“Ca’ Corner della Regina, costruito tra il 1723 e il 1728 da Domenico Rossi per conto della famiglia dei Corner di San Cassiano, è un palazzo veneziano situato nel sestiere di Santa Croce e affacciato sul Canal Grande. Dal 2011 diventa la sede veneziana della Fondazione Prada che ha presentato finora in questi spazi cinque mostre di ricerca, in concomitanza con il restauro conservativo del palazzo che si sta attuando in più fasi”.
La Fondazione Prada sul suo sito non spende molte parole per una questione che si è protratta per anni. Una questione, come troppo spesso accade, nella quale le risorse (ottenute da più che discutibili alienazioni) e gli interessi (del presunto mecenate) hanno giocato un ruolo fondamentale. Fin dagli inizi. Chiare le condizioni poste nell’offerta di acquisto da parte della società Petranera srl, una controllata del gruppo Prada. Utilizzo immediato a destinazione residenziale “degli spazi del sottotetto, del piano terzo e del piano secondo, quali unità autonome e indipendenti dalle restanti porzioni dell’immobile, con la possibilità di accesso indipendente anche mediante utilizzo/completamento delle attuali strutture poste nella parte retrostante dell’immobile (scala e ascensore)” e “utilizzo del piano terra, del piano primo ammezzato, del piano secondo ammezzato e del piano primo nobile a destinazione residenziale”. Chiedersi come Prada potesse avanzare queste proposte per un palazzo dichiarato di interesse culturale dal 2009 è un semplice esercizio retorico. Una domanda pleonastica. La risposta sta, evidentemente, nei 40 milioni offerti a un’amministrazione comunale in affanno a far quadrare i bilanci.
“Sono soldi essenziali per il nostro bilancio”, diceva Giorgio Orsoni, sindaco di Venezia, alla fine di dicembre 2011, con la delibera sulla Variante urbanistica appena approvata dal Consiglio Comunale. Il vincolo sull’immobile posto dagli uffici della Soprintendenza, annullato, almeno in parte, dal direttore regionale Ugo Soragni. Al posto di divieti assoluti una serie di prescrizioni. A partire dal rispetto della compatibilità residenziale e dell’uso pubblico, soprattutto nell’utilizzo del sottotetto, del mezzanino e parzialmente dei piani secondo e terzo dell’edificio. E la possibilità per il pubblico di visitare gli spazi restaurati fino a un massimo di 80 giorni l’anno con un calendario preciso. Deciso e approvato nonostante le diverse criticità denunciate dalla sede veneziana di Italia Nostra (file:///C:/Users/Orange%20Eyes/Downloads/Corner%20Alienazione.pdf). Quel che succede dopo lo si può leggere ancora sul sito della Fondazione.
“Il restauro conservativo di Ca’ Corner della Regina, promosso dalla Fondazione Prada dalla fine del 2010 in linea con le direttive della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e della Laguna, si sta attuando in più fasi. La prima, conclusasi nel maggio 2011, ha previsto interventi di messa in sicurezza delle superfici di pregio artistico e architettonico, il rilievo di tutte le parti impiantistiche incoerenti, la manutenzione dei serramenti lignei, l’eliminazione delle partizioni non originarie e il recupero degli spazi destinati a uffici e servizi. Per quanto riguarda gli apparati decorativi, sono stati messi in sicurezza affreschi, stucchi e materiali lapidei che ornano il portego e le otto sale del primo piano nobile del palazzo. Questi lavori consentono nel giugno 2011 l’apertura al pubblico del piano terra, del primo e secondo mezzanino e del primo piano nobile di Ca’ Corner della Regina”.
Evviva, verrebbe da dire. La lente del pregiudizio ha viziato la lettura iniziale. Venezia acquista uno spazio per l’arte internazionale. Ed è così. Ma accanto alle sale attraversate dai visitatori, ci devono essere anche parti “riservate”. Insomma appartamenti. E’ stabilito nel contratto. Per questo rimangono a lungo in sospeso 8 dei 40 milioni di euro. Miuccia Prada deve avere certezza di poter riposare nel palazzo che dal 1975 al 2010 è stato sede dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee. La Direzione Generale dei Beni Culturali si oppone alla destinazione residenziale ritenendola incompatibile con le caratteristiche storiche del Palazzo e con il mantenimento di un suo uso pubblico. E’ così fino a ottobre 2015.
Poi cosa succede? Al Ministero ci si accorge che il pregio del palazzo non è in fondo così grande? Certo che no! Semplicemente cambia il Direttore generale per i Beni culturali del Veneto. Al posto di Ugo Soragni ecco Renata Codello. Et voilà! L’architetto, prima di beneficiare del trasferimento a Roma, alla Soprintendenza alle Belle Arti e al Paesaggio della Capitale, autorizza la destinazione residenziale. Riconfermata con l’autorizzazione definitiva del Ministero dei Beni Culturali a fine novembre. Così il Comune rilascia alla Petranera srl il permesso di costruire. Il secondo piano nobile resterà ad uso museale fino alla fine del dicembre 2019. Dopo diventerà ad uso residenziale. Il terzo piano, accanto alla destinazione museale, avrà quella residenziale, mentre nella mansarda verrà ricavato un appartamento. In aggiunta, l’attuale ascensore che serve i frequentatori delle esposizioni verrà sostituito da uno nuovo, interno, a servizio esclusivamente dell’appartamento.
A Venezia fra sottrazioni e aggiunte si sta perdendo il filo. Quello della Storia, certo. Ma anche quello del Diritto. Delle regole, sovvertite. Della democrazia calpestata. A Ca’ Corner, dove si sperimenta da anni l’alienazione del patrimonio pubblico, il nuovo modello-Italia sembra giunto al suo epilogo. Finalmente, svelandosi in maniera completa. Dopo alcuni tentativi falliti. Lo Stato è un moribondo da sostituire e non da affiancare. Quindi spazio ai nuovi mecenati. Poco importa se esigono un appartamento nel palazzo restaurato. I nuovi Signori sono loro.