Diritti

Unioni civili, la posizione del Pd è confusa e omofoba

unioni civili 675La legge sulle unioni civili è entrata nel vivo. Diverse le indiscrezioni trapelate nelle ultime settimane sui maggiori quotidiani nazionali, di segno anche opposto tra loro. Repubblica ha dato voce a chi era contrario alla stepchild adoption, confondendola con la pratica dell’utero in affitto. Il Corriere e la Stampa hanno riportato le dichiarazioni di Monica Cirinnà e Micaela Campana, determinate a portare avanti il ddl comprensivo non solo dei diritti economici e assistenziali, ma anche della possibilità da parte del/la partner di adottare la prole del genitore biologico. In questo contesto, si sono registrati aspri scontri dentro il Pd, come quello tra Silvia Costa, eurodeputata, e Cristiana Alicata, renziana di ferro, proprio sull’omogenitorialità.

Le unioni civili interrogano più la politica parlamentare che la società che più di una volta, stando ai sondaggi, si è detta favorevole al riconoscimento delle coppie omosessuali. Segno evidente di come il nostro Paese sia ancora attraversato da sentimenti contrastanti. Si pone la questione se assecondare la pancia di certo elettorato più retrivo (a costo di discriminare le persone Lgbt), oppure se fare una scelta coraggiosa e affermare l’uguaglianza formale di tutti i cittadini e le cittadine di fronte alla legge. Opportunismo politico contro giustizia sociale, in altre parole. Vedremo la piega che prenderà il Parlamento nelle prossime settimane. Di certo aiuterebbe se Renzi non perseguisse il metodo pilatesco adottato, per cui a parole si dice a favore delle famiglie di gay e lesbiche per poi lasciarle all’arbitrio delle correnti di partito.

È il tema della genitorialità di gay e lesbiche, poi, che diviene divisorio. Di fronte a questo, deputati e senatori mostrano intenzioni inevitabilmente discriminatorie. Le persone Lgbt hanno e continueranno ad avere figli: con la donazione del seme, secondo metodi più tradizionali, con la Gpa all’estero, ecc. Questo stato di cose c’è già e prescinde dall’approvazione del ddl Cirinnà. Anche quando non dovesse essere ratificata l’adozione della prole del partner, le persone omosessuali continueranno ad avere e ad allevare i loro bambini e le loro bambine.

Studi trentennali, peraltro, dimostrano che non c’è differenza alcuna tra figli allevati in contesti eterosessuali e quelli cresciuti in nuclei omogenitoriali. E centinaia di giuristi hanno firmato un appello per sostenere la causa delle stepchild adoption. Scienze sociali, psichiatria, scienze giuridiche definisco un quadro positivo circa la genitorialità omosessuale. Di fronte a tutto questo, è evidente che le polemiche sulla questione siano relative non tanto al benessere del minore, ma alla natura della relazione dei conviventi omosessuali.

L’affido rafforzato, soluzione proposta dai/dalle parlamentari di fede cattolica, non mira infatti a garantire i diritti dei bambini e delle bambine di gay e lesbiche. Il minore, non potendo essere adottato dal compagno del genitore biologico, potrebbe essere esposto a rischi non indifferenti. In caso di separazione della coppia, il genitore putativo perderebbe ogni diritto ma anche ogni dovere di tutela nei suoi confronti (pensiamo al mantenimento del minore). In caso di morte del genitore non biologico, non sarebbero riconosciuti i diritti successori. Se dovesse morire il genitore naturale, invece, il bambino rischierebbe di essere allontanato dal nucleo familiare in cui è nato e cresciuto. Sembra quindi che la preoccupazione dei senatori cattolici non sia quella di tutelare i bambini, ma di rendere le famiglie di gay e lesbiche, proprio perché tali, quanto più possibile diverse rispetto a quelle eterosessuali. In una parola soltanto: discriminazione.

Gli sforzi prodotti in questi giorni, i tentativi di ulteriori mediazioni al ribasso, il balletto di dichiarazioni e la disinformazione circa la differenza tra Gpa (che è legale e che nei paesi dove è praticata non genera sfruttamento) e “utero in affitto” sono indicativi, infine, di un profondo malessere tutto interno al Pd. Il partito non ha fornito una linea univoca come invece ha fatto con altri provvedimenti (si pensi al jobs act e alla cosiddetta “buona scuola”) e sul piano dei diritti delle persone Lgbt si qualifica come soggetto politico confuso e di fatto omofobo. Ciò è dimostrato sia dalla condotta del premier – che si riduce a un laissez faire dei parlamentari, anche a rischio di bocciare norme di importanza strategica per la qualità della vita delle famiglie omogenitoriali – sia dagli sforzi frenetici delle maestranze cattoliche, minoritarie sulla carta ma che di fatto stanno tenendo banco nel dibattito in corso.

Questo il quadro che accompagna la legge che verrà discussa a fine mese dai nostri rappresentanti. Un paese avanzato meriterebbe una qualità politica maggiore quando si affrontano questioni qualificanti di giustizia sociale. Al di fuori di questo resta solo la pancia del paese.