L’unica cosa certa è che si tratta di un gran pasticcio. E che sarà probabilmente la Corte Costituzionale a dover dirimere il caso, una volta e per tutte il prossimo 19 aprile. Ma intanto continua a suon di carte bollate la contesa che vede contrapposti il ministero della Giustizia e i magistrati che, per effetto delle norme che hanno rivisto l’età di pensionamento, sono stati messi a riposo dal 1 gennaio. Da ultimo il caso di Francesco Sebastio, il superprocuratore di Taranto, una carriera dedicata alle inchieste a tutela della salute e dell’ambiente: è lui all’inizio degli anni ‘80 ad ottenere, da pretore, la prima condanna per inquinamento dell’allora Italsider, a quei tempi ancora azienda di Stato. In oltre trent’anni un lungo elenco di inchieste e di condanne. E di sequestri dell’impianto: dolorosissimi in una città in cui lo stabilimento dell’Ilva dà lavoro a molti.
TUTTI AL TAR Proprio in base ai suoi meriti e alla rilevante funzione pubblica svolta, il Consiglio superiore della magistratura (Csm) aveva confermato nel 2013 a Sebastio l’incarico direttivo per un altro quadriennio sulla base di un decreto ministeriale di trattenimento in servizio del 2011: esigenze di funzionalità dell’ufficio, si disse allora. Nel 2014 sono invece intervenuti i nuovi limiti di età che hanno imposto dapprima la pensione a tutti i magistrati al raggiungimento dei 70 anni. E poi solo per quelli che avessero compiuto già 72 anni alla data del 31 dicembre 2015. A meno che non potessero vantare un decreto di trattenimento in servizio: proprio il caso di Sebastio. Il quale non è tipo che molla. E che dunque ha investito della questione il Tar Lazio chiedendo la sospensione degli atti di collocamento a riposo che lasciano sguarnito il suo ufficio in un momento, l’ennesimo, assai delicato per Taranto e Ilva.
MINISTERO ALL’ATTACCO Anche il ministero della Giustizia guidato da Andrea Orlando (nella foto con il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini)da parte sua non molla. E ha fatto sapere di avere revocato il decreto di trattenimento in servizio già accordato a Sebastio. Che, da parte sua, impugnerà anche quest’atto, in una querelle giudiziaria che si annuncia lunga. Del resto è troppo alta la posta in gioco. “L’eventuale adozione di un’ordinanza cautelare sarebbe causa di effetti pregiudizievoli per l’Amministrazione e per l’interesse pubblico generale”, si legge nella memoria presentata dall’Avvocatura per conto del ministero e del Csm che si sono costituiti in giudizio contro il ricorso di Sebastio. Secondo l’Avvocatura, accogliere il ricorso vorrebbe dire impedire l’attuazione delle finalità della norma a cui si è dato attuazione con il pensionamento e cioè “il risparmio della spesa e il sostegno all’occupazione nel pieno di una grave crisi economica internazionale, attraverso il ricambio generazionale in tutte le pubbliche amministrazioni, oggi caratterizzate dalla presenza di età elevata e che ha già raggiunto i limiti di età per il collocamento in quiescienza”.
CERCASI COPERTURE Pesce d’aprile. Insomma il ricorso di Sebastio rischia di far inceppare il processo di ricambio generazionale avviato dal governo ma soprattutto rischia di terremotare i conti pubblici. Già, ma quanto è costata quest’operazione di rottamazione? Qualche dubbio sugli effetti per le finanze pubbliche era in effetti stato sollevato già in ambito parlamentare al momento dell’esame della legge del 2014. Poi non se ne è saputo più nulla. E non a caso Sebastio chiede al Tar di rimettere la questione alla Consulta affinché si pronunci sulla legittimità delle mancate coperture imposte invece dall’articolo 81 della Costituzione per ogni legge. In ogni caso la Corte Costituzionale si occuperà del caso ad aprile, giusto un anno dopo che il Consiglio di Stato ha deciso di accogliere il ricorso di un Avvocato dello Stato colpito anch’egli dalla tagliola pensionistica imposta dalla nuova legge.
CORTE DEI MIRACOLI Data l’enormità della problematica che chiama in causa la legittimità delle norme, rischia di restare sullo sfondo un’altra questione. Specie a Taranto: i tempi che occorrono al Csm per nominare il nuovo procuratore che dovrà rilevare la pesantissima eredità del dossier Ilva di cui il governo torna ancora una volta ad annunciare, attraverso un ennesimo decreto, il salvataggio. I tempi del Csm non sono strettissimi. Complicata anche la sostituzione di Giuseppe Vignola, diretto superiore di Sebastio anche lui pensionato forzatamente dal 1 gennaio 2016. Il procuratore generale presso la Corte di appello di Lecce è, peraltro, uno dei cinque magistrati (gli altri sono Mario Cicala, Antonio Merone, Antonino Di Blasi e Antonio Esposito) che si sono opposti al collocamento a riposo attraverso lo strumento del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Questione su cui si è pronunciata clamorosamente, lo scorso 2 dicembre, la seconda sezione consultiva del Consiglio di Stato: ad avviso della suprema magistratura amministrativa la loro domanda cautelare deve essere accolta e conseguentemente, deve essere sospesa l’efficacia del provvedimento di collocamento a riposo. Il ministro della Giustizia ha chiesto che tutto venga rimesso nel binario giurisdizionale e cioè di fronte al Tar Lazio che finora ha respinto ogni ricorso di questo genere. A tutto questo potrebbe porre fine e per sempre la Consulta. E sono in molti a sperare, tra i forzati della pensione, che sia il governo ad avere la peggio.