L'organismo indaga sulla tragedia avvenuta nel 1991 a poche miglia dal porto di Livorno. Sopralluogo di una delegazione di senatori anche su una motovedetta
Il lavoro della commissione d’inchiesta sul disastro della Moby Prince riparte da Livorno. L’organismo parlamentare del Senato che dovrà indagare sulle cause della strage del 10 aprile 1991 (140 morti a bordo di un traghetto che finì contro una petroliera Agip nel porto toscano) ha effettuato un sopralluogo in alcune delle aree teatro della sciagura di 25 anni fa. “E’ la prima commissione di inchiesta che viene istituita dal Parlamento, così abbiamo deciso di partire da Livorno perché ci sembrava importante che ci rendessimo conto del luogo dove è avvenuto, di come è la conformazione dei luoghi e le distanze. E’ importante partire dal luogo” ha detto il presidente della commissione Silvio Lai (Pd). La delegazione dei senatori si è tra l’altro imbarcata su una motovedetta della Capitaneria per un giro nel porto livornese. “Mi pare che alcune delle risposte possano essere ancora date – continua Lai – La Commissione è impegnata su questo. Non si vuole sottovalutare nessuna delle ipotesi. Prenderemo il tempo necessario, vogliamo sicuramente cercare di fare presto, ma fare anche bene”.
Lai ribadisce che “la commissione di inchiesta ha un mandato di due anni. Noi cercheremo di utilizzare il tempo necessario, ma non un minuto di più. Noi ce la metteremo tutta perché in questa vicenda quelli che sono misteri non siano più misteri“. La decisione di andare a Livorno, continua il senatore Pd, è per dare un “riconoscimento a una città che ha subito una ferita profonda. Un ferita che è anche istituzionale, una ferita che è popolare. Volevamo renderci conto fisicamente del luogo in cui è avvenuta la tragedia”. “Era molto importante – ha proseguito Lai – che i commissari si potessero rendere conto degli spazi fisici della vicinanza e quindi anche dell’incongruenza di alcuni dei fatti, e dell’impossibilità che possa essere avvenuto tutto come si è raccontato”. Poi sulle metodologie di lavoro della Commissione: “Noi approfondiremo tutti i punti che sino ad esso sono oggetto di conclusioni non condivise. E se per fare questo avremo bisogno di materiali che fino a questo momento non sono stati resi disponibili, noi metteremo in campo il peso del Parlamento e del Governo per ottenerli”.
Il riferimento è anche (ma non solo) ai tracciati radar che la magistratura italiana ha chiesto nel corso delle due inchieste della Procura di Livorno (tutte finite con ricostruzioni che non hanno convinto i familiari) agli Stati Uniti: il 10 aprile 1991 era il primo giorno dopo la conclusione della Prima guerra del Golfo, il porto di Livorno era affollato di navi militarizzate americane e a pochi chilometri da Livorno c’era (e c’è ancora) la base Usa di Camp Darby. Improbabile, insomma, che gli Stati Uniti non controllassero dal cielo cosa accadeva intorno alle sue navi. Su questo punto nei giorni scorsi è arrivato di nuovo anche l’appello del senatore Pd Vannino Chiti, presidente della Regione Toscana ai tempi della tragedia. Allora, dice Chiti, “ho più volte sollecitato la possibilità di utilizzare le immagini riprese dai satelliti geostazionari della Nato e degli Stati Uniti”. “Purtroppo – continua – quelle immagini non sono mai state messe a disposizione e le risposte ricevute dalle autorità statunitensi sono state evasive e per certi aspetti surreali. Mi permetto di suggerire alla commissione di indagine di valutare la possibilità di rinnovare questa richiesta, augurandoci, tanti anni dopo, una maggiore disponibilità da parte dei responsabili statunitensi e una più convinta collaborazione da parte del nostro governo”.