Se n’è andato un altro pezzo da novanta del rock del secolo scorso. Sembra quasi che ci sia un disegno dietro. Un modo per far sgretolare un pezzetto alla volta una fetta del nostro passato musicale. A sessantasette anni è morto, per una serie di complicazioni sopraggiunte a minare un fisico già da tempo malato, Glenn Frey, cofondatore e leader degli Eagles, band che in qualche modo ha incarnato un suono e un sogno.
Ne parla bene Carlo Massarini, che di quell’epoca, in Italia, è stato cantore. Parla della musica che arrivava dalla California, Eagles in testa, ma anche Jackson Browne, Crosby, Stills, Nash & Young e molti degli artisti che avrebbero animato No Nukes, incarnando un immaginario per noi, in un’epoca lontana da internet e dai voli low-cost, lontanissimo. Quasi salgariano, dice sempre Massarini. E così è stato. Per almeno un paio di generazioni gli Eagles hanno rappresentato il meglio e il peggio arrivato dalla California, superband, quella, nata per volontà e talento di non californiani, Frey di Detroit e Don Henley, voce e batterista, dal Texas.
Una musica che fondeva country, pop e rock, certo un rock non duro, con Glenn Frey, chitarrista che già si era fatto le ossa giovanissimo, in studio con Bob Seger. Proprio a Frey, e al suo amico Jackson Browne si deve il primo successo della band, un brano che perfettamente cristallizza la storia degli Eagles, Take it easy. Un brano stranamente dispimpegnato, per essere uscito dalla penna di Browne, ma perfettamente in linea col disimpegno tipico della band, che negli anni Settanta porterà avanti una carriera fatta di grandissimi successi, di strepitose hit, tutte all’insegna dell’intrattenimento, lontano, però, dall’impegno sociale tipico di quell’epoca.
Come se, dopo gli anni Sessanta delle marce, delle rivoluzioni, delle lotte, di colpe si volesse parlare d’altro, di vita libera, di eccessi, di donne, di macchine (una sorta di bling blign in netto anticipo sui tempi). Su tutto una musica praticamente perfetta, con chitarre soliste che si intrecciano, slide, voci limpide, empatiche, cori in puro stile west coast, i Beach Boys non sono stati in giro per niente. Belle voci, belle chitarre, belle facce, belle canzoni, se vi pare poco. Hotel California è stata, ed è ancora oggi, con Stairway to heaven, una delle prove con cui ogni provetto chitarrista solista deve cimentarsi, prima di poter dire di essere tale. Una canzone apparentemente leggera, che racconta però una storia tremenda, non lontana da quelle che oggi Lady Gaga sta portando dentro le televisioni con America Horror Story.
Frey non ha quasi mai cantato i grandi successi degli Eagles, a parte l’iniziale Take it easy, ma li ha praticamente firmati tutti, in solitaria o in compagnia con l’altra voce, principale, della band: Don Henley. Finita la storia degli Eagles, almeno momentaneamente, nel 1980, Frey tentò, come tutti i suoi compagni, la strada solista. Alternando produzioni discografiche, cinque in tutto, baciate anche da un discreto successo, alla nuova carriera di attore, con comparsate in serie tv come Miami Vice, per la qual serie scrisse anche Belong to the city e Smuggler’s Blues.
Poi ci fu una prima reunion, con una serie di live, nel 1994, e ancora una nuova, con tanto di album nuovo, negli anni zero. È del 2007, infatti, Long Road Out of Eden, non certo all’altezza dei precedenti. Nell’insieme, la band, ha venduto oltre centocinquanta milioni di album, e uno delle loro raccolte, Eeagle-Their Greatest Hits, addirittura precedente al megasuccesso Hotel California, con oltre venti milioni di copie certificate, è il quarto album più venduto di sempre negli Stati Uniti, dopo Thriller, Led Zeppelin VI e The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd.
Star qui a piangere un altro pilastro della musica rock degli anni passati può sembrare eccessivo. Oggi, con buona probabilità, il mondo dei social sarà invaso di video degli Eagles e di frasi stucchevoli. Sta di fatto che veramente Glenn Frey, non meno di Lemmy o di David Bowie, è stato uno dei protagonisti del passaggio tra i due millenni con le sue canzoni, con la sua chitarra e la sua voce limpida.