Si sono sfilati i guanti con cui s’erano finora trattati, hanno infilato i guantoni – quelli da dilettanti, che sono più imbottiti – e se le sono verbalmente date di santa ragione: un po’ nella sostanza, molto per la scena. Del resto, era inevitabile che andasse così, adesso che l’outsider avvicina nei sondaggi la favorita. La stessa cosa avviene in campo repubblicano: Donald Trump vede in Ted Cruz un pericolo reale e cerca di fermarne sul nascere la crescita.
Fra i repubblicani, però, è partita vera. Fra i democratici, è un simulacro di match: serve ad alzare un po’ la tensione e l’attenzione, fa pure gioco a Hillary. Così, il quarto e ultimo dibattito in diretta tv fra i candidati alla nomination democratica alla Casa Bianca prima delle primarie (dal 1° febbraio, nello Iowa) è stato più aspro dei precedenti: un po’ un gioco ‘a sorpassarsi a sinistra’ su fisco, assistenza sanitaria, controllo delle armi.
La cortesia e il fair play dei precedenti confronti è un po’ evaporata, in questo duello sulla Nbc. E sono emersi la passione di Sanders, che sta raccogliendo gli endorsement ‘liberal’, e il pragmatismo di Hillary. Tutti però sanno che il senatore non riuscirebbe mai a conquistare il centro, mentre l’ex first lady avrà pure i voti dei ‘liberal’, in un confronto con il candidato repubblicano.
Poche ore prima che i candidati salissero sul palco di Charleston, South Carolina, un sondaggio WSJ/Nbs indicava che l’ex first lady Hillary Clinton ha incrementato il suo vantaggio sul senatore del Vermont Bernie Sanders: 59% a 34% a livello nazionale –a dicembre, lo stesso rilevamento dava un margine di 19 punti -, anche se Sanders insidia da vicino Hillary nello Iowa e le è davanti nel New Hampshire (dove si vota il 9 febbraio). La Clinton ha contestato a Sanders di avere ripetutamente votato in Senato seguendo le indicazioni della lobby delle armi, la National Rifle Association, e ha poi accolto con favore la svolta del rivale, che solo sabato s’è detto favorevole ai controlli sulle vendite di armi voluti dal presidente Obama.
Sanders, che viene da uno Stato di cacciatori e di ‘libertari’, ha replicato rigettando come “per nulla oneste” le accuse della Clinton e ricordando che la Nra lo ha sempre bocciato nelle sue pagelle. Dava un brivido il fatto che il dibattito si svolgesse a pochi isolati dalla chiesa metodista, teatro l’estate scorsa di una strage di neri ad opera di un giovane razzista bianco armato fino ai denti. Hillary e Sanders, che si contendono il voto di colore della South Carolina, hanno entrambi citato Martin Luther King.
Sull’assistenza sanitaria, il senatore ha illustrato un piano appena presentato per andare oltre l’Obamacare –la riforma di Obama – e darla a tutti gli americani. La Clinton ha contestato come irrealistico il progetto di Sanders, suggerendo, piuttosto, correttivi alla riforma di Obama. Fronte tasse, il senatore, che si autodefinisce ‘socialista’, vuole aumentarle per finanziare il suo progetto; l’ex first lady s’impegna a non toccarle per chi guadagna meno di 250 mila dollari l’anno.
Sul palco c’era pure l’ex governatore del Maryland Martin O’Malley, un comprimario nei sondaggi, che a un certo punto ha chiesto ai moderatori se poteva avere “30 secondi” per dire la sua. Forte del suo passato, Hillary s’è detta più qualificata di Sanders per assumere la presidenza. E, quando s’è parlato di politica estera, ha sfoggiato la sua competenza di ex segretario di Stato. Lì, Sanders gioca fuori casa e si vede.