“Non voglio fare il martire, sono uno che ha pagato la sua pena come è giusto che sia e avendo conosciuto un mondo vuole occuparsene e e fare qualcosa di utile per i detenuti”. Così Totò Cuffaro spiega la genesi del suo libro (Compagnia editoriale Aliberti). ‘L’uomo è un mendicante che crede di essere un Re’, presentato giovedì sera alla libreria Arion di piazza Montecitorio. Cuffaro racconta la sua esperienza di detenuto, in cella per favoreggiamento a Cosa Nostra, senza omettere la sua storia politica di ex governatore della Sicilia e senatore della Repubblica. L’ideatore della collana è Giorgio Poidomani, amministratore delegato del settimanale ‘Left’, volontario per Antigone nel carcere di Rebibbia a Roma e direttore del giornale-radio realizzato dai detenuti. Lì ha conosciuto Cuffaro. “Mi ha detto un giorno: ‘So che sei comunista e odi i democristiani, ma voglio fare anch’io la radio’, io gli dissi che sbagliava e che era più che ben accolto. In carcere ci si bacia e abbraccia molto e all’inizio avevo timore, ero davanti al Totò vasa-vasa” scherza Poidomani. Davanti alla platea l’ex presidente della Regione Siciliana s’infervora: “L’Italia è un Paese ipocrita, in carcere per suicidio muoiono più persone che per sedia elettrica – continua – dove la pena di morte è prevista. Si lascia ai detenuti il compito di togliersi la vita. Che Paese è quello in cui si prevede la riabilitazione ma c’è l’ergastolo ostativo”. “Io con responsabilità ho accettato la sentenza della magistratura, ma non significa che la condivida – ha detto poi a ilfattoquotidiano.it -, non credo di aver commesso questo reato, non sono un colluso con la mafia, anzi l’ho sempre combattuta” spiega ancora. La fede, la famiglia, gli affetti lo hanno aiutato a superare il momento difficile. “Marco Follini il giorno dopo il mio arresto era davanti alla porta della mia cella, sembrerà banale ma non lo è” dice con un groppo in gola. Verso Pier Ferdinando Casini (Udc), grande sostenitore dell’ex governatore della Sicilia quando era in sella, ci tiene a precisare: “Non è vero che mi ha abbandonato. Anzi è venuto a trovarmi diverse volte durante il periodo di detenzione”. Poi chiosa: “Ai siciliani chiedo scusa per quello che reputo di aver fatto male, non accetterò mai l’accusa infamante di essere un colluso. A chiunque esce dal carcere, come dice la nostra Costituzione, bisogna dare un’altra chance. Ma vi rassicuro: non voglio un’altra chance in politica”