In questi giorni di petrol-scontento per l’approvazione delle operazioni di airgun al largo delle isole Tremiti, per i giochini sulle date scelte per la reintroduzione della fascia di protezione delle dodici miglia, e per il tormentone referendum sì o no, arrivano le parole rassicuranti del ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, 46 anni, mamma e con un passato in Confindustria.
Dice che il nostro è un polverone pretestuoso e strumentale, che siamo oltre le dodici miglia da riva, che è solo esplorazione e non vera e propria trivellazione e che “ci si dimentica che in ballo ci sono centinaia di milioni di investimenti e migliaia di posti di lavoro”.
Convinta lei. Beh, intanto quello delle dodici miglia è un limite del tutto arbitrario, e che, alla fine, non significa quasi niente, nel senso che la vita marina non conosce la differenza fra 12.1 e 11.9 miglia. Se veramente si volessero fare le cose per bene, occorrebbe chiuderlo tutto l’Adriatico alle trivelle, come fatto nei cinque grandi laghi nordamericani, e copiando il limite delle 100 miglia californiane e delle 125 miglia della Florida. Il nostro ministro ci propina la solita solfa che per adesso è “solo airgun” e poi si vedrà. Come detto mille volte, non funziona così: se lo vuoi il petrolio, lo cerchi e te lo prendi, ma se pensi che sia sbagliato e non appropriato per le Tremiti, per il Veneto o per la Sicilia, neanche ti ci devi avvicinare al pensiero di bucare. Che significa “è solo airgun”? Se il petrolio c’è che facciamo? Lo guardiamo? Non credo. I petrolieri lo vorrano estrarre, no? Diranno: ci avete lasciato fare ispezioni, abbiamo investito, come potete non farcelo estrarre? Come adesso dicono “è solo airgun” poi diranno che “è solo un pozzo”, “è solo un oleodotto”, è “solo un porto petrolifero”. Gli enti governativi daranno un po’ di prescrizioni, diranno anche loro “che vuoi che sia” e poi ci ritroveremo con una nuova Gela. E’ un copione vecchio. Ogni volta che ci penso mi viene in mente la monaca di Monza. Se è no, che sia no dall’inizio e non un continuo rimandare, finché non c’è più scampo.
Ma a parte queste considerazioni, quello che la Guidi veramente non capisce secondo me è che il mondo è molto molto più grande del suo minimizzare, è molto più avanti della sua petrol-illusione delle migliaia di posti di lavoro. Ma dove? Non so se veramente è lei che non vuole vederlo o è il suo passato in Confindustria che le affusca la vista.
Ad ogni modo, le statistiche per il 2015 parlano chiaro: è stato l’anno delle rinnovabili. Dappertutto. In tutto il mondo, la quasi totalità dei nuovi impianti energetici è stato a sole e vento. Il costo di pannelli, di batterie e altre forme di stoccaggio di energia continua a calare, e cosi pure gli investimenti in oil and gas. Non e’ un caso che la Petroceltic sia sul lastrico. E dubito fortemente che una ditta così piccola, indebitata fino al collo, possa veramente portare a tutti questi soldi e posti di lavoro all’Italia. Perché invece di capire come fare per sfruttare al meglio le opportunità che le rinnovabili ci offrono, dobbiamo star qui a sperare che la quasi defunta Petroceltic venga a portare “migliaia di posti di lavoro” alle Tremiti?
Negli Usa per ogni nuovo posto di lavoro creato nell’oil and gas, otto ne sono stati creati nel settore delle rinnovabili nel 2015. Uno ad otto. I costi sono fondamentalmente alla pari: negli Usa un kilowatt-ora costa al massimo cinque centesimi dal solare, dal gas otto. Gli investimenti nel sole e nel vento sono a livelli record, e così pure la nuova energia generata. Aggiungiamo poi che sole e vento non portano cancro, ma il petrolio sì, e uno si deve chiedere: quali sono esattamente i vantaggi del continuare ad investire su petrolio in questo scenario? Non ce ne sono. Nemmeno uno.
E’ sotto gli occhi di tutti che il collasso dell’industria petrolifera non è lontano, e se la nostra petrol-società va avanti ancora è solo per inerzia. Il futuro è altro, è verde, è rinnovabile, non è nero e bucato. Perché allora insistere che dobbiamo per forza fossilizzarci e che dobbiamo per forza fossilizzare pure le parti più belle d’Italia?
Perché non possiamo, per una volta, una volta sola, essere grandi in Italia, pensare alle cose importanti con programmazione, per il domani, con orgoglio, con coraggio, in modo pulito e con la voglia di fare meglio per le generazioni future? Senza zavorra e corruzione ed amici da accontentare? Leggo sempre di cose meravigliose che fanno in ogni angolo del pianeta e a volte ne parlo pure qui. Perché in Italia no? Dov’è il nostro piano per l’Italia 100% rinnovabile, per i treni a vento, per un pannello su ogni casa?
Quelli di sessant’anni fa ci hanno lasciato Gela e Falconara e Porto Marghera e Taranto. La loro scusante, se c’è n’è una, e che non lo sapevano. Ma oggi sì, lo sappiamo e lo sappiamo fin troppo bene nonostante tutti i petrol-dollari spesi a convincerci del contrario che l’industria fossile non porta ne benessere economico, ne progresso, ne salute. Porta solo malattie, subsidenza, territori ballerini, inquinamento, povertà. Ne abbiamo un esempio dopo l’altro, in tutto lo stivale. E insistere oggi, nel 2016, ancora con l’airgun, le trivelle, le raffinerie, non solo è sbagliato e anacronistico, ma e’ anche profondamente ingiusto verso chi verrà dopo di noi.
Il mare delle Tremiti è blu di turismo e di bellezza. Perché Federica Guidi vuole costringere le generazioni future a vederle petrolizzate, brutte e nere?