Ecco la Alessandra Amoroso che non ti aspetti. Un po’ perché, per autostima, per tua storia personale, per senso di conservazione, tendi a non aspettartela proprio, Alessandra Amoroso. Un po’ perché, in realtà, una volta che poi la devi sentire, perché questo fa parte del lato difficile del tuo lavoro, l’ascolto non è poi male come ti aspettavi. E, tanto per non lasciare spazio a vociare di fondo, che già di vociare di fondo ce n’è anche troppo, se ti aspettavi qualcosa di male non è per un pregiudizio nei confronti di chi passa dai talent, o quantomeno non solo, ma perché già in passato ti sei dovuto intrattenere a lungo con un album della Amoroso, il penultimo, Amore puro, figlio del malaugurato incontro della cantante pugliese con Tiziano Ferro e Michele Iorfida Canova e il risultato è stato molto vicino allo strazio.
Stavolta è diverso. Ascolti il nuovo album col tuo carico di diffidenze, e in parte, in buona parte, finito l’ascolto, le trovi lì, in terra, tramortite. Non dalla noia, o non solo, ma tramortite dal fatto che la Amoroso sembra essersi messa a fuoco, tornata al suo passato, con dalla sua una maggiore maturità, nel canto, nell’interpretazione, nella sua essenza di cantante.
Andiamo con ordine. Se la volta precedente, con Amore puro, come detto, Tiziano Ferro vestiva i panni del maestro di cerimonie, produttore con Canova e autore di quasi tutti i brani, salvo rare eccezioni, stavolta la Amoroso decide, saggiamente, di cambiare strada. C’è un consistente ritorno al duo che più di ogni altro ha regalato alla Amoroso brani in grando di mettere in risalto le sue caratteristiche vocali e interpretative, Federica Camba e Daniele Coro, in tracklist con quattro brani a partire dal singolo apripista Stupendo fino a qui, Ferro c’è, ma solo con una canzone, e poi ci sono autori vari, dal prezzemolino Daniele Magro a Federico Zampaglione, passando per Andrea Amati, Federica Abbate, nuovo asso del mondo della canzone italiana, Dario Faini e Roberto Casalino. E poi c’è Elisa, presente in due brani, per altro prodotti dal marito Andrea Rigonat. Sì, perché stavolta anche i produttori sono diversi, c’è Canova, e va bene, poi ci sono Ferraguzzo e Cardelli, infine il già citato Rigonat. Quattro produttori, per ritrovare la strada. E la strada, dal punto di vista produttivo, non sembra esattamente trovata, ma quantomeno intuita. Lontano da Ferro, per dire. Possibilmente anche lontano da questi quattro, ma l’importante è lontano da Ferro. Ritrovata invece è la forma canzone, quella giusta per le sue corde. Almeno a tratti.
Prendete la canzone scritta da Zampaglione, Nel tuo disordine, sarebbe potuta tranquillamente essere nel repertorio della Mina pre-ritiro dalle scene. Grande, grandissima canzone. Come grandi canzoni sono quelle del duo delle meraviglie, Camba-Coro, tutte azzeccate per le corde vocali, forse un po’ troppo spesso messe in pericolo dall’utilizzo spregiudicato. I brani di Elisa, va detto, nei confronti dei quali c’era tantissima aspettativa, sono quelli che funzionano un po’ meno bene, come quelli di Magro (ah Daniè, se continui a scrivere per tutti i fuoriusciti dai talent, poi, le canzoni finiranno per somigliarsi un po’ tutte, indistinte e confuse). Elisa, sembra, sta un po’ diventando come Sangiorgi, molto richiesta sul mercato, ma proprio come Sangiorgi, non azzecca una hit da tempi immemori. Pensi, piuttosto a seguire l’ispirazione che l’ha accarezzata in No hero, il suo nuovo singolo, e lasci perdere queste collaborazioni che non fanno bene né a lei né agli artisti con cui interagisce.
Tornando a Vivere a colori di Alessandra Amoroso, che dire? Lavoro che stupisce, in positivo. Ci sono almeno cinque belle canzoni, e dopo Amore puro suona un po’ come un miracolo. Troppo presto per dire se saranno nuove Stupida o Estranei a partire da ieri, ma potrebbe anche darsi. Sono le già citate Stupendo fino a qui, Nel tuo disordine, e poi L”unica cosa da fare, forse la canzone migliore della covata, Appartenente, e poi Il mio stato di felicità, tamarra e tutto, ma non è che uno debba per forza essere un campione di eleganza o maestro delle cerimonie del tè. Canzoni azzeccate, queste. In cui la voce della cantante pugliese, non esattamente di quelle che ci trasmettono più emozioni, sembra muoversi con estrema naturalezza e empatia. Poi ci sono canzoni che nulla aggiungono a quanto detto in precedenza, anzi, forse dicono un po’ meno
Un capitolo a parte andrebbe aperto sulla produzione. Canova è un gigante. Lo è per il lavoro che ha fatto con Ferro, in passato, in parte per quello fatto con Jovanotti, sicuramente per quello fatto con Carboni. Ma è un gigante anche a livello di mole, lavora sempre e con tutti. Questo si sente. Lavora bene con chi ha personalità, meno con chi cerca una strada, è volatile con quelli che non hanno niente da dire. Ferraguzzo è un bravo cristiano. Uno che ce la mette tutta. Ma che fin qui non ha dimostrato di essere all’altezza del ruolo di vice-Canova che gli stanno affidando. Ha preso sempre materiale difficile da lavorare, è vero, ma non ha neanche fatto miracoli (Chiara, Fragola, Giosada). Roberto Cardelli è il vice-Ferraguzzo, suo tastierista, quindi il tastierista del vice-Canova. Un po’ come cercare di parlare di Zico e trovarsi per le mani Magrin. Rigonat, ma qui andiamo su un argomento già trattato, non è un produttore, come non lo è Elisa. Aridateje Rustici o Glenn Ballard, santo Iddio.
La domanda da porre alla Sony è: perché se si considera la Amoroso un cavallo di razza, quale probabilmente è, non ci si punta su qualche bel soldo e la si fa produrre da un produttore vero? Perché, per dire, non fare con lei quello che in passato è stato fatto con Emma, quando con Schiena ha fatto lo scatto in avanti che così bene lasciava sperare? Ferro ha funzionato con la Ferreri, ma non è che abbia la bacchetta magica, e Amore puro ha dimostrato di non essere il nome adatto. Tocca cercare bene, e forse proprio in Brando, che con Schiena ha fatto il miracolo, potrebbe essere la risposta cercata.
Lei, la ragazza che rifiuta Sanremo, quella che, sembra, è rimasta umile e tranquilla, può diventare un punto fermo nel nostro pop, sorte che sicuramente non incontreranno tanti suoi colleghi usciti dalla televisione. Se ne tenga lontana, dalla televisione, e lavori duro come sta facendo, capace che arrivi lontano.