Anche se la lista dei dem dubbiosi si è ridotta da 36 a 26, dati alla mano la maggioranza anomala con i 5 Stelle al posto di Ncd è venuta meno: 158 contro i 161 necessari. Il soccorso potrebbe arrivare però dai verdiniani e dai liberal di Forza Italia, nonostante il "no" imposto da Berlusconi
Ora i numeri sulle unioni civili traballano davvero. Dopo la lista dei senatori del Pd che potrebbero votare contro il ddl Cirinnà pubblicata dal sito Gay.it, infatti, Matteo Renzi non può più dormire sonni tranquilli sui numeri a Palazzo Madama. Sulla carta, infatti, la maggioranza trasversale favorevole alle unioni civili compresa la stepchild adoption era composta da 170 senatori. Numero più che sufficiente all’approvazione, ma con una maggioranza diversa da quella di governo, con il Movimento 5 Stelle al posto di Ncd.
Così, ieri, quando il sito ha pubblicato 36 nomi di senatori Pd dubbiosi o contrari alla legge a Renzi deve essere preso un colpo. Nel corso della giornata, però, tra smentite e precisazioni, i nomi sono scesi a 26. Che comunque non sono abbastanza. Il Pd, infatti, a Palazzo Madama conta su 112 senatori. Meno 26 si arriva a 86. A questi vanno aggiunti i 35 esponenti dei Cinque Stelle, i 12 su 17 che in Ala si sono detti favorevoli, 4 di Gal, 14 del gruppo misto (tra cui tutti i senatori di Sel, gli ex grillini e Benedetto Della Vedova) e 5 senatori di Fi che si sono espressi a favore. Totale: 158. Al di sotto della fatidica soglia di 161, la maggioranza assoluta a Palazzo Madama.
Restano però due incognite. La prima sono i verdiniani, che alla fine potrebbero votare tutti a favore. Se arrivasse un’esplicita richiesta da parte di Renzi, infatti, difficilmente Denis Verdini potrebbe dire di no. E uno come Vincenzo D’Anna, che si è sempre detto contrario, potrebbe convincersi. A fare proseliti potrebbero essere i due nuovi acquisti, Sandro Bondi e Manuela Repetti. Altra incognita è Forza Italia: se prima vigeva la libertà di coscienza assoluta, ora Berlusconi ha annunciato il no del suo partito, seguito a ruota da Renato Brunetta. Se il partito azzurro lascerà libertà, i 5 forzisti a favore potrebbero addirittura aumentare. Proprio nel partito azzurro, del resto, il diktat di Berlusconi ha provocato malumori nella parte più liberal del partito. Una come Stefania Prestigiacomo, per esempio, si è sempre detta favorevole alla legge. E anche Mara Carfagna è per il sì, con qualche paletto.
In un pomeriggio, dunque, la maggioranza che sulla carta esisteva a Palazzo Madama non c’è più. E a questo punto a Renzi toccherà giocare su due tavoli. Da una parte cercare di convincere i malpancisti del suo partito, dall’altra fare un po’ di campagna acquisti tra verdiniani e Gal. In fondo deve trovare solo tre senatori. L’impresa non è impossibile. Anche se qualche maligno sussurra che potrebbero mancare voti anche dai grillini solo per far fare una figuraccia al Pd. Ma sono solo voci.
Insomma, se prima le unioni civili non turbavano i sonni del premier, ora con i numeri così traballanti potrebbero diventare un problema serio per Renzi. Che pensava di avere già in cassaforte il risultato. E invece ora dovrà sudarselo.