione 2014/2020 per finanziare una riforma della Pubblica Amministrazione al Sud, perché “il gap Nord-Sud in questo ambito incide in misura significativa sulle reali potenzialità di sviluppo economico e aggrava le condizioni di disuguaglianza e sofferenza sociale, tra le aree del Paese”.
Svimez sottolinea che, per quanto i fondi per le politiche di coesione costituiscano indubbiamente una rilevante opportunità, l’efficienza della pubblica amministrazione non spetterebbe alle politiche aggiuntive, ma alle politiche pubbliche ordinarie e generali.
Non mi sorprende, inoltre, scoprire che soprattutto nelle regioni meridionali si legge pochissimo. Lo dice Istat, in modo drammaticamente chiaro. “Le dimensioni della non lettura indicano una vera e propria emergenza nel nostro paese. Da oltre quindici anni, al di là delle oscillazioni di breve termine, la popolazione dei non lettori è ancorata a una quota pari a circa il 60% delle persone di 6 anni e più, e non si vedono segnali di ripresa”.
Secondo Ocse, inoltre, la “literacy” degli italiani, mediamente, è assai più bassa rispetto alla media dei paesi partecipanti all’analisi. Siamo fanalino di coda. Essa esprime la capacità di leggere e comprendere adeguatamente un testo. Nel nostro paese, sempre secondo Istat, “I non lettori rappresentano oltre la metà della popolazione in ben 14 regioni su 20; il primato negativo nella graduatoria regionale spetta a Campania (71%) e Puglia (70,2%), che presentano quote superiori ai due terzi dei residenti”. E si scopre anche che “la maggior parte delle 13.457 biblioteche attive in Italia nel 2014 (49,2% del totale, 6.618 in valore assoluto) ha sede nelle regioni del Nord il 21,4% (2.882) al Centro e il 29,4% (3.957) nel Mezzogiorno”.
Non riesco a non cogliere un legame tra gli esiti dei due studi. Occorre presidiare il territorio del Mezzogiorno. Ma non con le armi: occorrono biblioteche e librerie!