La svolta rinnovabile del Nicaragua, la seconda nazione più povera dell’America Latina dopo la Bolivia, in pochi anni ha letteralmente rivoluzionato il paese. Se tutto va bene, entro il 2017 saremo al 75% di energia elettrica da rinnovabili ed entro il 2020 al 90%.
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Parliamo sempre del Costa Rica e dei suoi meravigliosi traguardi energetici, del suo aspirare al 100% da rinnovabili, e dall’esserci, tutto sommato, riuscita. Ma i successi del piccolo Nicaragua, considerato da dove partiva, non sono da meno. Nel giro di pochi anni hanno completamente cambiato il loro paradigma energetico con le rinnovabili che hanno portato elettricità nelle case dove prima non ce n’era. Siamo adesso al 54% di energia elettrica rinnovabile nel paese.
Il Nicaragua non produce petrolio e tutti gli idrocarburi che ha usato sono stati importati, per la maggior parte dal Venezuela. Ma hanno il sole che picchia, venti forti, vulcani attivi. Dieci anni fa solo il 25% dell’energia usata proveniva da fonti rinnovabili. In più chi aveva accesso alla rete elettrica non aveva fornitura regolare. Le infrastrutture non erano robuste e spesso durante il giorno la corrente andava via. Erano abituati a black-out anche di dodici ore. E questo era paralizzante per tutta l’economia nazionale.
Nel 2005 si decide di investire nelle rinnovabili. Perché dipendere dal Venezuela? E così si sono messi all’opera e nell’arco di pochi anni il Nicaragua ha attratto 1.5 miliardi di dollari stranieri, ha facilitato partnership privati-pubblici e l’importazione di tecnologia rinnovabile, ha invitato tedeschi ed americani per imparare da loro. Il paese ha anche creato una agenzia che si chiama ProNicaragua con il solo scopo di coordinare la transizione verso le rinnovabili.
Gli investimenti in sole, vento, idroelettrico, geotermia, non solo hanno abbassato la bolletta energetica del paese e svincolato il paese dalla dipendenza dai vicini venezuelani, ma hanno anche creato posti di lavoro, reso la fornitura di energia molto più affidabile ed evitato l’immissione in atmosfera di inquinanti. Come hanno fatto? Hanno semplicemente usato quello che avevano. Hanno costruito impianti idroelettrici. I diciannove vulcani del paese sono stati usati per impianti geotermici. Gli impianti eolici sono per la maggior parte attorno al Lago Nicaragua la cui conformazione geografica è tale che il vento sia persistente e regolare. Il principale si chiama Eolo. Si sono diffusi a macchia d’olio piccoli impianti locali finanziati da microcrediti.
Nei prossimi quindici anni arriveranno quattro miliardi di dollari di investimenti ulteriori, sia per generare energia ma anche per distribuirla a chi non ha accesso alla rete elettrica tradizionale. Si vogliono soprattutto creare piccoli centri “off-grid” che da soli generano energia da sole e vento, specie lontano dai centri urbani. La principale causa di mortalità nelle donne che vivono nelle zone rurali del Nicaragua sono le malattie respiratorie, dovute alle fiamme a cielo aperto che usano per cucinare. Ci si aspetta che la diffusione di fornelli alimentati dal sole possa aumentare la loro qualità di vita.
Nel 2001 solo il 47% della popolazione aveva accesso all’elettricità. Nel 2015, grazie alle rinnovabili, questa percentuale è arrivata all’80%. A differenza dell’Italia, vollero, fortissimamente vollero, liberarsi dal petrolio.
Qui le immagini del Nicaragua rinnovabile.
Maria Rita D'Orsogna
Fisico, docente universitario, attivista ambientale
Ambiente & Veleni - 18 Gennaio 2016
Nicaragua, energia rinnovabile al 90% entro il 2020
La svolta rinnovabile del Nicaragua, la seconda nazione più povera dell’America Latina dopo la Bolivia, in pochi anni ha letteralmente rivoluzionato il paese. Se tutto va bene, entro il 2017 saremo al 75% di energia elettrica da rinnovabili ed entro il 2020 al 90%.
Parliamo sempre del Costa Rica e dei suoi meravigliosi traguardi energetici, del suo aspirare al 100% da rinnovabili, e dall’esserci, tutto sommato, riuscita. Ma i successi del piccolo Nicaragua, considerato da dove partiva, non sono da meno. Nel giro di pochi anni hanno completamente cambiato il loro paradigma energetico con le rinnovabili che hanno portato elettricità nelle case dove prima non ce n’era. Siamo adesso al 54% di energia elettrica rinnovabile nel paese.
Il Nicaragua non produce petrolio e tutti gli idrocarburi che ha usato sono stati importati, per la maggior parte dal Venezuela. Ma hanno il sole che picchia, venti forti, vulcani attivi. Dieci anni fa solo il 25% dell’energia usata proveniva da fonti rinnovabili. In più chi aveva accesso alla rete elettrica non aveva fornitura regolare. Le infrastrutture non erano robuste e spesso durante il giorno la corrente andava via. Erano abituati a black-out anche di dodici ore. E questo era paralizzante per tutta l’economia nazionale.
Nel 2005 si decide di investire nelle rinnovabili. Perché dipendere dal Venezuela? E così si sono messi all’opera e nell’arco di pochi anni il Nicaragua ha attratto 1.5 miliardi di dollari stranieri, ha facilitato partnership privati-pubblici e l’importazione di tecnologia rinnovabile, ha invitato tedeschi ed americani per imparare da loro. Il paese ha anche creato una agenzia che si chiama ProNicaragua con il solo scopo di coordinare la transizione verso le rinnovabili.
Gli investimenti in sole, vento, idroelettrico, geotermia, non solo hanno abbassato la bolletta energetica del paese e svincolato il paese dalla dipendenza dai vicini venezuelani, ma hanno anche creato posti di lavoro, reso la fornitura di energia molto più affidabile ed evitato l’immissione in atmosfera di inquinanti. Come hanno fatto? Hanno semplicemente usato quello che avevano. Hanno costruito impianti idroelettrici. I diciannove vulcani del paese sono stati usati per impianti geotermici. Gli impianti eolici sono per la maggior parte attorno al Lago Nicaragua la cui conformazione geografica è tale che il vento sia persistente e regolare. Il principale si chiama Eolo. Si sono diffusi a macchia d’olio piccoli impianti locali finanziati da microcrediti.
Nei prossimi quindici anni arriveranno quattro miliardi di dollari di investimenti ulteriori, sia per generare energia ma anche per distribuirla a chi non ha accesso alla rete elettrica tradizionale. Si vogliono soprattutto creare piccoli centri “off-grid” che da soli generano energia da sole e vento, specie lontano dai centri urbani. La principale causa di mortalità nelle donne che vivono nelle zone rurali del Nicaragua sono le malattie respiratorie, dovute alle fiamme a cielo aperto che usano per cucinare. Ci si aspetta che la diffusione di fornelli alimentati dal sole possa aumentare la loro qualità di vita.
Nel 2001 solo il 47% della popolazione aveva accesso all’elettricità. Nel 2015, grazie alle rinnovabili, questa percentuale è arrivata all’80%. A differenza dell’Italia, vollero, fortissimamente vollero, liberarsi dal petrolio.
Qui le immagini del Nicaragua rinnovabile.
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Roma, 22 feb. (Adnkronos) - Standing ovation dalla platea della convention Cpac a Washington al termine dell'intervento video della premier Giorgia Meloni. Un intervento nel quale la presidente del Consiglio ha richiamato valori e temi che uniscono conservatori europei e americani, a partire dalla difesa dei confini, ribadendo la solidità del legame tra Usa e Ue. "I nostri avversari - ha detto Meloni- sperano che il presidente Trump si allontani da noi. Ma conoscendolo come un leader forte ed efficace, scommetto che coloro che sperano nelle divisioni si smentiranno".
"So che alcuni di voi potrebbero vedere l'Europa come lontana o addirittura lontana o addirittura perduta. Vi dico che non lo è. Sì, sono stati commessi degli errori. Le priorità sono state mal riposte, soprattutto a causa delle classi dominanti e dei media mainstream che hanno importato e replicato nel Vecchio Continente", ha affermato la premier.
La presidente Meloni ha fatto un passaggio sull'Ucraina ribadendo "la brutale aggressione" subito dal popolo ucraino e confidando nella collaborazione con gli Usa per raggiungere una "pace giusta e duratura" che, ha sottolineato, "può essere costruita solo con il contributo di tutti, ma soprattutto con forti leadership".
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - Le "elite di sinistra" si sono "recentemente indignate per il discorso di JD Vance a Monaco in cui il vicepresidente ha giustamente affermato che prima di discutere di sicurezza, dobbiamo sapere cosa stiamo difendendo. Non stava parlando di tariffe o bilance commerciali su cui ognuno difenderà i propri interessi preservando la nostra amicizia". Mo ha sottolineato la premier Giorgia Meloni nel suo intervento al Cpac.
"Il vicepresidente Vance stava discutendo di identità, democrazia, libertà di parola. In breve, il ruolo storico e la missione dell'Europa. Molti hanno finto di essere indignati, invocando l'orgoglio europeo contro un americano che osa farci la predica. Ma lasciate che ve lo dica io, da persona orgogliosa di essere europea - ha detto ancora - Innanzitutto, se coloro che si sono indignati avessero mostrato lo stesso orgoglio quando l'Europa ha perso la sua autonomia strategica, legando la sua economia a regimi autocratici, o quando i confini europei e il nostro stile di vita sono stati minacciati dall'immigrazione illegale di massa, ora vivremmo in un'Europa più forte".
(Adnkronos) - "I nostri avversari - ha detto Meloni- sperano che il presidente Trump si allontani da noi. Ma conoscendolo come un leader forte ed efficace, scommetto che coloro che sperano nelle divisioni si smentiranno. So che alcuni di voi potrebbero vedere l'Europa come lontana o addirittura lontana o addirittura perduta".
"Vi dico che non lo è. Sì, sono stati commessi degli errori. Le priorità sono state mal riposte, soprattutto a causa delle classi dominanti e dei media mainstream che hanno importato e replicato nel Vecchio Continente".
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "So che con Donald Trump alla guida degli Stati Uniti, non vedremo mai più il disastro che abbiamo visto in Afghanistan quattro anni fa. Quindi sicurezza delle frontiere, sicurezza delle frontiere, sicurezza energetica, sicurezza economica, sicurezza alimentare, difesa e sicurezza nazionale per una semplice ragione. Se non sei sicuro, non sei libero". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un messaggio al Cpac.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "C'è una crescente consapevolezza. C'è una crescente consapevolezza in Europa che la sicurezza è ora la massima priorità. Non puoi difendere la tua libertà se non hai i mezzi o il coraggio per farlo. La felicità dipende dalla libertà e la libertà dipende dal coraggio. Lo abbiamo dimostrato quando abbiamo fermato le invasioni, conquistato le nostre indipendenze e rovesciato i dittatori". Così la premier Giorgia Meloni in un messaggio al Cpac.
"E lo abbiamo fatto insieme negli ultimi tre anni in Ucraina, dove un popolo orgoglioso combatte per la propria libertà contro un'aggressione brutale. E dobbiamo continuare oggi a lavorare insieme per una pace giusta e duratura. Una pace che può essere costruita solo con il contributo di tutti, ma soprattutto con forti leadership".
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - In Ucraina "un popolo coraggioso combatte contro una brutale aggressione". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al Cpac.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "I nostri avversari sperano che Trump si allontani da noi. Io lo conosco, e scommetto che dimostreremo che si sbagliano. Qualcuno può vedere l'Europa come distante, lontana. Io vi dico: non è così". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un messaggio alla convention Cpac a Washington.