Di sicuro il daje pronunciato da Ignazio Marino come slogan della campagna elettorale del 2013 a lui verrebbe molto meglio. Roberto Giachetti, infatti, è romano, non è nato a Genova come il suo predecessore, e l’accento c’è tutto. E ha scelto proprio quartiere dove è nato e cresciuto, il Gianicolo, come location per annunciare ufficialmente la sua candidatura alle primarie del Pd per il sindaco di Roma. 

Giachetti è un mix tra l’uomo di Palazzo e il gruppettaro. Nascendo politicamente nel Partito radicale, di cui ha ancora la tessera in tasca, è cresciuto a suon di spinellate in piazza e scioperi della fame e della sete. Che ha usato come strumento di lotta politica anche dopo essere passato nella Margherita, prima, e nel Pd, poi. Nel 2002, per esempio, con Marco Pannella si privò di cibo e di acqua per sollecitare il Parlamento a eleggere i due giudici costituzionali mancanti. Nel 2004 altro sciopero per ottenere la calendarizzazione in Aula del ddl Frattini sul conflitto d’interessi. Nel 2007 scioperò invece affinché venisse decisa la data dell’Assemblea costituente del Pd. Successivamente si è imbarcato in due estenuanti scioperi della fame, il primo di 123 e il secondo di 69 giorni, per sollecitare il Parlamento all’abrogazione del Porcellum. E così via. L’ultimo, qualche mese fa, ancora per la mancata elezione dei giudici della Corte Costituzionale.

Sempre un po’ stazzonato, spesso in jeans, Giachetti in realtà è un asso dell’Aula, un mago dei regolamenti parlamentari, perfetto equilibrista nell’intricata ragnatela dei codicilli di Montecitorio. Grazie a lui ogni tanto il Pd riusciva a piazzare la zampata anche quando stava in minoranza, durante il governo Berlusconi. Dote che ha sviluppato come segretario d’Aula e perfezionato in questa legislatura come vicepresidente della Camera. “Magari avessimo anche noi un Giachetti”, amava ripetere spesso un illustre ex deputato berlusconiano. In realtà un avversario tosto su questo terreno l’ex radicale l’ha poi trovato nell’azzurro Simone Baldelli: i due si temono e si rispettano. In Parlamento il dem è uno stakanovista: 94,1 per cento di presenze e un indice di produttività del 68,1, secondo il sito OpenPolis.

La sua prima vera esperienza amministrativa Giachetti, però, la fa con il suo secondo mentore dopo Pannella, Francesco Rutelli, di cui è stato capo della segreteria e poi di gabinetto nei suoi due mandati da sindaco di Roma, dal 1993 al 2001. Anni in cui si fa le ossa e impara alla perfezione i meccanismi del Campidoglio. Alcuni di quello staff, Paolo Gentiloni e Filippo Sensi, hanno seguito la sua stessa parabola fino al renzismo spinto. “E’ romano e romanista”, ha detto Renzi, facendo infuriare i tifosi laziali. Ed è proprio Renzi il suo terzo grande amore politico, dopo una rapida infatuazione per Walter Veltroni e la sua idea di Pd a vocazione maggioritaria. Un animale strano, dicevamo, che non è mai stato comunista o democristiano. Negli ultimi anni è diventato una sorta di cane da guardia del renzismo, con prese di posizione dure verso gli avversari dentro e fuori il partito. “Letta è rimasto appeso a quella campanella consegnata a Renzi. Ma non faceva tante storie sul premier non eletto quando era lui a Palazzo Chigi…”. “Dice Bersani che il Mattarellum lo voterebbe subito, anche domani. Ecco adesso faccio fatica a non incazzarmi…”. “Sono degli irresponsabili. Quelli della minoranza Pd dovrebbero andarsene da questo partito”. “Caro Matteo, fai come Tsipras, vai al voto e annientali tutti…”. Sono solo alcune delle sue chicche da quando Renzi si è insediato a Palazzo Chigi.

Insomma, non le manda a dire, Giachetti. Come quando raccontò a Libero, intervista del 2006, di essere, da buon radicale, un consumatore di droghe leggere. Rivelando che “di canne in Parlamento ne girano assai…”. “E con chi se ne farebbe una?”, chiede l’intervistatrice. “Io le canne me le faccio con i miei amici, devo essere con persone con cui sono in sintonia. Posso dirle con chi non me la fumerei: Paola Binetti”.

Divorziato, due figli, una passione per De Gregori (canzone preferita Rimmel), inizierà girando a tappeto le periferie. Candidato anche perché nessun altro lo voleva fare, sembra però l’unico in grado di battere i grillini. Proprio perché, viste le sue innumerevoli battaglie sui diritti civili, si muove sul loro stesso terreno.

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